Hanno tentato di truccare il concorso in magistratura. Ma un sms inviato alla persona sbagliata li ha fatti scoprire. E se non fosse stato per il reato di abuso d’ufficio, la procura di Roma non sarebbe potuta intervenire. Una vicenda che risale ad alcune settimane fa ma che è stata resa nota oggi dal capo dell’ufficio inquirente capitolino nel corso di un convegno alla Corte dei Conti. “Stavano truccando il concorso in magistratura ordinaria, rendendo riconoscibile con segni identificazione il tema in una delle tre discipline, informando uno dei commissari del concorso del segno identificativo dello scritto”, ha raccontato Francesco Lo Voi, specificando che i fatti non sono più coperti da segreto investigativo.
Nell’indagine avviata a pizzale Clodio sono state iscritte nel registro due persone: un professore universitario nella qualità di commissario e uno dei candidati. Per i due è scattato il giudizio immediato da parte dei pm della Capitale che consente di portare il procedimento davanti al tribunale saltando l’udienza preliminare. “Per un errore – ha spiegato Lo Voi – il messaggio con il segno identificativo è stato trasmesso sul telefono di un altro commissario”. Uno sbaglio nel numero di telefono, dunque, ha tradito l’aspirante magistrato. Il commissario che ha ricevuto quell’sms si è insospettito e ha subito capito che intorno a quella prova scritta stava accadendo qualcosa di strano, di illecito.
“Il commissario di esame ha denunciato quanto avvenuto – ha proseguito il capo dei pm capitolini – noi abbiamo aperto un procedimento penale e nel giro di pochi giorni abbiamo identificato i protagonisti. Abbiamo cercato i profili penali e se non avessimo avuto il 323, un fatto come questo, che a me pare piuttosto grave, non avremmo potuto fare assolutamente niente”. L’articolo citato da Lo Voi è quello che punisce l’abuso d’ufficio, cioè il reato che più volte il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha annunciato di voler modificare. Più volte il guardasigilli ha annunciato l’intenzione di voler mettere mano a quella fattispecie che produce una sorta di “paura della firma” negli amministratori pubblici, bloccando di fatto iter burocratici. “Sono proprio gli amministratori ad averlo chiesto per primi”, diceva il ministro già subito dopo l’insediamento.
Il convegno alla Corte dei Conti che ha visto la partecipazione di Lo Voi s’intitola proprio “La paura della firma“. Ecco perché il procuratore di Roma si è concentrato sui dati relativi al reato di abuso d’ufficio dal 2019 a oggi: 29 casi nel 2019, 16 casi nel 2020, 9 casi nel 2021 e 10 casi nel 2022. “Com’è che la paura della firma viene sempre dopo e mai prima? Non viene quando qualcuno si candida, quando cerca appoggi per avere un incarico pubblico. La paura può colpire tutti ma è necessaria cautela e scrupolo”, ha commentato il magistrato. Che evidentemente è in disaccordo con le posizioni del ministro della giustizia.