Un viaggio premio per quattro squadre, tra hotel di lusso, ricchi bonus e qualche partita da giocare per onor di firma. La Supercoppa italiana diventa una baracconata saudita: aver consegnato negli ultimi anni il trofeo agli arabi tra mille polemiche non è bastato al nostro calcio. La Serie A ha appena deciso di ridarglielo, addirittura per i prossimi quattro anni, nel nuovo maxi-formato a quattro squadre: non più solo la vincitrice del campionato e quella della Coppa Italia, come da tradizione, ma anche la finalista e la seconda in classifica. Si dice che sbagliare è umano, perseverare diabolico. Ma per quasi 100 milioni di euro totali il calcio italiano si dimentica volentieri i propri errori, ed ogni remora di tipo etico. Giusto pochi mesi fa il mondo del pallone si era indignato, in ritardo e a corrente alternata, per i Mondiali in Qatar, i lavoratori morti nei cantieri, i diritti violati delle donne e della comunità Lgbt. Acqua passata. Come del resto le polemiche per lo sportwashing di Mohammad bin Salman, gli affari col governo responsabile dell’omicidio Kashoggi, le partite per gli sceicchi con le donne discriminate in tribuna. Nel 2019 era diventato un autentico caso nazionale, con la politica in rivolta, in prima fila Giorgia Meloni e Matteo Salvini e la Lega Calcio a recitare una specie di mea culpa: “Si tratta di un contratto vecchio, oggi non lo rifaremmo”. Invece di contratto ne ha firmato un altro, ancora più ricco e vincolante.
L’assemblea dei presidenti ha approvato infatti quella che rappresenta una vera e propria rivoluzione per la manifestazione, che da due passa a quattro squadre: le finaliste della Coppa Italia e prima e seconda del campionato si ritroveranno per i prossimi quattro anni a Ryiad per giocarsi la Supercoppa. Se dovessero coincidere, si scalerà in classifica, pescando la terza ed eventualmente la quarta. Una final-four, con incontri secchi spalmati su più giorni, semifinali e finale. La Supercoppa, che già era un trofeo minore, buono per riempire le bacheche e poco più, diventa una competizione posticcia. Inaccessibile ai tifosi italiani, a cui non scalderà il cuore, ingombrante per un calendario intasato, visto che per fare spazio al nuovo format non basterà piazzare anticipare il turno alle due partecipanti ma bisognerà stravolgere un’intera giornata di campionato. Però sarà decisamente un bel prodotto da esportare all’estero: il nuovo format garantirà di avere quasi sempre Juve, Milan e Inter presenti, e quindi dei big match da vendere. A peso d’oro: ogni anno oltre 5 milioni a testa per le partecipanti, qualcosa più per la vincitrice, qualcosa meno per le semifinaliste. Spiccioli per la Serie A nel suo complesso, un bel gruzzoletto per le big alla canna del gas. Con buona pace dei diritti. Le alternative, del resto, erano Abu Dhabi o l’Ungheria di Viktor Orban. Il povero calcio italiano è semplicemente in vendita, al miglior offerente.