C’è anche Michele Mazzarano tra i nomi 175 i nomi della Direzione nazionale del Pd proposta dalla neo segretaria Elly Schlein e approvata domenica dall’assemblea dem. Il consigliere regionale pugliese è stato condannato a 9 mesi di reclusione, sia in primo che in secondo grado, per “corruzione elettorale”. Una storia, che ora pende dinanzi alla Corte di Cassazione, portata a galla a marzo 2018 da Striscia la notizia a cui furono consegnati gli audio di alcune registrazioni fatte da un imprenditore tarantino, Emilio Pastore, che aveva offerto a Mazzarano un locale da utilizzare per il comitato per la campagna elettorale per le regionali 2015 e voti per avere in cambio di due posti di lavoro per entrambi i figli.
In quegli audio Mazzarano cercava di calmare l’uomo che, avendo ricevuto un solo posto di lavoro per un figlio, pretendeva la somma di 16mila per l’affitto del locale in cui era stato costituito il comitato: “Ti posso dire – affermava in quei dialoghi Mazzarano – che, come ho fatto per tuo figlio, devo impegnarmi per l’altro figlio. Punto. Quando quello mi dirà che potrà fare qualche assunzione, il nome di tuo figlio io lo darò”. Davanti alle telecamere del tg satirico di Antonio Ricci, Mazzarano, che all’epoca era assessore regionale allo Sviluppo Economico della prima giunta guidata da Michele Emiliano, provò a difendersi spiegando che quella frase era stata “estrapolata da un discorso molto più ampio” e ne stravolgeva il senso.
Qualche giorno dopo la messa in onda del servizio, tuttavia, lasciò le deleghe assessorili nelle mani del governatore e la vicenda finì sul tavolo del procuratore aggiunto di Taranto Maurizio Carbone che accusò sia lui che Pastore: “Quale candidato alle elezioni amministrative regionali svoltesi nel 2015, prometteva – si legge nell’atto di accusa – a Pastore Emilio l’assunzione dei due propri figli” presso una ditta privata e in cambio otteneva l’impegno di Pastore “a dargli il proprio voto e quello dei suoi familiari nonché di procuragli il voto di altri elettori anche attraverso l’utilizzo a titolo gratuito di un locale che lo stesso Pastore allestiva come comitato elettorale del Mazzarano”.
A giugno 2022 la corte d’appello di Taranto ha confermato la condanna a 9 mesi inflitta in primo grado e ora, quella condanna pone la sua nomina nella Direzione nazionale in apparente contrasto con il codice Etico del Pd. Il regolamento del partito prevede infatti all’articolo 5 che “le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione anche di carattere interno al partito, coloro nei cui confronti (…) sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva ovvero a seguito di patteggiamento, per delitti di corruzione nelle diverse forme previste e di concussione”.
A ilfattoquotidiano.it Mazzarano ha spiegato di aver valutato la vicenda con i legali che lo hanno rassicurato sostenendo che sarebbero fattispecie che non riguardano la sua posizione la “denominazione del reato come ‘corruzione elettorale’ non esiste nel DPR 1960” e “il termine corruzione elettorale è di natura giornalistica”. Mazzarano ha aggiunto di aver chiesto lumi anche in merito alla formula “corruzione nelle diverse forme previste”, ma il suo legale avrebbe chiarito che “far rientrare il fatto di cui all’art. 86 nelle varie forme di corruzione non è corretto” anche perché “l’art. 5 del codice etico accosta la corruzione nelle varie forme alla concussione, e quindi fa evidente riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione” e soprattutto “il codice etico di un partito non fa espresso riferimento a reati elettorali”.
Quest’ultima in particolare secondo la sua difesa sarebbe non un errore ma una scelta chiara visto che “il più allarmante 416 ter cp (lo scambio di voto politico-mafioso, ndr)” sia previsto espressamente come causa di incandidabilità. Del resto lo stesso partito lo ha ricandidato alle elezioni regionali del 2020, quando già era nota la vicenda, e al termine delle quali Mazzarano è stato rieletto come rappresentante dem della provincia ionica. La palla ora passa quindi nuovamente nelle mani di Schlein, di cui Mazzarano è stato sostenitore nelle primarie. Una prima piccola bega interna per la nuova segretaria.