L’atteggiamento di José Mourinho è “da stigmatizzare“, scrivono i giudici, “non soltanto con riferimento a quanto avvenuto sul terreno di gioco, ma anche e soprattutto in merito al comportamento da questi tenuto al termine dell’incontro, ben quarantacinque minuti dopo l’espulsione”. Così la corte sportiva d’appello spiega perché lo stesso collegio ha rigettato il ricorso della Roma per le due giornate di squalifica inflitte al tecnico giallorosso dopo l’espulsione di Cremona. Nelle motivazioni della sanzione si legge che non c’è “alcun margine neanche per ridurre la sanzione irrogata”. La ragione è la seguente: “Le dichiarazioni rese dall’allenatore della Roma, non avendo trovato in questa sede adeguato riscontro, non possono che essere recessive rispetto agli elementi di prova fin qui raccolti”. In altre parole: non è possibile al momento dimostrare se il quarto uomo Marco Serra abbia effettivamente provocato Mourinho – e deciderlo spetta alla Procura Figc che sta indagando sul caso – ma resta invece certa e provata, secondo i giudici, la reazione scomposta del tecnico giallorosso che è iniziata in campo ma è proseguita anche negli spogliatoi.

Per questo motivo la Corte, che in un primo momento aveva deciso di sospendere la squalifica di Mourinho – permettendogli così di andare in panchina contro la Juventus – ha deciso di confermare la squalifica per l’allenatore. Mou ha già saltato la gara con il Sassuolo e non sarà in panchina nel derby contro la Lazio. Ecco le motivazioni dei giudici: “Questa Corte, esaminati gli atti, valutate le motivazioni, ritiene che il reclamo non meriti accoglimento per i motivi che seguono. Vale, anzitutto, premettere che, all’esito della prima udienza di trattazione del 4 marzo 2023, il Collegio ha ritenuto che il ricorso non fosse maturo per la decisione in ragione della ravvisata necessità di approfondire profili della vicenda in esame non sufficientemente esplorati. E, invero, il materiale probatorio all’epoca nella disponibilità di questa Corte era rappresentato esclusivamente dai referti degli ufficiali di gara, i cui contenuti descrittivi necessitavano, peraltro, di opportuni chiarimenti onde circostanziare le dinamiche delle vicende ivi riportate, vieppiù alla luce delle contestazioni mosse dalle parti reclamanti”.

“La Corte ha inteso interrogare l’arbitro, gli assistenti e il IV ufficiale sia in merito a quanto accaduto sul terreno di gioco, sia in riferimento agli eventi del post partita, quando il sig. Mourinho si è recato negli spogliatoi degli ufficiali di gara. Orbene, questi ultimi hanno confermato in maniera decisa e circostanziata tutti gli avvenimenti indicati nel referto. In particolare, il direttore di gara e il IV ufficiale hanno ribadito, entrambi con assoluta fermezza, come dichiarato anche alla Procura federale, che il provvedimento di espulsione è stato deciso esclusivamente dal sig. Piccinini, arbitro appunto dell’incontro, per il comportamento provocatorio serbato e reiterato dal sig. Mourinho nei confronti del IV ufficiale. Segnatamente, il sig. Piccinini, nel descrivere i fatti caduti sotto la sua diretta percezione, ha, sul punto, meglio circostanziato la descrizione compendiata nell’originario referto, a tali fini evidenziando come il sig. Mourinho, allontanatosi dall’area tecnica, avesse oltremodo indugiato nella sua insistita azione di protesta, giungendo quasi a contatto con il IV ufficiale di gara e puntandogli il dito contro“, prosegue la Corte.

“Il sig. Serra, dal canto suo, nel confermare la suddetta dinamica, ha ribadito categoricamente, a più riprese, di non aver pronunciato alcuna frase provocatoria o offensiva all’indirizzo dell’allenatore della Roma. Tutta la quaterna arbitrale ha poi ulteriormente confermato, all’unisono, quanto redatto nel referto di gara in merito al comportamento gravemente irriguardoso tenuto dal sig. Mourinho negli spogliatoi. Sotto diverso profilo, nemmeno può essere sottaciuto che, in disparte quanto già sopra evidenziato sui limiti normativi all’utilizzo delle prove video, gli elementi trasmessi dalla Procura Federale non riflettono univoca e concludente valenza dimostrativa quanto alle (ad oggi) presunte espressioni offensive pronunciate dal IV ufficiale all’indirizzo del sig. Mourinho. Le dichiarazioni rese dall’allenatore della Roma, pertanto, non avendo trovato in questa sede adeguato riscontro, non possono che essere recessive rispetto agli elementi di prova fin qui raccolti nel rispetto del disposto di cui al primo comma dell’articolo 61 comma 1 del Codice di giustizia sportiva”.

“Sì che, in definitiva, sia in ragione di quanto dichiarato con risolutezza dagli ufficiali di gara nel giudizio che occupa, sia in virtù degli elementi a disposizione dell’istruttoria svolta dalla Procura federale, che non offre evidenze certe per ribaltare -segnatamente rispetto alla valutazione della condotta tenuta del sig. Mourinho- la decisione del giudice di prime cure, non può in alcun modo revocarsi in dubbio che l’atteggiamento dell’allenatore della compagine capitolina, per quanto di competenza di questa Corte, sia da stigmatizzare, non soltanto con riferimento a quanto avvenuto sul terreno di gioco, ma anche e soprattutto in merito al comportamento da questi tenuto al termine dell’incontro, ben quarantacinque minuti dopo l’espulsione, argomenti questi che non lasciano alcun margine neanche per ridurre la sanzione irrogata, posta, altresì, la recidiva del reclamante (art. 18 C.G.S.)”, spiega la Corte. Che quindi conferma “la sanzione della squalifica per 2 giornate effettive di gara con ammenda di euro 10.000,00“.

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