di Stefano Briganti

Sarà solo guerra, ovvero la “battaglia tra democrazia e autarchia” (Biden al Congresso, marzo 2022). Il “savio” gruppo alleato ha deciso, senza appello, che deve essere la Russia a far finire questa guerra poiché lei l’ha iniziata. Fintanto che non deciderà di farlo, resteranno le bombe a parlare e tutti ormai concordano che il conflitto durerà anni.

Il pericolo di questa decisione sta nel fatto che il “saggio/democratico” Biden ha lasciato in mano al “pazzo/autarca” Putin la scelta di come finire la guerra. Più passa il tempo più si riducono le possibilità che Putin faccia terminare la guerra con una sua resa senza condizioni come gli “alleati” vorrebbero che facesse. Ora siamo al punto in cui Putin ha dichiarato che una sconfitta russa porterebbe alla fine dell’esistenza della Federazione Russa stessa.

Biden e Stoltenberg dicono che questo non è vero, perché “non siamo in guerra con la Russia” ma forniscono solo armi “di natura difensiva” a Kiev e chiedono “solo” il ritiro incondizionato dell’esercito russo. Ma chiunque può capire che una fine così significherebbe la fine della Russia la quale, piuttosto che capitolare in questo modo, userà ogni mezzo a sua disposizione.

Mentre si attende la decisione di Putin su come far terminare il conflitto, il “saggio” Biden continua a tessere la tela per la “difesa dell’interesse nazionale americano” sul sangue degli ucraini e dei soldati russi. Questa tela, che è quello che primariamente interessa a Washington, è quasi completa.

Obiettivo che si può dire sicuramente raggiunto è quello di aver staccato politicamente, economicamente e socialmente l’Unione Europea dalla Russia. Come conseguenza di questo profondo distacco, gli Usa hanno aumentato la loro presa sul vecchio continente. La Ue si è fatta vanto di aver ridotto in dieci mesi il gas russo dal 40% al 7%. Forniture ora sostituite in buona parte dal Gnl Usa (140 miliardi di mc, +60% nel 2022).

A dicembre il Gnl è stato pagato il 50% in più di quello russo e, per poterlo avere ad un prezzo paragonabile, Washington chiede accordi vincolanti pluriennali che consentiranno agli Usa di investire in nuovi impianti di estrazione e liquefazione per aumentare il suo share di mercato. Oltre Atlantico, grazie all’enorme budget allocato all’ “Inflation Reduction Act”, le aziende Ue (automotive in testa) che hanno lasciato la Russia per via delle sanzioni o quelle messe in ginocchio dalla crisi energetica che vorranno delocalizzare negli Usa riceveranno incentivi importanti. Crescerà l’industria a stelle e strisce a discapito di quella Ue che dovrà importare dagli Usa, aumentando la dipendenza che però sarà benedetta come “sana”.

Una robusta russofobia è stata sviluppata in Europa grazie ad una martellante campagna mediatica di propaganda sulla guerra che si basa sulle “fonti ufficiali” della stampa ucraina (legittimamente di propaganda) o dei cosiddetti 007 occidentali. Come conseguenza gli Usa e la Nato hanno guadagnato una fede atlantista assoluta e indiscutibile da tutta l’Europa.

E infine gli enormi profitti dell’industria bellica Usa (basti guardare l’impennata dei titoli azionari dei primi cinque produttori di armi al mondo che sono americani) e dell’industria petrolifera statunitense che ha visto raddoppiate le esportazioni in Europa.

Gli obiettivi di “interesse nazionale” di Biden da raggiungere con il conflitto russo-ucraino, ovvero maggiore ricchezza e più potere geopolitico Usa, sono stati centrati. La sua strategia è stata vincente. L’Europa? “Interessi nazionali”? Non pervenuti. Per Washington la guerra è importante che sia lunga per capitalizzare sulla vittoria. La fine del conflitto, qualunque essa sia, non influenzerà quanto raggiunto.

Chiuso il capitolo guerra, per Washington se ne aprirà un altro altrettanto lucroso: la ricostruzione dell’Ucraina. Disse Zelensky al Congresso Usa a dicembre: “…le spese per armi e aiuti che state sostenendo per noi non sono spese, ma un investimento”.

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