La richiesta del ministero dell’Interno al comune di Milano di non registrare all’anagrafe figli di coppie omogenitoriali si basa su una sentenza della Cassazione, sezioni Unite, del 30 dicembre scorso. Il verdetto stabilisce che soltanto il padre biologico, quello che ha donato il seme in una maternità surrogata, può essere registrato all’anagrafe come genitore. Ma non si tratta di una sentenza “contro” le coppie omogenitoriali, ma in generale contro il ricorso alla maternità surrogata. La Suprema corte con un verdetto molto complesso ha annullato la decisione con cui nel 2018 i giudici della Corte d’appello di Venezia avevano imposto al sindaco di Verona di riconoscere i due padri di un bambino nato in Canada nel 2015 grazie alla donazione di ovuli. Un annullamento in cui però indicavano anche una strada con la citazione di una importante sentenza della Corte costituzionale (33/2021) ovvero l’adozione. Quindi in base a questa decisione l’altro componente della coppia può intraprendere questo percorso in attesa che la politica agisca cosa che finora come gli stessi supremi giudici sottolineano non è successa. “La Corte chiama in causa il legislatore perché la decisione sulla direzione di marcia, in un terreno denso di implicazioni etiche, antropologiche, sociali, prima ancora che giuridiche, non può essere devoluta alla giurisprudenza. Per le riforme, occorre la discussione in sede politica, affidando al confronto democratico, e per esso all’intera comunità, scelte di così rilevante significato. Il legislatore è rimasto finora inerte. Il monito giace inascoltato – sottolineano i giudici della Cassazione – Nell’attesa dell’intervento, sempre possibile ed auspicabile, del legislatore, il giudice, trovandosi a dover decidere una questione relativa allo status del figlio di una coppia omoaffettiva, non può lasciare i diritti del bambino indefinitamente sospesi, ma deve ricercare nel complessivo sistema normativo l’interpretazione idonea ad assicurare, nel caso concreto, la protezione dei beni costituzionali implicati, tenendo conto delle indicazioni ricavabili dalla citata sentenza della Corte costituzionale” ovvero l’adozione.
IL SINDACO DI MILANO: “ADOZIONE STRADA FARRAGINOSA”- Ed è una legge che il sindaco di Milano, Beppe Sala, chiede per i genitori omogenitoriali, anche la questione generale non riguarda solo questi: “Dovrebbe essere il legislatore a consentire con legge come avviene in altri Paesi anche europei, ad esempio in Spagna e Danimarca, la registrazione del figlio di coppia dello stesso sesso a prescindere dal più oneroso e ad oggi davvero travagliato procedimento dell’adozione in casi particolari – La strada indicata dalla Cassazione per assicurare i diritti del bambino, ossia l’adozione in casi particolari appare oggi in Italia ormai assai complessa e farraginosa. Dovrà dunque essere resa molto più rapida ed efficace per poter dare una risposta ai numerosi problemi giuridici che tornano ad essere irrisolti – ha aggiunto – e soprattutto per garantire, come chiede anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, pieni diritti al bambino oltre che alla famiglia che lo ha voluto e in cui vive”. “Da oggi, ancora più di prima, mi faccio carico di portare avanti politicamente questa battaglia e di seguire con la massima attenzione ogni sviluppo, normativo e giudiziario di questa complessa vicenda ha detto il primo cittadino a Buongiorno Milano – Pronto a cogliere ogni opportunità concreta affinché continui il cammino di riconoscimento dei diritti di tutte e tutti e affinché Milano ne sia sempre protagonista”.
Dopo la Cassazione è arrivata una circolare del ministero dell’Interno che ha richiamato i prefetti ad assicurare questo indirizzo, con una comunicazione ai sindaci. Anche la Procura in febbraio ha precisato che non è consentita in Italia la registrazione nell’atto di nascita del minore della madre intenzionale ma solo di quella biologica. Ha invece ritenuto finora ammissibile la sola trascrizione di bimbi nati all’estero da due madri. “Nostro malgrado, pertanto, ad oggi non possono più essere registrati figli di due uomini divenuti genitori facendo ricorso alla gestazione per altri praticata all’estero, né i figli di due donne che hanno fatto la procreazione medicalmente assistita all’estero ma con parto avvenuto in Italia – ha concluso Sala -. In questi casi, infatti, secondo la Corte di Cassazione, la tutela del minore può essere garantita esclusivamente attraverso l’adozione, per di più in casi particolari”.
LA MATERNITA SURROGATA VIETATA IN ITALIA – I giudici motivano la sentenza ricordando che “l’ordinamento italiano non consente il ricorso ad operazioni di maternità surrogata” perché si tratta di “una pratica vietata in assoluto” nel nostro paese. “La regolamentazione permissiva presente in alcuni Paesi stranieri favorisce, appunto, il turismo procreativo di cittadini italiani che si recano all’estero al fine di ottenere, nel rispetto della lex loci, ciò che in Italia è vietato. Coppie con problemi di sterilità femminile o coppie omosessuali che intendono accedere alla filiazione vanno all’estero per realizzare là dove è consentito il progetto procreativo proibito nel nostro Paese”. E una volta nati all’estero i bambini dopo essere stati riconosciuti nel paese di nascita devono essere iscritti all’anagrafe della residenza dei genitori: “Ogni qualvolta la surrogazione di maternità è praticata all’estero, la questione dello status del nato da maternità surrogata – sottolineano i giudici – fuoriesce dal perimetro dell’ordinamento interno e si traduce nel problema del riconoscimento in Italia della genitorialità acquisita al di fuori dei confini nazionali. Si pone il problema del riconoscimento dello status genitoriale ottenuto all’estero in virtù di norme più liberali di quelle italiane in materia di procreazione medicalmente assistita”.
L’ESIGENZA DI TUTELARE LA DIGNITA’ DELLE DONNE – La questione, come sottolinea, la stessa Cassazione è delicatissima perché ci sono questioni anche di carattere etico e non solo: ovvero l’esigenza di tutelare la dignità delle donne ma di garantire ai bambini nati da madri surrogate i rapporti effettivi e anche il riconoscimento giuridico. “Nella gestazione per altri non ci sono soltanto i desideri di genitorialità, le aspirazioni e i progetti della coppia committente. Ci sono persone concrete. Ci sono donne usate come strumento per funzioni riproduttive, con i loro diritti inalienabili annullati o sospesi dentro procedure contrattuali. Ci sono bambini – si legge nella sentenza – esposti a una pratica che determina incertezze sul loro status e, quindi, sulla loro identità nella società. L’esigenza di salvaguardare i valori ispiratori dell’ordinamento italiano si traduce in una finalità general-preventiva: scoraggiare i cittadini dal ricorso all’estero ad un metodo di procreazione che l’Italia vieta nel suo territorio, perché ritenuto lesivo di valori primari”.
E QUELLA DI TUTELARE LO STATUS DEL BAMBINO – C’è poi l’altra faccia della medaglia: “Dall’altro lato, si profila, una volta che il bambino è nato, l’esigenza di proteggere il diritto fondamentale del minore alla continuità del rapporto affettivo con entrambi i soggetti che hanno condiviso la decisione di farlo venire al mondo, senza che vi osti la modalità procreativa. Il bambino avrebbe certamente il diritto di essere allevato dalla madre che lo ha partorito; ma è constatazione diffusa che la donna che porta una gravidanza solo per adempiere un obbligo contrattuale assunto verso i committenti spesso non ha alcuna reale intenzione di svolgere la funzione materna. Potrebbe sempre cambiare idea, e proprio per disincentivare ciò è prassi comune che l’embrione sia formato con l’ovocita di un’altra donna. Ma se non ci ripensa, non è nell’interesse del nato far valere nei confronti della madre gestante il suddetto diritto per ottenerne una qualche esecuzione specifica. Questo spiega perché l’interesse del minore che vive e cresce in una determinata comunità di affetti con entrambi i committenti può essere quello del riconoscimento non solo sociale ma anche giuridico di tale legame. Allorché il progetto procreativo sia seguito dalla concretezza ed attualità dell’accudimento del minore e sia caratterizzato dall’esercizio in via di fatto della responsabilità genitoriale attraverso la cura costante del bambino, la mancata attribuzione di una veste giuridica a tale rapporto non si limiterebbe alla condizione del genitore d’intenzione, che ha scelto un metodo di procreazione che l’ordinamento italiano disapprova, ma finirebbe con il pregiudicare il bambino stesso, il cui diritto al rispetto della vita privata si troverebbe significativamente leso” creando anche uno “stigma”. Per questo secondo i giudici bisogna bilanciare i diritti: “Il nato non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro. Non c’è spazio per piegare la tutela del bambino alla finalità dissuasiva di una pratica penalmente sanzionata. Il disvalore della pratica di procreazione seguita all’estero non può ripercuotersi sul destino del nato. Occorre separare la fattispecie illecita (il ricorso alla maternità surrogata) dagli effetti che possono derivarne sul rapporto di filiazione e in particolare su chi ne sia stato in qualche modo vittima”.
L’INTERESSE DEL MINORE NON PUO’ ESSERE TIRANNO RISPETTO AGLI ALTRI – Ma non ci sono solo questi aspetti. “L’interesse del minore non può certo rappresentare un diritto tiranno rispetto alle altre situazioni soggettive costituzionalmente riconosciute o protette, che costituiscono nel loro insieme espressione della dignità della persona”. La società è mutata e c” stato un passaggio da una famiglia “isola” ad un “arcipelago” di famiglie. E così “alla famiglia, rispettosa dell’immagine offerta dalla Costituzione, ‘fondata’ sul matrimonio, si sono aggiunte altre famiglie. E la filiazione è divenuta il collante di diverse comunioni di affetti. All’unità dello stato di figlio corrisponde la pluralità dei modelli familiari: lo stato di figlio è unico, mentre sono ormai numerosi i modelli normativi o sociali dei rapporti di coppia”. L’adozione, al momento, è la strada. “Attraverso l’adozione in casi particolari, l’ordinamento italiano assicura tutela all’interesse del minore al riconoscimento giuridico, ex post e in esito a una verifica in concreto da parte del giudice, del suo rapporto con il genitore d’intenzione. Non si manifesta, in tal modo, alcuna insidiosa vicinanza alla logica del fatto compiuto, ma si guarda alla condizione materiale del minore e al suo interesse affinché l’accudimento prestato da colui che ha condiviso in concreto il progetto procreativo assuma, con la costituzione dello status, la doverosità tipica della responsabilità genitoriale”.