Spatuzza in libertà condizionale? Sinceramente la cosa non mi tange, non mi emoziona, non mi fa nessun effetto, perché ritengo che la legge ha fatto il suo corso. Lo incontrai tempo fa in carcere e mi sono convinto che questo signore si sia effettivamente pentito. Ma il capitolo del mio rapporto con Spatuzza è finito, non mi interesserebbe più incontrarlo“. Sono le parole pronunciate a Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24), da Franco Puglisi, il fratello di Padre Pino, il sacerdote di Palermo ammazzato il 15 settembre 1993 sotto casa con un colpo alla nuca. Uno dei killer del parroco del quartiere Brancaccio, storico feudo dei Graviano, era Gaspare Spatuzza, tornato recentemente in libertà condizionale dopo 26 anni trascorsi in carcere e agli arresti domiciliari.

Franco Puglisi racconta la genesi dell’incontro che ebbe con l’assassino di suo fratello: “Fece da intermediario il cappellano del carcere dove era recluso. Portò a me e ai miei familiari una lettera scritta da Spatuzza, una lettera nella quale sosteneva di essersi pentito e chiedeva il nostro perdono. In quello scritto si vedeva quello che aveva maturato dentro di sé dopo di 10 anni di carcere al 41 bis. Aveva approfondito le sue conoscenze del Vangelo e della Bibbia. Come ho affrontato quel passaggio? – continua – Erano passati parecchi anni. La fede ci dice che dobbiamo perdonare, però è una cosa che è molto difficile e che va maturata nel tempo. Io non mi sono convinto subito, ci ho riflettuto parecchi mesi. E quando mi sono sentito pronto, l’ho incontrato più per curiosità che per altro. Però forse il mio animo era già predisposto ai sentimenti di perdono, altrimenti non ci sarei andato”.

E aggiunge: “Al nostro incontro Spatuzza non sembrava l’uomo che si vedeva in tv quando lo hanno arrestato: non era così altero, né aveva l’atteggiamento da mafioso. Era piuttosto umile, faceva citazioni della Bibbia e del Vangelo, si vedeva anche che era molto emozionato. Addirittura a un certo punto è arrivato alle lacrime – spiega – Lì mi sono convinto che questo signore si era effettivamente pentito. Il fatto che sia stato collaboratore di giustizia non c’entra niente col suo pentimento, anche se erroneamente i collaboratori di giustizia vengono chiamati pentiti. Per me non sono dei pentiti, ma dei collaboratori che lo fanno semplicemente per interesse personale”.

Franco Puglisi poi ricorda gli ultimi attimi di vita del fratello: “Quando il commando gli fece la finta rapina per poi ammazzarlo, lui sorrise ai suoi carnefici e disse “Me lo aspettavo”. Furono a dirlo gli stessi killer, compreso Spatuzza, al momento del dibattimento col giudice. Mio fratello fu ucciso perché toglieva manovalanza alla mafia locale: nel quartiere Brancaccio, infatti, cercava di rimettere nella giusta via i giovani del rione – conclude – Ora è rimasto tanto di ciò che ha fatto mio fratello, non è morto invano, a cominciare dal Centro Padre Nostro da lui fondato. Il centro di accoglienza coi suoi volontari porta avanti il lavoro di Padre Puglisi dentro e fuori il quartiere Brancaccio, coi fatti e con cose tangibili, non certo con le chiacchiere”.

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