Alle origini dell’utilizzo industriale dei Pfas e del maxi-inquinamento causato dalla Miteni di Trissino, che interessa 3 province del Veneto e almeno 350 mila persone. Il luogo è costituito dalle scuderie di Villa Marzotto, che si trovano a qualche chilometro di distanza dalla fabbrica poi diventata tristemente famosa per l’utilizzo delle sostanze perfluoroalchiliche, che quando entrano nell’organismo (attraverso l’acqua) non vengono più smaltite. Era lì che i Marzotto insediarono la società Rimar, acronimo che sta per Ricerche Marzotto, ed è lì che negli anni Sessanta cominciarono le sperimentazioni per realizzare il primo tessuto antimacchia, grazie alle proprietà idrorepellenti dei Pfas. Poi la Rimar fu trasferita, diventando nel 1988 Miteni, dopo l’acquisto da parte di EniChem e Mitsubishi. Adesso la Provincia di Vicenza ha ordinato le bonifiche dell’area, intervento di cui si stanno facendo carico, per il momento, solo le tre figlie del conte Giannino Marzotto. Alla Manifattura Lane Gaetano Marzotto & Figli Spa, che fa capo al gruppo Marzotto presieduto da Antonio Favrin, è pervenuta una diffida da parte della Provincia che intima alla società di intervenire nella bonifica. La Marzotto si è opposta, ricorrendo al Tar del Veneto, ma ha perso il ricorso. E così dovrà contribuire al pagamento della bonifica, visto che due anni fa l’industria era stata ritenuta responsabile dell’inquinamento causato dalla Rimar, attiva in quel luogo dal 1963 al 1967. I giudici hanno applicato il principio, che entra in gioco nel caso di danni ambientali, secondo cui chi inquina deve pagare.
Nel ricorso al Tar (che riguarda solo le pertinenze di Villa Marzotto e non il più grande inquinamento causato da Miteni) erano stati citati la Provincia di Vicenza, la Regione Veneto, il Comune di Trissino, la società a responsabilità limitata Koris Italia (dei familiari del conte Giannino scomparso una decina di anni fa), Arpav e il ministero della Transizione ecologica. Giannino Marzotto, che deteneva il 50 per cento della Rimar, era l’amministratore delegato, mentre l’altra metà era di una società controllata di Manifattura Marzotto, che è entrata nel quadro delle responsabilità per la bonifica assieme alle tre figlie di Giannino, che hanno ereditato la villa di Trissino e le scuderie, a loro volta responsabili in quanto proprietarie non responsabili dell’area.
Nel ricorso al Tar, la società Manifattura ha cercato di dimostrare che Rimar fu una creatura imprenditoriale personale di Giannino Marzotto, mentre il coinvolgimento societario era solo a livello finanziario. Il Tar ha invece stabilito: “Deve ritenersi legittima la valutazione operata dalla Provincia nell’aver ravvisato in capo alla società ‘madre’ una corresponsabilità nell’attività economica posta all’origine dell’inquinamento, avendone partecipato attivamente all’avvio per ragioni di strategia aziendale ed avendone sostenuto l’attività”. Anzi Manifattura Marzotto ricavò utili da quella ricerca, grazie all’applicazione nella produzione tessile. Nella sentenza non si fa riferimento al comportamento che causò l’inquinamento nella villa, bensì “la mancata rimozione dei suoi effetti”.