di Agostino Bighelli *
L’art. 9 del D.Lgs. n. 149/2022 (altrimenti noto come “Riforma Cartabia”) ha introdotto nel D.L. n. 132/2014 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile) l’art. 2 ter avente ad oggetto la possibilità di ricorrere alla procedura di “negoziazione assistita” anche nelle controversie in ambito di lavoro.
Si tratta di una procedura extra-giudiziale nella quale le parti, assistite obbligatoriamente da almeno un avvocato per parte (e facoltativamente da un consulente del lavoro), a seguito di accordo in tal senso collaborano e cooperano per tentare di risolvere in via amichevole la questione evitando di intraprendere azioni giudiziali.
A partire dallo scorso 28 febbraio (giorno di entrata in vigore della “Riforma Cartabia” in ambito civile), pertanto, i soggetti coinvolti in una controversia di lavoro per le materie elencate nell’art. 409 cpc possono raggiungere, al di fuori della sede giudiziale, un accordo transattivo incontestabile, ovvero non impugnabile entro i sei mesi dalla sua stipulazione secondo quanto previsto dall’art. 2113 co. 4 cc; questa modalità va ad aggiungersi alle “usuali” sedi protette (commissione presso l’Ispettorato del Lavoro, sede sindacale, etc.) e si colloca all’interno e all’esito di un percorso conciliativo attuato volontariamente.
Vi è da sottolineare infatti che la procedura è meramente facoltativa e non costituisce condizione di procedibilità dell’eventuale giudizio cui si volesse dar corso, e in ciò si differenzia dal “vecchio” istituto del tentativo di conciliazione preventivo in vigore sino al novembre 2010 che invece era obbligatorio.
La scelta del legislatore appare quanto mai opportuna in quanto, come ben sa chi opera in ambito giuslavoristico, gli accordi transattivi raggiunti “privatamente” tra le parti con l’assistenza dei reciproci avvocati costituiscono di fatto la parte preponderante delle conciliazioni stragiudiziali, e nonostante il risultato fosse raggiunto con l’intervento di avvocati e consulenti, sino ad oggi era comunque necessario un ulteriore passaggio in sede protetta al fine di far acquisire all’accordo i caratteri di definitività ed inoppugnabilità.
L’irragionevolezza di una tale situazione era emersa palesemente allorquando, nel 2014, la possibilità di ricorrere alla procedura di “negoziazione assistita” in ambito lavorativo era stata dapprima prevista nel decreto legge di introduzione dell’istituto e poi esclusa dalla successiva legge di conversione del decreto.
Tale retromarcia è stata oggetto di forti critiche da parte dell’Avvocatura, in particolare di quella Giuslavorista, in quanto pareva più il sintomo di una diffidenza del legislatore nella classe forense che non il frutto di una ponderata scelta di politica legislativa.
Con la norma da ultimo introdotta, pertanto, la negoziazione assistita in ambito lavorativo, come una sorta di Araba Fenice, rinasce dalle sue stesse ceneri e fa di nuovo ingresso nel nostro ordinamento.
Al di là della “formale” sottoscrizione di un atto di transazione e conciliazione, infatti, è imprescindibile, ai fini della validità dell’accordo, che la parte interessata sia stata “effettivamente assistita” dal proprio avvocato, che abbia piena consapevolezza dei diritti in gioco e delle rinunce accettate e che le voci oggetto di transazione siano ben specificate e non comportino dichiarazioni generiche ed onnicomprensive.
Dal momento che debbono considerarsi efficaci anche in sede di negoziazione assistita i principi già enunciati dalla giurisprudenza in materia di accordi protetti, si ritiene di fondamentale importanza che il lavoratore coinvolto in una controversia si affidi a un avvocato qualificato nella materia del diritto del lavoro al fine di ottenere adeguata assistenza.
* Laureato in Giurisprudenza presso degli Studi di Trento nel 2005 con tesi in materia di tutela internazionale dei diritti umani dal titolo “La tutela dei diritti umani nell’azione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Avvocato del Foro di Verona con iscrizione dal gennaio 2010. Dal giugno 2011 collabora con lo studio dell’Avv. Bruno Gulino ed opera prevalentemente (anche se non esclusivamente) nell’ambito del diritto civile. Dal 2019 al 2022 membro della “Commissione Diritti dell’Uomo” dell’Ordine degli Avvocati di Verona.