La testimonianza di Imma Venturo, ex operatrice sanitaria ed ex paziente che, dopo esser riuscita a superare il suo personale calvario, ha sposato la missione di aiutare le altre donne che come lei lottano ogni giorno contro un disturbo del comportamento alimentare
Anoressia, bulimia e binge eating coinvolgono in Italia 3 milioni di persone e sono la seconda causa di morte nella fascia di età tra i 12 e i 25 anni: ogni anno sono 4mila i decessi. La Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, nata 10 anni fa per sensibilizzare l’opinione pubblica sui disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, evidenzia dati sempre più preoccupanti e aggravati negli ultimi anni dalla pandemia di Covid e mostra come gli esordi dei disturbi possano partire addirittura dagli 8-9 anni. Sono 126 i centri dedicati alla cura dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, strutture sparse su tutto il territorio nazionale, di cui 112 pubbliche e 14 di privato accreditato. Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità hanno realizzato una piattaforma interattiva, costantemente aggiornata, dove sono censiti tutti. Esistono anche possibili terapie integrative da affiancare a quelle da protocollo e previste dagli esperti che sono la prima strada da seguire.
Una è quella di Imma Venturo, ex operatrice sanitaria ed ex paziente che, dopo esser riuscita a superare il suo personale calvario, ha sposato la missione di aiutare le altre donne che come lei lottano ogni giorno contro un disturbo del comportamento alimentare, dall’anoressia alla bulimia, fino al binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata). “Una bella risata può essere di grande aiuto per chi sta lottando contro un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione”. Oggi Venturo si definisce una “soul &life style coach” ed è l’ideatrice dell’iniziativa “Maratona di storie di donne”, attraverso la quale si propone di “saziare” il bisogno di fiducia e autostima di tutte le donne che hanno un problema con il cibo. La sua storia ricorda quella di moltissime donne, soprattutto ragazzine, italiane. Le stesse a cui il 15 marzo è dedicata questa giornata.
“Per 25 anni ho sofferto disturbi alimentari, iniziando dall’anoressia e passando poi al binge fino ad arrivare alla bulimia”, racconta Venturo. “Quando finalmente ho deciso di affrontare i miei problemi con il cibo e di riappropriarmi della mia vita – continua – ho iniziato ad approfondire vari strumenti di supporto: dai percorsi di crescita personale alla meditazione, fino allo yoga della risata. Ma quello che mi ha aiutato ancora di più è mettere a disposizione degli altri tutto quello che ho imparato, cioè mettere a disposizione una serie di ‘attrezzi’ complementari alle terapie e alle cure mediche, necessarie per liberarsi del proprio problema”. Per Venturo la cura migliore per sé stessa è quella di prendersi cura degli altri che, mai come oggi, sono così numerosi. Secondo gli ultimi dato diffusi dalla rivista Jama Pediatric in Italia 1 giovane su 3 ha un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione, un’incidenza ben al di sopra della media mondiale di 1 giovane su 5.
In totale, si stima che siano ben 3 milioni le persone che in Italia hanno un problema con il cibo, con un aumento del 30% tra i giovani rispetto al 2019. Mentre sono 4mila i decessi all’anno legati ai disturbi dell’alimentazione, con una incidenza che mette questo gruppo di patologie al secondo posto tra le cause di morte tra le nuove generazioni, soltanto dopo gli incidenti stradali. E poi c’è il dato forse più inquietante che riguarda l’abbassamento dell’età media di insorgenza dei disturbi del comportamento alimentare: il 30% dei pazienti ha meno di 14 anni d’età, con una maggiore diffusione nella popolazione maschile arrivata al 10% nella fascia tra i 12 e i 17 anni. Una vera e propria “pandemia” giovanile che non ha scoraggiato Imma Venturo, la quale invece oggi è più decisa che mai nel dare il proprio contributo a una battaglia difficile e complicata come lo è quella contro i disturbi del comportamento alimentare.
Venturo oggi è un’appassionata promotrice dello “yoga della risata, una sorta di “training” che si basa sull’uso della risata autoindotta come mezzo per superare ansia, stress e depressione che accompagnano i disturbi del comportamento alimentare: “Ridere stimola il buonumore e il benessere psico-fisico, può essere considerato un istinto primordiale, una delle prime forme di comunicazione che ha origine da una delle zone più antiche della corteccia cerebrale, la stessa che controlla altre emozioni ancestrali, come la gioia e la paura”, spiega Venturo. “Ridere e pensare positivamente contribuisce alla produzione di neuro-ormoni, che agiscono da catalizzatori delle emozioni per dare più felicità alla vita”, aggiunge. Venturo ritiene che la “dose” giusta di questo farmaco naturale sia quella di 15 minuti al giorno. “Così possiamo riaccendere quell’area del cervello che elabora sensazioni positive e rilascia l’ossitocina, la dopamina e, più in generale, le endorfine, la cosiddetta la chimica della risata, che può aiutarci a superare i problemi”, spiega Venturo.
Non si tratta di una terapia alternativa a quelle attualmente disponibili, che si basano su una consolidata letteratura scientifica. Ma è una terapia integrativa che può andare di pari passo con quella “ufficiale” erogata, in Italia, da 126 centri specializzati, stando all’ultimo censimento effettuato dall’Iss. “I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, quali anoressia, bulimia e binge eating, sono purtroppo sempre più diffusi, colpiscono fasce sempre più giovani della popolazione e, se non diagnosticati e trattati precocemente, tendono a cronicizzare con effetti gravi su tutto l’organismo, a volte anche letali – afferma Simona Pichini, responsabile facente funzione del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss. La nostra piattaforma web, costantemente aggiornata, è un servizio prezioso perché offre, in tempo reale, un database dei centri dedicati alla cura di tali disturbi, che prevedono una presa in carica globale e integrata, consentendo così ai cittadini con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, alle loro famiglie, a chi sta loro vicino la possibilità di usufruire di interventi appropriati”