In Germania sciopera il personale di ospedali, cliniche psichiatriche, case di cura e, a turni, anche delle emergenze. La mobilitazione è iniziata martedì e continuerà mercoledì 15 marzo. La mobilitazione è stata indetta dal sindacato Ver.Di per fare pressione nella trattativa per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. I datori di lavoro a fine febbraio avevano offerto un aumento lineare dei salari del 3% al mese per quest’anno e del 2% nel prossimo e un premio di 2.500 euro esentasse nell’arco di due anni. I sindacati vogliono invece, oltre al premio, il 10,5%, e comunque almeno 500 euro, in più al mese. La terza tornata di trattative sarà tra il 27 ed il 29 marzo. Sono settimane, peraltro, che la Germania è già attraversata da scioperi dei dipendenti pubblici. Lunedì è stato il turno dei lavoratori di terra e del personale di sicurezza aeroportuali che hanno bloccato quattro scali facendo cancellare centinaia di voli.
Solo in Baviera partecipano allo sciopero oltre 30 ospedali comunali e cliniche distrettuali. Interessate anche strutture di aiuto per gli anziani. A Berlino sono previsti scioperi pure alla clinica Universitaria Charité ed in altri nosocomi. Hanno aderito inoltre i dipendenti dell’Ospedale di Kassel e di quello regionale di Hannover. La realtà ospedaliera tedesca già messa a dura prova durante la pandemia è d’altronde in subbuglio anche per i piani di riforma presentati dal Ministro della sanità Karl Lauterbach che ha prospettato un intervento di razionalizzazione come non si vedeva da vent’anni. I 1.900 ospedali sarebbero suddivisi in tre livelli di assistenza e finanziati conseguentemente. Piccoli ospedali per la medicina di base, centri specializzati per cure specifiche e cliniche universitarie. La qualità delle cure verrebbe migliorata concentrando le operazioni più complicate solo in centri di competenza certificati, assicurando solo l’assistenza generica su tutto il territorio. I nosocomi dovrebbero ricevere più soldi per coprire i loro costi fissi, come quelli del personale; verrebbero poi sgravati dalla pressione economica di eseguire interventi potendo fatturare una quota forfettaria generica, mentre verrebbe ridotta solo al 40% dei casi l’applicazione di una provvigione specifica per operazioni.
Soprattutto le piccole strutture ospedaliere sul territorio extra-urbano temono però che il piano di Lauterbach ridurrebbe drasticamente le loro competenze, obbligando i pazienti delle province a lunghi tragitti per cure specialistiche o addirittura privandoli di centri di assistenza di emergenza salvavita vicini. Per l’amministratore delegato della clinica di chirurgia d’urgenza ed ortopedia della provincia di Passau Josef Mader, intervistato dalla Zdf, la riforma delineata da Lauterbach comporterebbe prevedibilmente la chiusura di 600 ospedali in tutta la Germania. La concentrazione di realtà ospedaliere sfocerebbe nella cancellazione di molti posti di lavoro, mentre tanti medici vedendosi relegati solo all’assistenza di base se ne andrebbero dalle strutture non specialistiche. Il risultato sarebbe un’assistenza di seconda classe fuori dai grossi centri abitati.
I Länder a guida CDU/CSU Baviera, Nord-Reno Vestfalia e Schleswig-Holstein temendo chiusure in località perfieriche vogliono che si tenga conto delle peculiarità territoriali, chiedono garanzie sui finanziamenti e rivendicano che la pianificazione delle strutture ospedaliere è competenza regionale. Hanno anzi preannunciato una verifica della compatibilità del piano di Lauterbach con le loro Costituzioni.
Gli esperti sono tuttavia concordi nella necessità di razionalizzare una sanità troppo cara ed inefficiente. Il presidente dell’Associazione degli ospedali tedeschi (DKG) Gerald Gaß teme già un’ondata di insolvenze: a fine marzo le cliniche avranno un deficit di 9 miliardi ed alla fine dell’anno potrebbe salire a 15, a discapito soprattutto dell’assistenza fuori dai centri urbani. Ma anche con la riforma di Lauterbach gli aiuti per le spese energetiche potrebbero essere chiesti solo da poche strutture. Per Gaß ci vorrebbe in realtà un fondo di investimento di dieci miliardi all’anno. Lauterbach è conscio delle difficoltà, gli ospedali mancano di personale, i costi lievitano per colpa dell’inflazione, ma per i fondi dipende dal collega Christian Lindner, ministro delle Finanze. Sotto accusa cadono peraltro anche i Länder, che secondo l’Associazione delle casse malattia pubbliche (GKV) da una quota di investimenti nella sanità del 25% nel 1972 sono mediamente scesi ad una del 3% nel 2020. Questi ultimi non vogliono però essere messi in nessun caso di fronte a una mappa disegnata solo a Berlino e senza l’approvazione delle regioni più grandi, come il Nord-Reno Vestfalia, la riforma potrebbe essere bocciata al Bundesrat. Sono previsti altri sei incontri fino a quest’estate tra i Ministri regionali e federale per concordarne i punti quadro.