Nel “The day after” dei mercati le borse hanno recuperato solo in piccola misura i pesanti cali di ieri. Dopo il tracollo di mercoledì, il titolo Credit Suisse è salito del 19%. La banca elvetica potrà contare su una liquidità di 50miliardi di franchi messa a disposizione dalla banca centrale svizzera. La timidezza con cui gli altri titoli bancari europei hanno tentato un recupero (Unicredit + 2,7%, Bnp Paribas + 1,3%) mostrano come la tensione rimanga elevata e il ritorno alla normalità non semplice. La giornata è stata dominata dalla riunione della Banca centrale europea che ha deciso di tenere la barra dritta e aumentare il costo del denaro dell’area euro di 50 punti base come annunciato da tempo. La Bce non ha però fornito indicazioni su ulteriori rialzi nelle prossime riunioni lasciando intendere che il percorso non è scontato e la serie degli aumenti potrebbe interrompersi alla luce delle evoluzioni delle condizioni finanziarie.

Da Zurigo è giunta la notizia secondo cui Ubs e Credit Suisse sarebbero contrarie a una fusione spinta dalle autorità e dal governo elvetico.Ubs, prima banca elvetica, vorrebbe continuare nella sua strategia standalone e sarebbe riluttante a farsi carico dei rischi correlati alla concorrente. La quale, a sua volta, vorrebbe proseguire da sola nel suo piano di ristrutturazione, dopo aver guadagnato tempo grazie alla linea di credito messa a disposizione dalla Banca centrale svizzera. Negli Stati Uniti intanto è partita la prima causa contro la banca svizzera dopo il crac. I ricorrenti sostengono che la banca non ha informato correttamente gli investitori sul grado di rischio e sulle reali condizioni finanziarie. La portavoce della presidenza Karine Jean-Pierre ha detto che il Tesoro Usa è in contatto con la sua controparte svizzera per la crisi di Credit Suisse, che però è una questione distinta, non correlata all’attuale contesto economico e bancario americano.

Tesoro statunitense che è alle prese anche con le gravi difficoltà della crisi First Republic Bank (Frb), l’istituto di credito americano che sta scontando una forte crisi di fiducia da parte dei mercati. I colossi Jp Morgan, Citigroup, Morgan Stanley, Wells Fargo, Bank of America e Pnc Financial Services Group hanno raggiunto un accordo per un piano che prevede il deposito di 30 miliardi di dollari presso Frb mettendo in sicurezza la banca. La Federal Reserve, la banca centrale americana, ha annunciato di aver prestato quasi 12 miliardi di dollari alle banche statunitensi da domenica, quando ha detto che avrebbe fornito loro i fondi necessari per onorare le richieste di prelievo dei loro clienti.

Sullo sfondo rotola però una pallina di neve che si speri non diventi slavina. Ma, in una fase già molto travagliata per i sistemi finanziari americano ed europeo, si accende un’altra spia rossa. Santander Consumer Usa ha deciso ieri di rimandare la vendita di titoli obbligazionari del valore di 942 milioni di dollari garantiti da prestiti auto subprime. Ovvero da finanziamenti per l’acquisto di automobili concessi a debitori con affidabilità creditizia al di sotto della media. Il congelamento del collocamento è stato deciso in scia al collasso di Credit Suisse, sul timore che i bond rimanessero invenduti sul mercato. Il collocamento è affidato al colosso statunitense Citigroup. Nessuna delle due banche ha voluto commentare la decisione.

Il crac di Silicon Valley Bank aveva già allontanato gli investitori dai titoli più rischiosi (che per questo offrono rendimenti più elevati), la crisi scoppiata in Svizzera ha rafforzato questa avversione al rischio. Così gli interessi sulle obbligazioni societarie meno sicure stanno salendo e tra queste ci sono naturalmente anche i bond garantiti da prestiti subprime, definizione che evoca sinistri ricordi. Lunedì scorso la società di leasing automobilistico Automotive Rentals, ha sospeso un’offerta di titoli simili, garantiti da leasing auto con un valore di quasi 900 milioni di dollari.

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