La proposta della Commissione ha l’obiettivo di aumentare la produzione di tecnologie pulite nell’Ue, arrivando almeno al 40% del fabbisogno annuale entro il 2030. Per alcuni Stati, Francia in primis, il raggiungimento del target non può prescindere dal nucleare e la scelta della Commissione è stata quella di non ostacolarli. Così il piano prevede sostegni a “tecnologie avanzate per produrre energia da processi nucleari con minimi scarti del ciclo del combustibile"
“La formulazione scelta per il nucleare è esattamente la stessa della tassonomia”. Così ha parlato il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, illustrando il Net-Zero Industry Act. Ergo: l’energia dell’atomo rientra, eccome, nella proposta di legge che ha l’obiettivo di aumentare la produzione di tecnologie pulite nell’Ue, tanto quanto ce n’è bisogno per la transizione ecologica. “Se si parla di tecnologie pulite dobbiamo concentrarci su quelle più promettenti (nel piano definite “strategiche”), ma non significa non investire nelle altre” ha sottolineato Timmermans. E a rispondere a chi era rimasto qualche dubbio ci ha pensato Thierry Breton, commissario al Mercato interno: “Il nucleare fa parte del piano”. Evidentemente è considerato irrinunciabile per raggiungere l’obiettivo: fare in modo che entro il 2030 la produzione in Ue di tecnologie a zero emissioni si avvicini o raggiunga almeno il 40% del fabbisogno annuale dell’Unione in un momento in cui la domanda di green tech continua a crescere sia a livello europeo che a livello globale. E la legge dovrebbe creare “le migliori condizioni per quei settori cruciali al raggiungimento delle zero emissioni nette entro il 2050”, dalle turbine eoliche alle pompe di calore, fino ai pannelli solari. Per alcuni Stati, Francia in primis, il contributo al raggiungimento di questo target non può prescindere dal nucleare e la scelta della Commissione è stata quella di non ostacolare questi Paesi. Il tutto nelle stesse ore in cui l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) lancia l’allarme, segnalando che circa 2,5 tonnellate di uranio naturale sono sparite da un sito in Libia.
Il via libera ai “reattori modulari di piccole dimensioni” – Ma i piani dell’Europa e dei singoli Stati vanno avanti. Nel testo, in effetti, il nucleare è rimasto fuori dalle otto tecnologie strategiche, ma il piano prevede sostegni a “tecnologie avanzate per produrre energia da processi nucleari con minimi scarti del ciclo del combustibile, reattori modulari di piccole dimensioni”. Sono settimane che si discute sul punto: l’energia dell’atomo era presente nelle prime bozze del regolamento circolate a Bruxelles, ma nei giorni scorsi diverse fonti avevano sostenuto che fosse stata stralciata (anche a causa della forte opposizione della Germania) pur confermando che ci sarebbe stato un via libera indiretto. Dopo giorni di divisioni interne all’esecutivo Ue, alla fine si è trovato il modo per far rientrare il nucleare dalla finestra. “La scelta della fonte energetica dipende dagli Stati membri, su questo siamo neutri” ha detto Timmermans, ricordando che “sette miliardi di euro sono investiti per lo sviluppo della fusione nucleare, quindi non siamo dei novellini. Se uno Stato punta sul nucleare oppure no è una scelta dello Stato e io dico sempre di non fare scelte ideologiche. Io dico che le rinnovabili costano meno ogni giorno, ma il nucleare non costa meno”.
Procedure semplificate per le tecnologie strategiche – La legge, dunque, mira a semplificare il quadro normativo per la produzione di queste tecnologie. Sono previste procedure di autorizzazione semplificate e si stabiliscono nuovi limiti di tempo per la concessione di permessi: 12 mesi per impianti con una capacità produttiva annua inferiore a un gigawatt, 18 mesi per quelli di potenza maggiore. Per i progetti ritenuti strategici, però, la durata massima del processo autorizzativo dovrà essere di 12 mesi per gli impianti con una produzione superiore a un gigawatt e nove mesi per quelli con una produzione annua inferiore al gigawatt. Le otto tecnologie strategiche, che Timmermans definisce “le più promettenti”, sono solare fotovoltaico e solare termico, eolico onshore ed energie rinnovabili offshore, batterie e accumulatori, pompe di calore e geotermia, elettrolizzatori e celle a combustibile, biogas e biometano, cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica e, infine, tecnologie di rete. Tra l’altro, la Commissione propone di raggiungere una capacità di stoccaggio annuale del carbonio di 50 milioni di tonnellate entro il 2030. “Le tecnologie strategiche sono state selezionate sulla base degli obiettivi generali della legge sull’industria a zero emissioni, ovvero aumentare la capacità di produzione di tecnologie a zero emissioni nell’Ue, in particolare quelle che sono disponibili in commercio e quelle che hanno un buon potenziale per un rapido passaggio su scala industriale”, ha spiegato la Commissione. La proposta prevede anche che gli Stati possano adottare, per un determinato periodo di tempo, dei regimi normativi eccezionali che facilitino la sperimentazione e lo sviluppo di tecnologie innovative. “Non tutto verrà prodotto nell’Ue”, ha spiegato Timmermans, “ma nell’Ue deve essere prodotto di più. Attualmente è un importatore netto di diverse tecnologie e componenti a zero emissioni, ma per la Commissione ci sono potenziale e risorse per diventare un leader industriale in questo mercato”.
Le risorse finanziarie – Sul piano dei fondi, l’Ue prevede che “una risposta più strutturale alle esigenze di investimento sarà fornita dal Fondo europeo di sovranità”. Nel breve periodo, il provvedimento cita il nuovo regime temporaneo sugli aiuti di Stato varato nei giorni scorsi e sottolinea che “diversi programmi di finanziamento dell’Unione, come lo Strumento per la ripresa e la resilienza, InvestEu, i programmi della politica di coesione o il Fondo per l’innovazione, sono disponibili per finanziare investimenti in tecnologie a zero emissioni”. La domanda per il Fondo per l’innovazione, finanziato dai ricavi Ets, è molto alta. È stato appena chiuso un terzo bando per grandi progetti. “Abbiamo ricevuto molte più candidature di quelle che riusciremo ad aggiudicare”, ha spiegato Timmermans, sottolineando che proprio il Fondo per l’innovazione è “uno strumento molto efficace per sostenere la produzione di tecnologia pulita in Europa” e contribuire all’aumento della produzione e della diffusione dell’idrogeno rinnovabile.
La banca europea dell’idrogeno – Oggi, di fatto, la Commissione Ue ha presentato anche le sue idee sulla struttura e sul funzionamento della Banca europea dell’idrogeno. Come annunciato nel Piano industriale del Green Deal, nell’autunno 2023 verranno lanciate le prime aste pilota sulla produzione di idrogeno rinnovabile nell’ambito del Fondo per l’innovazione. I progetti selezionati riceveranno una sovvenzione sotto forma di un premio fisso per ogni chilogrammo di idrogeno prodotto, per un massimo di dieci anni di attività. Questo aumenterà la possibilità per i progetti di rientrare nel sistema e ridurrà i costi di capitale complessivi. La piattaforma d’asta dell’Ue può anche offrire “aste come servizio” per gli Stati membri. La Commissione è al lavoro per definire la dimensione internazionale della Banca europea dell’idrogeno e incentivare le importazioni di idrogeno rinnovabile. Entro la fine dell’anno, tutti gli elementi della banca dell’idrogeno dovrebbero essere operativi.