“Questa è una battaglia giusta. Quella che facciamo noi dico, ed è una battaglia che riguarda anche voi giornalisti, se pubblicano gli articoli e non vi danno i soldi? Con i diritti accade lo stesso. Io l’ho portata avanti questa battaglia sacra. Il Copyright è stato approvato al Senato e alla Camera ed è fermo ai decreti attuativi da otto mesi. È tutto fermo non riusciamo a capire il perché. Non sarà comunque una battaglia che perderemo”, parole di Mogol, presidente onorario Siae, dette a FQMagazine durante la presentazione alla stampa del nuovo disco con Lavezzi “Capolavori nascosti”. Il tema? Il mancato accordo tra Meta e Siae, non cosa di poco conto. “Loro sono restii a pagare qualcosa agli autori che vivono grazie ai diritti d’autore”, ha chiosato il paroliere.
Cosa sta accadendo? In sintesi, la musica italiana non sarà più disponibile sulle piattaforme Meta, quindi Facebook e Instagram, all’interno delle librerie musicali, ovvero dei “cataloghi” dai quali gli utenti scelgono le loro ‘colonne sonore’ per i Reels (sia su Fb che su Instagram), le Stories ma anche i contenuti da Feed. Detta in modo ancora più pratico: l’utente sta postando un video, vuole come commento musicale una canzone del catalogo gestito da Siae ma non la trova. Rimossa.
“Questo braccio di ferro tra Meta e Siae con la minaccia di togliere la musica italiana dalle piattaforme non è un danno solo per la discografia, l’editoria e gli utenti ma anche per le piattaforme stesse”. Parole di Claudio Buja, Presidente Universal Music Publishing Italia e Consigliere di Sorveglianza SIAE. “Al momento c’è una distanza enorme da un punto di vista economico tra cioè che Siae chiede e ciò che Meta è disposta a dare ma così come abbiamo stretto accordi con altre piattaforme, per esempio TikTok, auspico anche in questo caso una trattativa fatta all’insegna del fair play, anche perché non riesco a immaginare un eventuale ‘take down‘”.
Cancellare la musica italiana da Facebook e Instagram, mica questione da nulla. Ma il portavoce del colosso controllato da Mark Zuckerber spiega che sarà avviata la procedura di rimozione: “Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con Siae. La tutela dei diritti d’autore di compositori e artisti è per noi una priorità assoluta e per questo motivo, a partire da oggi, avvieremo la procedura per rimuovere i brani del repertorio Siae all’interno della nostra libreria musicale”.
Meta sottolinea come venga considerato un “valore per l’intera industria musicale permettere alle persone di condividere e connettersi sulle nostre piattaforme utilizzando la musica che amano. Abbiamo accordi di licenza in oltre 150 paesi nel mondo e continueremo a impegnarci per raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti”. Cosa succede ora? Saranno disponibili i brani che non rientrano nel repertorio Siae. Su Facebook i contenuti oggetto del mancato accordo verranno bloccati. Su Instagram, silenziati, a meno che gli utenti non decidano di sostituire l’audio selezionando un’altra traccia disponibile sul catalogo.
“Le piattaforme hanno sempre agito usando prima il repertorio e poi cercando un accordo: io credo che le trattative dovrebbero essere gestite in modo inverso”, conclude Buja. E sulla stessa linea è anche la nota diramata da Siae: “Viene richiesto di accettare una proposta unilaterale di Meta prescindendo da qualsiasi valutazione trasparente e condivisa dell’effettivo valore del repertorio. Tale posizione, unitamente al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, è evidentemente in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright per la quale gli autori e gli editori di tutta Europa si sono fortemente battuti. Colpisce questa decisione, considerata la negoziazione in corso, e comunque la piena disponibilità di Siae a sottoscrivere a condizioni trasparenti la licenza per il corretto utilizzo dei contenuti tutelati. Tale apertura è dimostrata dal fatto che Siae ha continuato a cercare un accordo con Meta in buona fede, nonostante la piattaforma sia priva di una licenza a partire dal 1 gennaio 2023″. La conclusione è netta: “Non accetteremo imposizioni da un soggetto che sfrutta la sua posizione di forza per ottenere risparmi a danno dell’industria creativa italiana”.