Aver calcolato la reale portata del deficit, su cui si sarebbero basati i piani di salvataggio dei creditori internazionali, gli è valso sospetti e accuse da parte di quasi tutto l'arco costituzionale. E una lunga serie di azioni giudiziarie con al centro, variamente declinata, un'unica accusa: aver danneggiato il suo Paese agendo come "cavallo di troia della Troika"
Dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ripubblichiamo l’articolo sulla storia di Andreas Georgiou uscito su FqMillennium 39 nell’ottobre 2020
Andreas Georgiou ha compiuto da poco 60 anni e da dieci fa il capro espiatorio. Ma a differenza del signor Malaussene di Daniel Pennac non era stato assunto per questo. Nel 2010 è stato chiamato ad Atene per rivedere i dati sui conti pubblici greci, falsati a cavallo dell’ingresso nell’euro e poi ancora nel 2009. Aver calcolato la reale portata del deficit, su cui si sarebbero basati i piani di salvataggio dei creditori internazionali, gli è valso sospetti e accuse da parte di quasi tutto l’arco costituzionale. E una lunga serie di azioni giudiziarie con al centro, variamente declinata, un’unica accusa: aver danneggiato il suo Paese agendo come “cavallo di troia della Troika”. Anche se l’ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) ha avallato tutte le cifre pubblicate sotto la sua gestione e la comunità scientifica – dall’Istituto internazionale di statistica ai nove premi Nobel per l’Economia che hanno firmato una petizione in suo sostegno – lo considera un perseguitato per aver fatto il proprio lavoro senza cedere a pressioni politiche. La Commissione europea, negli anni, si è limitata a “monitorare” la vicenda.
Greco di Patrasso, dottorato in Economia in Michigan, tra il 1989 e il 2010 Georgiou ha lavorato negli Usa in diversi dipartimenti del Fondo monetario internazionale. Un background che nell’agosto di dieci anni fa lo rende il candidato ideale a prendere le redini del nuovo ufficio statistico greco (Elstat). Il suo cv è prezioso per il governo socialista di Giorgos Papandreou, che ha appena creato Elstat in base agli accordi con i creditori con cui nel maggio 2010 è stato sottoscritto il primo piano di salvataggio del Paese. L’anno prima, dopo averlo sconfitto alle elezioni, il leader del Pasok ha infatti accusato il predecessore e leader di Nea Demokratia Kostas Karamanlis di aver falsificato i conti per evitare sanzioni europee. Ma l’abitudine di “abbellire” i dati non è certo una novità. Anche i conservatori di Nea Demokratia, al governo tra 2004 e 2009 dopo un ventennio di “regno” del Pasok, hanno trovato numeri truccati per consentire al Paese di entrare nell’Eurozona. Quel che è certo è che in quel momento Papandreou ha urgente bisogno di fare ordine. Abolito il vecchio Servizio statistico nazionale, costola del ministero delle Finanze, occorre mettere alla guida di Elstat una personalità autorevole e indipendente dal governo. Georgiou, che ha presentato domanda per quel posto con l’idea di dare una mano al suo Paese precipitato nella crisi, è perfetto.
Che fosse perfetto anche per addossargli le responsabilità politiche dei partiti che si erano alternati al potere per quarant’anni si capisce poco dopo. Quando Georgiou arriva ad Atene l’ammontare del deficit 2009, previsto al 3,9%, è già stato rivisto al rialzo a un inaudito 13,6%. L’economista e il suo team fanno un ulteriore aggiustamento, portandolo al 15,4% per effetto dell’inclusione di uno strumento derivato (swap) sottoscritto nel 2001 e del deficit di 17 aziende statali. Sono interventi previsti e richiesti dalle regole europee. Ma alcuni membri del board di Elstat contestano la decisione. Chiedono di votare sui dati prima che siano trasmessi agli uffici della Commissione. Il presidente rifiuta: in base al Codice delle statistiche europee spetta solo a lui decidere metodi e standard nonché contenuto e calendario delle diffusioni. Intanto emerge che il suo vice Nikos Logothetis fin dall’1 agosto hackera il suo indirizzo mail: la polizia trova le prove e confisca due computer, ma non ci sarà alcun processo perché scatta la prescrizione. Il Parlamento approva la proposta del governo di azzerare il board, lasciando accanto a Georgiou solo il rappresentante del sindacato dei lavoratori di Elstat.
Nel settembre 2011 l’ingranaggio che l’avrebbe reso un capo espiatorio si mette in moto. Antonis Samaras, nuovo leader di Nea Demokratia, in un discorso pubblico attacca Papandreou sostenendo che ha modificato le statistiche per screditare Karamanlis. Parla di “falsificazione organizzata”. Tre giorni dopo Alexis Tsipras, leader della coalizione di sinistra Syriza, indica dove guardare: “Hanno fatto direttore dell’Eurostat un uomo del Fmi, che ha gonfiato il deficit in modo che il nostro Paese abbia il valore più alto tra tutti gli Stati europei e diventi una cavia certificata”. Per forza di cose a quel punto si muove la magistratura: il procuratore per i reati economici apre la prima indagine. Il caso arriva in Parlamento, dove una commissione di inchiesta messa in piedi per valutare eventuali responsabilità dell’ormai ex governo Papandreou esclude errori e chiama invece in causa l’ex ministro di Nea Demokratia Yannis Papathanasiou per aver “nascosto le reali condizioni fiscali del Paese”. Ma l’inchiesta va avanti. Nel gennaio 2013 Georgiou viene incriminato per “false dichiarazioni sul calcolo del deficit che hanno danneggiato lo Stato greco” – danno quantificato in 171 miliardi di euro – e “ripetuta violazione dei doveri”.
Nel frattempo al governo è arrivato Samaras. I vertici di Nea Demokratia attaccano a testa bassa Georgiou: “Non ha difeso gli interessi del Paese”, dichiara alla radio il futuro presidente della Repubblica Prokopīs Pavlopoulos. Georgiou teme per la sua vita. Fuori dai tribunali, durante le udienze, la folla grida: “Appendetelo in piazza Syntagma”. A luglio il giudice istruttore conclude che non ci sono le basi per portare avanti l’accusa. Il procuratore nel maggio successivo arriva alla stessa conclusione. Ma Nea Demokratia chiede a gran voce il processo. Nel luglio 2014 il Consiglio della Corte d’appello ordina che le indagini vadano avanti. Nel 2015 – al governo ora c’è Syriza – un nuovo procuratore propone di lasciar cadere l’accusa. E la Corte stavolta è d’accordo: il caso va chiuso. Dovrà sentenziarlo altre due volte, nel maggio 2017 e nel marzo 2019, prima che la decisione diventi definitiva. Perché nel frattempo interviene Xeni Dimitriou, vice procuratrice della Corte Suprema. Nel 2015 e ancora nel 2017 Dimitriou, nel frattempo nominata procuratore capo dal governo Tsipras, propone di annullare il proscioglimento. Georgiou in caso di condanna rischia l’ergastolo. È solo a questo punto che la commissione Juncker si esprime, e senza fare il nome dell’economista: il 24 agosto 2016 la commissaria Marianne Thyssen attesta che “i dati sul debito greco nel periodo 2010-2015 sono totalmente affidabili” e chiede alle autorità elleniche di “combattere attivamente e pubblicamente la falsa impressione che siano stati manipolati e proteggere Elstat e il suo staff da queste accuse infondate”. Non avverrà mai. Anzi, pochi giorni dopo Dimitriou ordina una nuova indagine (ufficialmente ancora aperta e senza ipotesi di reato) che coinvolge anche funzionari di Eurostat e Fmi.
Il calvario di Georgiou, intanto, continua. Lo indagano per aver fatto firmare allo staff un accordo di riservatezza, come previsto dal Codice europeo di statistica. Nell’agosto 2017, dopo essere stato assolto in primo grado, viene condannato a due anni dalla Corte d’appello nel filone della “violazione dei doveri”, per non aver riunito il board di Elstat per l’approvazione dei dati 2009. “Ho fatto appello alla Corte suprema, chiedendo tra l’altro di interpellare la Corte di giustizia dell’Unione sull’interpretazione del Codice delle statistiche europee”, racconta l’economista a FqMillennium dalla sua casa in Michigan, “ma la richiesta è stata rifiutata”. Poco dopo è anche condannato per “diffamazione semplice” in una causa civile intentata dall’ex direttore della divisione Conti pubblici del Servizio statistico nazionale, Nikolaos Stroblos, per un comunicato in cui difendeva la correttezza delle revisioni sui dati del 2009: deve pagargli 10mila euro di danni e pubblicare a sue spese la sentenza su Kathimerini. Il 24 settembre è iniziato il processo d’appello, dopo vari rinvii. Da notare che in Grecia il reato di diffamazione semplice consiste nel “diffondere accuse” e si configura anche se quelle accuse sono vere, a patto che abbiano “danneggiato la vittima”. Altra beffa: Stroblos ottiene il rimborso delle spese legali dal governo greco grazie a una legge varata su richiesta dell’Eurogruppo per aiutare Georgiou. Che dal canto suo, nei casi in cui viene assolto, riceve indietro solo una parte delle parcelle pagate attendendo fino a 10 mesi per vedersi accettare la domanda, dopo una via crucis di richieste di documentazione aggiuntiva.
Andreas Georgiou ha un’idea precisa e sgradevole di quali possano essere le conseguenze della sua vicenda. “Da nove anni per gli statistici ufficiali greci c’è una distorsione della struttura di incentivi, che accresce il rischio di nuove manipolazioni dei dati”, spiega a FqMillennium. “Con questo precedente, nell’Unione europea è più facile che si verifichino altre minacce all’indipendenza di chi si occupa di statistiche ufficiali“. La nuova Commissione europea ritiene invece che il caso sia chiuso. “Non siamo a conoscenza di alcun nuovo sviluppo da aprile 2019, quando abbiamo avuto conferma che Mr Georgiou è stato definitivamente assolto per quanto riguarda la falsificazione dei dati”, fa sapere un portavoce. “Seguiamo gli sviluppi da vicino ma, per questione di principio, non commentiamo casi giudiziari aperti nei singoli Paesi”.