C’è un nuovo passo avanti nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid nella Bergamasca. La Procura di Brescia ha trasmesso al Tribunale dei ministri gli atti relativi alla posizione dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza, indagati per epidemia e omicidio colposi nell’inchiesta di Bergamo sulla gestione in Val Seriana, proponendo approfondimenti istruttori. Il collegio di giudici è al lavoro per decidere se accogliere o meno le proposte avanzate dai pm. Si tratta di eventuali e ulteriori atti di indagine che il collegio potrebbe effettuare in vista della richiesta o di autorizzazione a procedere alla Camera di appartenenza o di archiviazione. Le posizioni dei due ex esponenti del governo devono essere giudicate dal Tribunale di ministri per le condotte considerate reato sono avvenute nell’esercizio della loro funzione.
Ii giudici bresciani, presieduti da Mariarosa Pipponzi, stanno vagliando, se non lo hanno già fatto, le proposte avanzate dai pubblici ministeri e, anche se non ci sono conferme, non è escluso possano essere convocati gli stessi due deputati. I pm bresciani, dopo aver letto le carte trasmesse dai colleghi di Bergamo – 24 faldoni relativi alle posizioni di Conte e Speranza – hanno suggerito di effettuare ulteriori atti di indagine che loro, come prevede la legge, non possono svolgere. Il collegio, che in questo caso ha funzioni investigative e giudicanti, oltre che sulla proposta, dovrà tirare le somme anche sulla base di memorie difensive o ipotetiche richieste di interrogatori da parte degli indagati, e decidere se chiudere il procedimento con una archiviazione o ritrasmettere gli atti al procuratore Francesco Prete affinché chieda l’autorizzazione a procedere alla Camera.
Il giorno dopo la chiusura indagine per 19 persone in totale tra cui anche il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, alcuni componenti del Cts e dirigenti e funzionari, il Tribunale dei ministri di Roma aveva archiviato le posizioni di tutti i ministri che erano stati denunciati a Roma per la gestione della pandemia. Secondo quel Tribunale “Non vi è dubbio che il Presidente del Consiglio, i ministri e i consulenti scientifici non hanno il possesso del virus né lo hanno diffuso e l’aver omesso, secondo l’assunto di una parte dei denuncianti, anticipati provvedimenti di contrasto e di prevenzione, non integra la condotta sanzionata dall’articolo 438 epidemia”. Inoltre i giudici hanno sostenuto che le scelte politiche intraprese in quel complicato periodo fossero insindacabili: “In ragione della chiara natura politica delle scelte operate dai rappresentanti del governo e delle misure nel tempo adottate bene può ritenersi come le stesse siano riconducibili nella nozione dell’atto politico in senso stretto e quindi sottratte alla valutazione del giudice penale e soggetto, piuttosto, sia con riferimento alla loro tempestività che al loro contenuto ad un controllo del Parlamento cui in buona sostanza spetta il sindacato politico sull’operato del governo”.
Intanto dalla mole di documenti depositati ai 19 indagati, spuntano altre chat su quei giorni drammatici quando non solo la Bergamasca ma tutta la Lombardia furono le zone più colpite dal coronavirus. Allora, era la fine di febbraio di tre anni fa, il viceministro Pierpaolo Sileri, preoccupato per la situazione e per la scarsa preparazione dell’Italia a fronteggiare la pandemia, scriveva a Speranza: “Serve competenza ed è giusto richiamare dalla pensione al più presto. Serve personale specialista (…) la cosa che mi fa incazz… che lo avevo detto a Ruocco (all’epoca segretario generale del Ministero della Salute, ndr) settimane fa”.. Nell’informativa del 30 aprile 2021 gli investigatori riassumono passaggi dei tre verbali resi da Sileri, tra dicembre 2020 e marzo 2021, i cui contenuti sono già emersi nei giorni scorsi e nei quali l’ex viceministro ha lamentato la “mancata attuazione del piano pandemico” e la “disorganizzazione” degli “uffici del Ministero” e ha riferito della sua “insistenza, già nei mesi di gennaio e febbraio, all’acquisto di dpi e respiratori” che “avrebbero certamente contribuito a contenere” il contagio. Oltre che stigmatizzare l’assenza di informazioni ricevute dai dirigenti di Lungotevere Ripa e “il comportamento minaccioso del capo di Gabinetto Zaccardi nei miei confronti”, a riprova di un clima difficile, fatto di scontri interni più o meno sotterranei, che si respirava al ministero, dove in molti casi sarrebero andate avanti “persone cooptate – si sfogava il braccio destro di Sileri – e non con competenze (…) troppo soventemente incapaci anche di mandare correttamente una mail”.