Inaugurato il “Climate Hub”, entità scientifica nata su iniziativa della Columbia University, la prima università al mondo che ha creato una facoltà dedicata allo studio dei cambiamenti climatici e ambientali del pianeta. Il centro, fino al 2024, tre milioni di dollari, stanziati dalla Prefettura di Rio de Janeiro, e il governo ha partecipato all’evento in grande stile
Il 14 marzo è stato un giorno particolarmente celebrato in Brasile, soprattutto in piazza Mauá a Rio de Janeiro, dove una moltitudine di brasiliani, particolarmente giovani e donne, si sono recati non solo per commemorare il “Giorno di Marielle”, ma anche per assistere all’atteso lancio del “Climate Hub”, un’entità scientifica nata per agire nell’ambito climatico e ambientale su iniziativa della Columbia University, la prima università al mondo che ha creato una facoltà dedicata allo studio dei cambiamenti climatici e ambientali del pianeta. Climate Hub riceverà, fino al 2024, tre milioni di dollari, stanziati dalla Prefettura di Rio de Janeiro, e il governo ha partecipato all’evento in grande stile, con il suo entourage politico al completo. Il centro climatico è stato annunciato nell’avveniristico Museo del Domani, disegnato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava, lungo l’infinito molo Mauá, nel porto di Rio de Janeiro, dove sono sbarcati milioni di schiavi africani e emigranti europei in cerca di uno sconosciuto destino nel Nuovo Mondo.
A due passi dal museo, lo stesso giorno, è avvenuto anche un affollato e animato concerto dedicato alla memoria di Marielle Franco, la consigliera comunale e leader comunitaria nella favela di Maré, assassinata cinque anni fa, assieme a Anderson Gomes, da miliziani. I nomi dei mandanti non si conoscono ancora. È stato il presidente Luiz Inácio Lula da Silva a volere che il parlamento brasiliano sanzionasse, con procedura d’urgenza, il 14 marzo, come giornata per commemorare la memoria dell’amata brasiliana; e ovviamente, non è stato un caso che il “Giorno di Marielle sia stato celebrato, per presentare anche l’ambizioso programma dell’università newyorchese e della prefettura carioca in un evento aperto al pubblico. L’impegno politico, ma soprattutto umano della brasiliana era rinomato e indissolubilmente legato, anche al medio ambiente delle favelas, che soffrono ancora di più le violenti piogge e le ondate di calore intenso che, secondo l’Onu, sono i temibili effetti dei cambiamenti climatici e tra le cause che provocano la morte di circa 13 milioni di persone all’anno nel mondo. Marielle conduceva una lotta contro le ingiustizie, soprattutto dei miliziani, i quali – ad Ovest di Rio de Janeiro – hanno edificato su terreni pubblici immobili (alcuni dei quali già distrutti dalle tempeste tropicali ndr) – in aree d’alto rischio ambientale.
L’omicidio è avvenuto durante il mandato presidenziale del presidente Bolsonaro e quello di suo figlio, Eduardo, eletto ancora oggi deputato federale per lo Stato di Rio de Janeiro. Per Flávio Dino, il ministro della Giustizia del governo Lula – il quale ha riaperto le indagini sull’omicidio della consigliera comunale – la paralisi dell’inchiesta su Marielle Franco, avvenuta durante il governo Bolsonaro, dovrebbe servire “come riferimento per ciò che il Brasile non dovrebbe essere e non può essere”. Il nome della brasiliana è stato applaudito a lungo nella gremita e grande sala del museo, dove Marielle è stata evocata più volte da personalità politiche e scientifiche, incluso Thomas Trebat, il direttore del programma Columbia Global Centers Rio. “Siamo molto felici di rivedere il ritorno del Brasile, come importante interprete globale nei temi che interessano l’umanitá”, ha affermato in perfetto portoghese Trebat nel suo discorso d’apertura, in cui annunciava anche il tenore politico di Climate Hub, dove hanno partecipato nomi della politica brasiliana di primo piano. Celso Amorim, l’assessore speciale della presidenza della Repubblica ed ex ministro degli Esteri, è stato uno di questi, il quale, con la sua presenza, ha voluto evidenziare il ritorno del protagonismo brasiliano sulla scena politica internazionale, il cui spazio era stato totalmente abbandonato dal precedente governo del presidente Bolsonaro.
Il dibattito sui cambiamenti climatici coinvolge ovviamente questioni sociali: “È un tema di grande trasversalità ed è presente in ogni cosa, anche nel tema della guerra e della pace, perché genera conflitti migratori”, ha detto Amorim. L’Onu gli ha dato ragione, giacché il cambiamento climatico aggrava i fattori che determinano lo stato di povertà. Nel corso dell’ultimo decennio (2010-2019) si stima che gli eventi legati al clima abbiano causato la migrazione di circa 23,1 milioni di persone in media ogni anno, lasciando molte altre aree del mondo in condizioni di povertà. Amorim ha sostenuto che il “mondo è cambiato” e che bisogna rivedere regole obsolete che “sono state tracciate dopo la Seconda guerra mondiale”, altrimenti, istituzioni come l’Onu, potrebbero perdere forza nel dibattito internazionale legato ai grandi temi del mondo, tra cui il clima. Il consigliere speciale della Presidenza della Repubblica ha senza mezzi termini sottolineato che l’ambiente e il clima sono temi centrali per il governo del presidente Lula, il quale ha annunciato la volontà d’organizzare un’inedita cupola internazionale dei paesi presenti nel bacino amazzonico, oltre alla riattivazione del Fondo Amazzonia e la possibilità che il Brasile ospiti la Cop30, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Rio de Janeiro.
Non solo Sergio Amorim, ma anche il sindaco della capitale fluminense, Eduardo Paes – il quale era sindaco all’epoca dei megaeventi mondiali organizzati nella capitale carioca e ottenuti durante i precedenti mandati presidenziali di Lula – ha evidenziato il ritorno brasiliano sulla scena internazionale, grazie anche a partnership private, come quella con la Columbia University. “Il presidente Lula conosce la vocazione di questa città – ha affermato Paes – sa che per coloro che guardano al clima in Brasile hanno Rio de Janeiro come punto di riferimento”. Climate Hub rammenta, forse, quel soft power americano che crea legami d’amicizia e raccoglie informazioni territoriali nei paesi del mondo e, in effetti, è stata la Marina militare statunitense – secondo Trebat – a finanziare la Columbia university, per studiare gli effetti delle guerre sugli oceani. Lo studio diede lo spunto per creare una facoltà che studiasse i cambiamenti climatici nel mondo. Climate Hub funzionerà nel decimo ufficio globale dell’università americana e opererà all’interno del Columbia Global Center di Rio. Il programma offrirà borse di studio a ricercatori e scienziati brasiliani, per sviluppare progetti nel paese e anche all’università di New York. Uno degli obiettivi è attrarre talenti legati agli studi sull’impatto dei cambiamenti climatici in Brasile e promuovere la collaborazione e la diffusione del lavoro nella comunità scientifica e tra i leader globali.
Climate Hub punta a organizzare anche eventi relazionati al tema ambientale e partecipare direttamente ad azioni di politica pubblica relazionata al clima nel municipio carioca e in Brasile. Trovare fondi per avviare una politica di preservazione del medio ambiente brasiliano, ma anche del mondo, non è facile di questi tempi. Il presidente Joe Biden ha dato solo 50 milioni di dollari al Fondo amazzonia, strumento necessario per potere preservare la grande foresta pluviale. “Fino ad oggi, non è ancora entrato nessun soldo nel fondo, oggi esiste un completo disinteresse verso i problemi climatici e del medio ambiente. Purtroppo la guerra in Ucraina toglie il fuoco verso altri temi importanti dell’umanità”, ha detto a ilfattoquotidiano.it Tainá de Paula, la segretaria all’Ambiente e al clima della prefettura di Rio de Janeiro, ma anche architetto e urbanista all’Università federale di Rio de Janeiro. L’attivista di lotte urbane ha annunciato l’ambizioso progetto per ricostituire la foresta atlantica nelle favelas carioca che assediano il parco della Tijuca e della Pedra Branca che, congiuntamente, rappresentano la più grande foresta urbana del mondo. “Si tratta – sostiene Tainá – di riforestare le favelas e non piantare solo alberi”. Anche Thiago Nascimento, il fondatore della Ong LabJaca, parla d’ingiustizia climatica e razzismo ambientale, dato che il principale segmento della popolazione colpita dai disastri ambientali è povera e di origine afrobrasiliana. “Le favelas sono state sempre studiate, ma noi offriamo oggi soluzioni agli studiosi. Bisogna smettere di vedere le comunità come se fossero solo un problema. Oggi vogliamo essere interpreti dei cambiamenti in corso e in questo senso vediamo Climate Hub un’occasione per farlo”, ha sottolineato Nascimento.