I bambini deportati dall’Ucraina alla Russia sono un crimine di guerra. Ed è per questo motivo che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto contro il presidente russo Vladimir Putin ritenuto “responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia”. È la stessa corte a comunicare la decisione. Oltre a Putin, un altro mandato di arresto è stato spiccato nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino. I reati sarebbero stati commessi nel territorio occupato ucraino almeno a partire dal 24 febbraio 2022 ovvero dall’inizio dell’invasione russa. “Una decisione storica – commenta il procuratore generale dell’Ucraina, Andrij Kostin – Sono personalmente grato al procuratore della Cpi Karim Khan per questa storica decisione. Continuiamo la stretta collaborazione con la Cpi nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini. Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1000 pagine di prove già condivise con la Corte”, ha scritto su Twitter. Una decisione, quella della Cpi, che contribuisce ad alzare ulteriormente la tensione tra Mosca, che non ne riconosce l’autorità, e il blocco occidentale, anche alla luce delle ultime dichiarazioni arrivate dalla Casa Bianca che si dice contraria a un cessate il fuoco in questo momento perché “ratificherebbe le conquiste militari della Federazione” nel Donbass.
L’indagine – Khan, magistrato britannico, aveva aperto un’indagine su possibili crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio in Ucraina, circa un anno fa. Negli ultimi 12 mesi ha effettuato tre viaggi in Ucraina e ha visitato siti di presunti crimini di guerra. “I giudici hanno esaminato i documenti e le prove raccolte dal procuratore e hanno stabilito che c’erano accuse credibili contro queste due persone. La Cpi sta facendo la sua parte di lavoro, i giudici hanno emesso i mandati d’arresto. La loro esecuzione dipende dalla collaborazione internazionale” ha dichiarato in un video il presidente della Cpi, giudice polacco Piotr Hofmanski annunciando la decisione odierna della II Camera preliminare.
Le reazioni – “Le decisioni della Corte Penale internazionale non hanno significato per il nostro paese, anche da un punto di vista legale” ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova, ricordando, come aveva già fatto il portavoce del Cremlino tre giorni fa, che Mosca non ha aderito allo statuto e quindi non ha nessun obbligo nei suoi confronti. “La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto contro Vladimir Putin. Non c’è bisogno di spiegare DOVE dovrebbe essere usato questo documento” scrive su Twitter il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, aggiungendo un emoji della carta igienica. “La ruota della giustizia sta girando: plaudo alla decisione della Corte penale internazionale di emettere mandati di arresto per Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova per il trasferimento forzato di bambini ucraini. I criminali internazionali saranno ritenuti responsabili del furto di bambini e di altri crimini internazionali” scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.
I dati sui bambini – I numeri sono incerti ma lo scorso dicembre Kiev denunciava che sono 13mila i bambini allontanati dall’est del Paese. La Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sull’Ucraina aveva indicato che un “numero significativo” di bambini, in particolare provenienti dagli orfanotrofi e altre istituzioni, fosse scomparso nei territori occupati dalle truppe russe. E l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva espresso preoccupazione rispetto al fatto che i bambini potessero essere stati deportati in Russia con la forza per essere adottati, pur chiarendo che questa ipotesi – come il numero di minori coinvolti – non potesse venire confermata. Secondo un report della Yale School of Public Health almeno 6000 bambini ucraini sono portati in campi di rieducazione in Russia. Le strutture individuate dalla ricerca sono 43, di cui 7 nella occupata Crimea. “Molti bambini vengono riportati alle famiglie di origine, ma di molti altri non si sa se siano stati o meno riconsegnati”, si leggeva nel rapporto. Un sistema complesso, in cui i genitori ucraini forniscono formalmente il consenso per mandare i figli in queste strutture. Precisava il report: “I dati suggeriscono che molti dei consensi vengono dati sotto costrizione e sono quindi non validi”.
Sempre secondo il report i minori – trai pochi mesi e i 17 anni – in alcuni casi sono orfani, ma la maggior parte provengono da famiglie con scarse possibilità economiche e i genitori li affidano per potergli garantire la sopravvivenza. Una volta arrivati nelle strutture, molte delle quali prima del conflitto erano campi estivi, inizia il percorso. “Almeno il 78% dei campi sembra essere impiegato nella rieducazione dei bambini”, spiegano i ricercatori. “I minori sono esposti a rieducazione culturale, patriottica e militare”. Lezioni di storia e addestramento, libri e fucili. Lezioni per diventare patrioti russi. Non sono state però riportate denunce né è stata ritrovata traccia “di maltrattamenti, di abusi sessuali, o di violenza fisica”. Lvova-Belova ha affermato che 350 bambini sono stati adottati da famiglie russe e che più di 1.000 erano in attesa di adozione.
Il report – Nei giorni scorsi Human Rights Watch in un rapporto di 55 pagine denunciava che “la guerra in Ucraina ha avuto conseguenze traumatiche e devastanti per i bambini ospitati negli istituti di accoglienza, inclusi quelli trasferiti in modo coatto in Russia e separati dalle loro famiglie“. Secondo i dati del governo, l’Ucraina aveva più di 105.000 bambini negli orfanotrofi prima dell’invasione della Russia nel febbraio 2022, il numero più alto in Europa dopo la Russia. Quasi la metà erano bambini con disabilità, secondo l’Unicef, si ricorda nel rapporto. “I bambini ucraini che sono ospitati in istituti dell’era sovietica ora affrontano rischi estremi a causa della guerra” aveva affermato Bill Van Esveld, direttore per i diritti dei bambini di Human Rights Watch. “È necessario uno sforzo internazionale concertato per identificare e restituire i bambini che sono stati deportati in Russia, e l’Ucraina e i suoi alleati dovrebbero garantire che tutti i bambini che sono stati o rimangono negli istituti siano identificati e venga fornito loro sostegno per vivere con le loro famiglie e nelle comunità”.
Tre giorni fa il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dalla Tass, aveva ricordato che la Russia non riconosce la giurisdizione della Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi). È comunque improbabile che si arrivi a un processo poiché la Corte penale internazionale: la Russia non ha firmato lo statuto di Roma istitutivo del tribunale.