Attualità

L’influencer Alessia Ferrante morta per un sovradosaggio di anestetici durante un intervento di liposuzione: a processo il chirurgo plastico

di F. Q.

Alessia Ferrante aveva 37 anni quando nel pomeriggio del 10 aprile del 2020 è morta mentre si sta sottoponendo ad un intervento di chirurgia estetica, una liposuzione alle cosce. La donna, influencer con più di 100mila follower su Instagram, andò in arresto cardiaco a causa di quello che l’autopsia ha accertato esser stato un sovradosaggio di anestetici. Inutili tutti i tentativi di rianimarla. Adesso, a quasi tre anni di distanza dalla tragedia, la vicenda giudiziaria è a una svolta. il medico che la stava operando andrà a processo con l’accusa di omicidio colposo “per aver cagionato la morte della paziente Alessia Ferrante, agendo in violazione dei doveri di prudenza, diligenza, perizia, nonché inosservanza dei protocolli sanitari su di lui gravanti quale esercente la professione medica di chirurgo plastico”.

“I tempi della giustizia non sono certamente brevi ma li aspetteremo. Ciò che mi conforta, per quanto possibile, è che sarà accertata la verità dei fatti e l’opinione pubblica saprà cosa è accaduto”, ha commentato Renzo Ferrante, il papà di Alessia, al Corriere della Sera. La famiglia ha messo in luce agli inquirenti anche un altro aspetto poco chiaro della vicenda: la morte della 37enne si è verificata il 10 aprile 2020, in pieno lockdown, quando non erano consentite attività non urgenti, come l’intervento di liposuzione al quale si stava sottoponendo Alessia. Perché il Poliambulatorio Specialistico Reho M.D. di Monopoli era invece aperto? Il processo che dovrà fare luce sulla morte dell’influencer inizierà il 5 giugno del 2024, dinanzi alla Prima Sezione del Tribunale di Bari.

Riceviamo e pubblichiamo in data 20 marzo 2023.

Quali difensori del Dott.Francesco Reho, nel pieno esercizio del diritto di difesa, di seguito (e solo per tale ragione), al “singolare” spazio giornalistico dedicato ad un provvedimento che notoriamente non afferma la responsabilità dell’imputato, quale il “decreto che dispone il giudizio”, riteniamo doveroso formulare alcune considerazioni. La presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva (art.27 della Costituzione), recentemente riaffermata dal Dlgs n. 188/2021, non può essere un’opinione. Dare spazio mediatico-punitivo alla semplice verifica dibattimentale in ordine alla eventuale responsabilità dell’imputato -soprattutto per reati in cui l’evento è contro l’intenzione- significa violarla pesantemente oltre che inutilmente. Nel caso di specie poi, risulta colpita ingiustamente l’immagine di un professionista, e sempre in attesa che sia verificato ogni addebito a suo carico. Il Dott. Francesco Reho, sin dall’inizio di questa sfortunata vicenda, ha osservato, per rispetto di chi non c’è più (e non di certo per sua volontà), un pacato e liturgico silenzio. Evidentemente non è bastato per ottenere analogo atteggiamento, in attesa delle statuizioni dei giudici. Il contraddittorio fra le parti consentirà di valutare le cause di quanto accaduto e il grado di attenzione posto in essere dal professionista. Certo è, e va puntualizzato in replica e per amore di verità, che gli esami clinici svolti dai consulenti del pubblico ministero hanno accertato che il tutto si è verificato nell’ambito di un “utilizzo cronico di cocaina verosimilmente alla simultanea assunzione di alcol” da parte della paziente, elemento ad avviso della difesa assai rilevante per come poi gli eventi si sono drammaticamente evoluti. Chiediamo che il presente comunicato abbia diffusione analoga, per spazio e collocazione, agli articoli di stampa cartacei ed on line a cui si fa riferimento.

Avv.Roberto Eustachio Sisto
Avv.Italia Mendicin

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