È ripreso a Reggio Emilia il processo per il femminicidio di Saman Abbas. Nel corso della terza udienza davanti alla Corte d’assise, il procedimento per il padre Shabbar Abbas, detenuto in Pakistan in attesa di estradizione, è stato ufficialmente riunito al processo per gli altri quattro imputati. Imputati sono infatti, in concorso tra loro: i genitori, lo zio e due cugini con l’accusa di omicidio, distruzione di cadavere e sequestro della 18enne morta a Novellara il 30 aprile 2021 dopo essersi opposta a un matrimonio forzato con il cugino.

Secondo l’avvocato di Abbas, Simone Servillo, il padre vorrebbe essere presente. “Se fosse stato, in ipotesi, predisposto il videocollegamento, oggi Shabbar Abbas sarebbe qui”, ha detto a margine il legale Simone Servillo. “Uno deve fare anche i conti con le problematiche pratiche e concrete: è successo che i funzionari hanno chiesto, facendo perfettamente il loro mestiere, a Shabbar se intendesse o meno videocollegarsi. Ora, in quel frangente, Shabbar, non avendo contezza delle cose, ha chiesto tempo, dopodiché ha sciolto la sua riserva, solo che a quel punto non c’era più la possibilità tecnica di fare il videocollegamento. Però in questo non c’è un tentativo defatigatorio e anche grazie all’avvocato pachistano (che segue il padre in Pakistan, dove è in carcere, ndr), oggi posso dire che c’è l’oggettiva e dichiarata volontà di Shabbar di partecipare al processo e di raccontare, finalmente, anche la sua verità”. Nelle ultime ore era emersa una dichiarazione del padre della ragazza, che avrebbe negato il suo consenso a partecipare all’udienza di oggi, ma secondo quanto riferito in aula dal suo legale Shabbar Abbas avrebbe cambiato idea. “Oggi c’è una manifesta volontà da parte di Shabbar Abbas di essere presente”, ha detto ancora Servillo, “tant’è vero che la mail inviata dal collega pachistano dice chiaramente di partecipare e, addirittura, all’udienza di ieri in Pakistan lui ha dato il consenso ma, disgraziatamente, come dice il collega, non c’era nessuno a rappresentare l’autorità italiana. Questo è quanto scrive il collega pachistano”.

Intanto, questa mattina, è stato ascoltato come testimone il maresciallo dei carabinieri Pasqualino Lufrano, che ha ricostruito la vicenda, riferendo di aver saputo per la prima volta di Saman Abbas il 12 giugno 2020, quando il padre si sarebbe presentato in caserma per denunciarne la scomparsa parlando di un suo allontanamento volontario. Saman, poi, sarebbe stata sentita poi dai carabinieri il 28 giugno 2020 e, in base a quanto ricostruito durante la testimonianza, la giovane non avrebbe avuto, in quel periodo, il consenso a utilizzare un proprio telefono cellulare, perché il padre non voleva dato che lei aveva avuto, in precedenza contatto con estranei. Durante le ricostruzioni, è stata menzionata anche una testimonianza scritta di Saman Abbas, che avrebbe parlato di maltrattamenti in famiglia da parte del padre.

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