Luca Zaia, governatore leghista del Veneto, finisce nel mirino delle contestazioni a causa della decisione del consiglio regionale di creare a Padova un centro pubblico per l’assistenza di persone con disturbi di identità di genere. Si tratta di un centro regionale per ottenere il cambio di sesso. Giorni fa Zaia, che non sempre è apparso in linea con la Lega sui temi dei diritti, aveva definito questa apertura “una scelta di civiltà”. La risposta dei tradizionalisti, con chiara matrice di estrema destra, è arrivata sotto forma di un manifesto piuttosto provocatorio, affisso in diverse città del Veneto, firmato da CasaPound. In primo piano una riproduzione grafica del ritratto del governatore. Sullo sfondo un sole che incornicia una falce e martello, il simbolo del comunismo. In controluce i profili di due chiese con la croce. Il messaggio è chiaro: Zaia ha sposato teorie di apertura sull’identità di genere che contrastano con la morale tradizionale cristiana e strizzano l’occhio ai temi classici cavalcati dalla sinistra.

È un accostamento evidente al disegno di legge di Alessandro Zan, deputato del Partito Democratico ed esponente del movimento Lgbt. Zaia ha recentemente dichiarato in una intervista: “Io sono amministratore di tutti, al di là del censo, dell’orientamento sessuale, della fede religiosa o del colore della pelle. Chi non la pensa così non è degno di fare l’amministratore e si trova al posto sbagliato. E penso soprattutto che il compito della politica non sia limitare le libertà, ma garantirle”. I manifesti sono apparsi anche a Treviso, dove era atteso il leader leghista Matteo Salvini, vicepresidente del consiglio e ministro alle Infrastrutture. Incalzato dai giornalisti, Salvini è apparso piuttosto freddo nei confronti della scelta del collega di partito che governa il Veneto. “Ci sono altre priorità. In sanità ci sono urgenze ed emergenze che mi sono ben chiare. Per quanto riguarda il cambio del sesso non ho elementi per rispondere”. Poi ha aggiunto: “Luca è un grande governatore, ma siamo in democrazia e io di attacchi ne ricevo una trentina al giorno”.

Ha raffreddato anche gli ardori di Mario Conte, sindaco di Treviso, che ha ritenuto giusto iscrivere all’anagrafe i figli delle famiglie omogenitoriali. In questo caso è stato ancora più netto: “L’amore è bello, libero e sacro, ognuno ama chi vuole, ma non si metta in discussione che la mamma è la mamma e il papà è il papà. Un bambino viene al mondo se ci sono una mamma e un papà e viene adottato se ci sono una mamma e un papà. Poi uno si veste e traveste come vuole”. Ha poi ribadito che il tema dei diritti non è un argomento del programma della Lega. “Sono accanto ai sindaci nelle loro opere quotidiane. Per me le priorità sono lavoro, infrastrutture, un servizio sanitario sempre più efficiente. Ma se qualcuno mette in discussione la famiglia, come la Costituzione prevede, e la Costituzione non l’ho scritta io… Ognuno è libero, ma aprire l’anticamera a pratiche secondo me abominevoli come l’utero in affitto è fuori dal mondo. Un bambino non si seleziona su internet, non si compra o vende”.

Intanto è scesa in campo anche l’Associazione Family Day, contestando Zaia e il centro per il cambio di sesso. “Tale provvedimento non può essere considerato una scelta di civiltà dal momento che non risponde alle reali necessità dei Veneti, oggi alle prese con ben più gravi mancanze sanitarie (medici di base). Sottolineandone l’inopportunità, si fa presente che la maggioranza dei Veneti ha appoggiato la volontà di realizzare un’autonomia regionale perché le risorse vengano gestite per il bene di tutti, non a vantaggio di pochi”. Un attacco diretto: “Lascia amareggiati constatare il voto favorevole dell’intera Giunta del Veneto, in particolar modo di coloro che hanno sempre dichiarato di sostenere l’inviolabilità della dignità umana in ogni sua declinazione tentando, ora, di giustificare l’ingiustificabile”.

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