Cultura

“Cutro? Si aiuti anche il mio Paese con ingressi legali”: l’intervista a Zarifa Ghafari, l’afgana che combatte per i diritti delle donne

Nel suo libro Zarifa – La battaglia di una donna in un mondo di uomini, edito da Rizzoli, la 29enne, ex sindaco di un paese di montagna afgano, racconta la sua vita sotto le occupazioni russe, statunitensi e i regimi talebani degli ultimi decenni. E spiega a FQMagazine:  “La CIA è coinvolta fin dagli anni settanta nelle vicende politiche del mio paese. Gli Usa? Impegnati in Iran, in Ucraina e in molti paesi sempre per il “bene” degli altri, ma rimangono un punto interrogativo per tutti”

di Davide Turrini

La vedi così esile e sovrastata da terrificanti omoni in tenuta militare, barbuti, imponenti, minacciosi. Invece lei, Zarifa Ghafari, una giovane donna afgana diventata sindaco dal 2019 al 2021 di un paesino di montagna, Maidan Shahr, nella provincia centro orientale di Vardak, è una specie di tornado fisico e politico, intellettuale e dialettico, in mezzo ai truci talebani. Tre tentativi di omicidio subiti, il padre probabilmente ucciso dai talebani, il sempiterno fastidio che spesso si tramuta in vera e propria ostilità, se non addirittura in persecuzione, per il solo fatto di essere donna: a viso scoperto, senza figli (e senza volontà di farne), responsabile di decisioni politiche pubbliche che mettano in primo piano i diritti delle donne. Ghafari racconta la sua storia in un libro: Zarifa – La battaglia di una donna in un mondo di uomini (Solferino), una biografia aspramente gioviale, franca, diretta, filtrata attraverso la tragica e mirabolante storia recente dell’Afghanistan.

Zarifa è del 1994, ma per capire l’Afghanistan odierno, l’autrice allarga la visione storica agli anni settanta, al susseguirsi di colpi di stato, occupazioni, e perfino guerre internazionali. Fino all’epilogo della fuga degli americani nell’agosto del 2021 con il ritorno del regime talebano. Zarifa evoca l’infanzia durante la teocrazia del mullah degli anni novanta, quando le donne non potevano andare a scuola o all’università né uscire di casa, e le persone guardavano di nascosto vecchi film in vhs proibiti dal governo. Il libro di Zarifa – in tour in Italia dal 23 al 31 marzo 2023 – ripercorre efficacemente tutte queste tappe, pennellate di vita in clandestinità e desiderio di rivalsa in balia dei pruriti delle superpotenze mondiali. Al centro lei: accanita e attiva realizzatrice di iniziative che emancipino le donne da una condizione di semi schiavitù. E infine, anche quando la giovane sindaca si ritrova di nuovo con i talebani sull’uscio, gli americani in fuga, eccola riparare momentaneamente in Germania e subito dopo ritornare in patria: “A prescindere da chi lo governa, l’Afghanistan è per sempre casa mia”.

Ghafari, in un paese economicamente povero come l’Afghanistan come si coniugano la lotta materiale per la sopravvivenza con l’affermazione dei diritti della donna?
È qualcosa che è sempre stato fatto attraverso l’emancipazione economica delle donne a partire dalle zone rurali. Si può realizzare fornendo una formazione professionale ed educativa alle donne ed è così che sto aiutando questa grande causa in Afghanistan attraverso la mia ONG.

Nel libro scrive che uno dei tanti stereotipi femminili legati all’Islam è quello che la donna vale solo se fa tanti figli. Anche nell’Occidente laico non verrà imposto in modo così drastico ma permane il pregiudizio che una donna senza figli sia qualcosa di socialmente strano: qual è la prima mossa per cancellare questo pregiudizio negli stati teocratici e in quelli occidentali?
Penso che più le donne sono responsabilizzate, istruite e più gli uomini sono istruiti sui diritti delle donne e sulle questioni relative al parto, più possiamo aiutare questa causa. Soprattutto quando si tratta di affrontare il caso di donne senza figli. In questo caso è necessaria un’idea di grande consapevolezza collettiva orientata da organizzazioni femminili, in particolare sanitarie-governative. Perché più persone capiscono perché le donne non sono in grado di dare alla luce un bambino, più possono aiutare a risolvere il problema invece che denigrarle.

Sulle occupazioni straniere sulla sua terra lei non fa sconti a nessuno, ma visto il particolare momento storico, e la fuga del 2021, vorremmo avere un suo giudizio politico sull’intromissione statunitense nelle faccende politiche ed economiche del suo e degli altri paesi nel mondo.
Qualunque cosa sia successa nel mio paese, la CIA è coinvolta direttamente da decenni. Da Kabul ci arrivano notizie, non confermate ufficialmente, che la CIA è ancora presente nella base di Bagram. Questo mostra quanto drammaticamente il governo degli Stati Uniti, attraverso l’interferenza diretta dell’intelligence, sia stato coinvolto non solo negli avvenimenti accaduti negli anni ’80, ma in tutto quello accaduto dopo e fino ad oggi in Afghanistan. Gli Stati Uniti sono venuti in Afghanistan per propria volontà e ci hanno venduti, lasciandoci da soli, ai nostri nemici il 15 agosto 2021. Ora gli Usa sono impegnati in Iran, in Ucraina e in molti altri paesi sempre per il “bene” degli altri. L’impegno degli Stati Uniti rimane però un punto interrogativo per tutti in ogni angolo del mondo; un impegno che non credo sia mai stato orientato dalla loro volontà di umanità e di sicurezza nel mondo, bensì, con grande ineleganza, per a favore del loro volere politico ed economico.

Nel libro suggerisce che oggi i talebani cercano di mostrarsi agli occhi dei media presenti in Afghanistan in maniera meno oscurantista che in passato: cosa significa questo atteggiamento verso l’esterno? Qualcosa sta cambiando?
Nulla è cambiato ma i talebani stanno facendo pressioni sul mondo usando questo falso atteggiamento sui diritti delle donne, sulla loro istruzione e sicurezza per ottenere un riconoscimento de facto del loro governo. Così quei paesi nel mondo che credono al cambiamento dei talebani rendono noi afgani degli stupidi.

Nei giorni scorsi l’Italia è diventata tristemente famosa per i migranti morti in mare a Cutro. Come considera il fenomeno migratorio dal suo paese verso l’Occidente e come possiamo prevenire tragedie di questo genere negli anni a venire?
Per fermarle dobbiamo comportarci in modo umano nei confronti del popolo afgano. Il mondo, che ha aperto legalmente le porte recentemente al popolo ucraino, deve aiutare anche gli afgani con azioni ed interventi legali. Gli afgani affrontano pericoli per la loro vita e il futuro dei loro figli perché fuggono da un gruppo estremista, dalla guerra e dal terrore. L’Afghanistan è un paese povero che necessita di aiuti umanitari dalla comunità internazionale. Nessuno nel mio paese vuole o ama diventare un rifugiato. Certo è che concedere loro rifugio sicuro è un gesto di aiuto necessario e di grande umanità.

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