Mai come in questa Regione l'arrivo al vertice della nuova leader dem scompagina i piani: qui lo sfidante alle primarie era dato per vincente da tutti e ogni previsione non aveva tenuto conto della sconfitta. Sembrava tutto già deciso anche per le Europee (compresa la modifica dello statuto per permettere la corsa del governatore), ma ora potrebbe essere tutto da rifare
Un Pd unito, guidato da Elly Schlein e Stefano Bonaccini. È la “lieta novella” che circola dalla notte delle primarie del 27 febbraio che hanno incoronato la segretaria dem con il 53,8%, mentre lo sfidante si è fermato al 46,2%. Un risultato che ha lasciato smarrito l’establishment emiliano-romagnolo, quasi interamente sostenitore di Bonaccini. L’Emilia-Romagna, però, si sa, è terra di resilienza, così un minuto dopo, tutti i dem (o quasi) hanno iniziato a parlare della necessità di essere uniti. A formalizzare l’unità anche sulla carta, è stata la prima direzione nazionale dem che ha ufficializzato il ruolo di presidente per Bonaccini e assegnato scranni in percentuale equilibrata tra chi sostiene Schlein e chi Bonaccini in Emilia-Romagna, molti bolognesi.
Ma uscendo dalla realtà disegnata a tavolino, in Emilia-Romagna, quello che si agita dietro le quinte è un partito esattamente diviso a metà. E un partito che, in una Regione dove la quasi totalità degli amministratori era schierato con Bonaccini, ora deve ribaltare tutte le logiche seguite finora. Il quadro appare appunto spaccato: solo 82mila voti, infatti, dividono i due contendenti delle primarie. Troppo pochi per una maggioranza solida e per far mettere l’anima in pace ai bonacciniani. E se il presidente appare perfettamente sereno, e appariva tale anche a cinque minuti dalla sconfitta, lo stesso non si può dire dei sostenitori. “C’è molta tensione” spiegano i dem a taccuini rigorosamente chiusi, perché nessuno osa mettere in piazza una contronarrazione della pace ritrovata. “C’è una confusione diffusa in entrambe le correnti – raccontano – : i bonacciniani sono agitati, non sanno in cosa si trasformerà il partito e, soprattutto, si chiedono cosa comporterà questa unità. I sostenitori della neosegretaria sono euforici ma anche smarriti, soprattutto nei circoli, perché comunque, in Emilia-Romagna, i sindaci e gli amministratori, a parte Matteo Lepore a Bologna, sono bonacciniani”. C’è molta preoccupazione anche da parte dell’ala più riformista – che teme un’eccessiva convergenza col M5s – e di quella cattolica, in ansia per le posizioni di Schlein sui diritti che ritiene troppo audaci. In più, visto che l’unità è ormai diventato il faro che deve guidare il Pd, a Bologna la minoranza riformista, esclusa da due anni sia dal Comune che dal governo del partito, chiede che l’unità si pratichi davvero. In questo senso, è arrivato un segnale d’apertura dal parlamentare Andrea De Maria che ha condiviso il tema con il sindaco Lepore.
Insomma, la situazione attuale è complessa, ma la nomina della neo-segretaria manda all’aria soprattutto i piani per il futuro che erano stati previsti quando si dava per scontata la vittoria di Bonaccini. In politica, infatti, si ragiona sul lungo periodo e, anche se le prossime elezioni regionali sono nel 2025, circolano già, nei corridoi del Pd, i nomi di chi ha intenzione di correre per la presidenza e hanno sostenuto tutti Bonaccini alle primarie. I candidati più papabili sono: la vicepresidente dell’Emilia-Romagna, Irene Priolo; Elisabetta Gualmini, europarlamentare Pd ed ex vicepresidente della Regione; la sindaca di San Lazzaro di Savena, Isabella Conti, già sfidante del sindaco Matteo Lepore alle primarie e l’assessore regionale Andrea Corsini. Ora, però, le loro candidature ballano, perché la segreteria nazionale, da sempre, influisce in modo importante sulla rosa dei nomi e Schlein potrebbe proporre al loro posto, secondo le valutazioni di molti dem, una figura civica di peso, attiva nella difesa dei diritti o della legalità.
Cambia anche il mosaico delle Europee dell’anno prossimo. Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, confermano dem a lui vicini, si candiderà e ambisce alla posizione di capolista della circoscrizione del Nord-Est. Ma come può correre per le Europee se fino al 2025 sarà governatore? In pochi si sono accorti che, a maggio del 2022, l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ha approvato una modifica dello Statuto che permette al vicepresidente di prendere il posto del presidente nei casi di impedimento di quest’ultimo, senza che cada la Giunta e si debba andare a elezioni, come accadde nel 2014, quando Vasco Errani fu indagato nell’ambito della vicenda ‘Terre Emerse’ e si dimise (fu poi assolto in appello nel 2016). Bonaccini può quindi volare in Europa, lasciando la Regione nelle mani della sua vice Priolo. Con lui, potrebbe sedere in Europarlamento il consigliere regionale Antonio Mumolo, sostenitore della primissima ora di Schlein, che vede ora aumentare le sue chance. Così, come si aprono nuovi orizzonti per altri due consiglieri, Stefano Caliandro e Roberta Mori, che la neosegretaria ha voluto in direzione nazionale. Il primo, alla sua seconda legislatura con Bonaccini, potrebbe finalmente vedere realizzato, nella prossima Giunta, il desiderio di diventare assessore, mentre Mori potrebbe tentare la corsa a sindaca di Reggio Emilia, che andrà alle urne nel 2024. Sono molte le città importanti dell’Emilia-Romagna che voteranno l’anno prossimo, tra cui Modena, Ferrara, Forlì e Cesena, e la nomina di Schlein, con ogni probabilità, rimescolerà le carte di tutte le candidature.