Sarà un fine settimana ricco di proposte cinematografiche. Ma è sempre bene tirare fuori un campione variegato per farsi un’idea della proposta e dei tempi che viviamo. Almeno vedendoli riflessi sul grande schermo.
Così salta fuori come un fulmine a ciel sereno questo film pregevole egiziano che ci racconta il patriarcato e la condizione femminile in un paese con un fortissimo gap tra le classi povere e quella ricca. Sembra un paese appena uscito da una guerra lo scorcio d’Egitto scalcinato ritratto dal regista Omar El Zohairy con il suo Il capofamiglia. Muri scrostati di case polverose dai pochi e vecchi mobili, bambini in canottiera che piangono sui letti e madri indaffarate nelle faccende casalinghe. Gli uomini lavorano, fanno i loro piccoli affari per tirare avanti, e di tanto in tanto fanno festa tra danze e riti a metà tra scaramanzia e sacralità. Va così che questo padre di famiglia entra in una cassapanca ma ne esce un pollo.
Surreale e dall’incipit inizialmente da commedia nera, questo piccolo affresco sociale tratteggia un Egitto ferito nel profondo da lotte intestine, decenni di governi militari, siccità e disparità di genere fortissime. Tutto incasellato in una burocrazia stringente ma con un linguaggio delle immagini a suo modo molto poetico, sul grande schermo si fa allegoria a sfondo tragico. La protagonista Demyana Nassar è la moglie di quest’uomo tramutato in pollo, e la sua espressione di donna che pur sottomessa lotta contro i suoi mulini a vento stravolgendo la sua vita completa il valore di questo film in sala dal 16 marzo e distribuito da Wanted.
Un melting pot tra un’Inghilterra solare e la colorata India: What’s love, commedia sentimentale dove una filmmaker, Lily James, decide di girare un documentario sul suo (migliore) amico d’infanzia, il vicino di casa Shazad Latif, che pur vivendo da anni nella modernissima Inghilterra con la sua famiglia decide fedelmente di farsi trovar moglie dai genitori. Così si esplora, seppur in maniera edulcorata, ma spassosa e senza troppe stucchevolezze, un fenomeno culturale fondante di tante culture, non solo asiatiche, che si è antropologicamente adattato ai tempi restando in piedi: il matrimonio combinato.
Vera e propria meraviglia che val da sola il prezzo d’un biglietto è Emma Thompson, qui madre della protagonista. Frivola e radical chic, sfoggia sorrisi e danze punjabi trasformando il suo personaggio, apparentemente superficiale, che in tante avrebbero trasposto come un’oca stagionata o poco più. Lei rende questa madre fortemente empatica, leggera e briosa seppur cosciente delle difficoltà che la vita spesso impone.
Al primo giorno in sala, dal 16 marzo con Lucky Red, inizia il suo cammino dalle nostre parti in nona posizione il film diretto da Shekhar Kapur. Con all’attivo titoli come New York, I love you, Elizabeth: The Golden Age e Le Quattro Piume, Kapur si conferma come regista molto tecnico e dalla forte predilezione estetica e commerciale, trasversale nel suo sguardo e capace di dipingere la cultura del proprio paese per esportarla positivamente all’estero. Per i detrattori magari solo uno spottone. Non un capolavoro d’accordo, ma questa sua è un’opera d’intrattenimento indubbiamente ben confezionata per due ore senza troppi pensieri.
Di pensieri ne ha invece veramente pochi e malmessi Shazam: la furia degli Dei. O furia di chi, sventurato, lo guarderà. Trattasi del sequel del cinecomic sul ragazzino divenuto Campione, supereroe per caso, edito originariamente da DC Comics, quindi legato e Superman, Wonder Woman & Co. Il problema è più o meno tutto. Shazam e i suoi amici stavolta dovranno affrontare ben tre dee greche: Lucy Liu, Helen Mirren e Rachel Zegler. Ok per le ossa che si sta facendo quest’ultima, brava e giovanissima futura Biancaneve con già uno Spielberg e un Golden Globe all’attivo, perché anche filmacci del genere un po’ aiutano, quantomeno cachet e followers. Ma artiste come Mirren e Liu sono francamente troppo, dorate presenze immeritate per un film scritto talmente tanto coi piedi che pure certe scene scolastiche semplicissime su bullismi contro un ragazzino claudicante riescono male.
Questo scempio in calzamaglia in due ore suonate e tonnellate di effetti milionari non riesce a lasciare una, che sia una, immagine iconica nella memoria dello spettatore, pur sfoggiando unicorni dark (unica trovata un minimo originale). Però è primo nella nostra top ten di botteghino, al cinema dal 16 marzo, quindi per ora ha la ragione economica. Vedremo che succederà in America, dove esce venerdì 17.