Stai sereno. E’ cambiato tutto e non cambierà nulla, forse. È uscita ieri l’ultima versione del programma d’intelligenza artificiale ChatGPT, la versione 4. L’ho provata. Non perché sia curioso, ma perché sono stanco di chi butta là un’opinione su tutto senza avere esperienza di niente. Peraltro un’abitudine diffusissima sui social e nei commenti ai post dei giornali online.
L’uscita di ChatGPT4 rende ancora più semplice ridurre la fatica della ripetizione che è presente nei lavori intellettuali e, in parte, anche quelli creativi. Ogni volta che saremo chiamati a svolgere un compito intellettuale diventerà un’abitudine chiederci: faccio prima a farlo io o a farlo fare a “lui”? Esattamente come quando i nostri alunni ci chiedono di poter usare la calcolatrice e noi glielo neghiamo arrampicandoci sugli specchi per trovare una motivazione. La calcolatrice non ci fa diventare più intelligenti. Ma, certo, se la usiamo male ci fa diventare più stupidi, più incapaci di utilizzare competenze logiche e di astrazione importanti.
A un impiegato e a un manager, che risparmia tempo nell’esecuzione di un compito o nella redazione di un documento, qualcuno chiederà conto di come l’ha scritto o di “chi” l’ha scritto? Anche la calcolatrice, però, può essere utilizzata per risparmiare tempo e utilizzare il cervello umano per sviluppare livelli di comprensione più profondi e meno artificiali. L’Ai ci mette di fronte alla scelta di accontentarci della mediocrità oppure cercare di tirar fuori il meglio da noi. La personalizzazione degli apprendimenti. Era pensabile ieri la personalizzazione dell’esperienza di apprendimento in una classe di 25-30 alunni scalmanati? No. Da oggi si può fare, grazie all’Ai. Sia che pensiamo il meglio o il peggio dell’Ai.
E se una cosa si può fare si farà. Non ci vuole un astrologo per prevedere che la scuola tra pochi anni non sarà per niente simile a quella che abbiamo conosciuto finora e che è già molto diversa da quel che è stata fino a pochi anni fa. Non dipenderà da quel che deciderà un ministro piccolo e sbagliato, ma dalla comodità di questi strumenti. Un ministro che ha già dichiarato che con l’intelligenza artificiale il futuro dell’istruzione è la personalizzazione dell’intervento didattico. A conferma di questo è già in essere l’integrazione dell’intelligenza artificiale con la Khan Academy, uno dei più grandi erogatori di corsi online al mondo. Da qui a entrare in classe il passo è brevissimo. Lo sanno bene gli insegnanti che da anni utilizzano i contenuti della Khan Academy a supporto delle proprie lezioni.
Se è così possiamo credere che l’Ai lasci tutto come prima? Prima il Covid e la famigerata Dad, ora l’intelligenza artificiale scaraventano sulla scuola richieste inimmaginabili fino a ieri. Stai sereno, è la solita storia. Chiunque sia ancora convinto che questo sia “normale” o semplicemente l’ennesimo frutto dell’innovazione al servizio del mercato (è anche questo, certo) è il caso che cominci a chiedersi cosa intende per “intelligenza”.
Se l’ultima versione di ChatGPT4 ha superato i test standard in in medicina, matematica, statistica e avvocatura possiamo davvero stare tranquilli? È questo il messaggio che arriva dai tecnici e dalle aziende del settore. Qualcosa di simile a un “Stai sereno, l’intelligenza artificiale non comprende niente. Sono soltanto macchine che prevedono quale sarà la prossima parola adatta da inserire in un discorso”. Certo è così. Per ora, ma per quanto? L’ultima risorsa: attingere alla nostra umanità. Per evitare di soccombere all’Ai è necessario utilizzarla come strumento per potenziare le nostre capacità e sostenere il nostro sviluppo personale e collettivo.
Se pensiamo che la relazione fra docenti e alunni sia insostituibile dovremo provarlo sul campo. Perché se la differenza tra intelligenza artificiale e umana è la relazione tra le persone non potremo più nasconderci nascondendoci dietro le pagine di un libro, lo schermo della Lim o di contenuti e processi didattici inadeguati. Abbiamo un concorrente intelligente con cui possiamo commettere un solo errore: sottovalutarlo. Se cominciamo a utilizzarlo con circospezione forse saremo costretti a rivedere il nostro modo di relazionarci con noi stessi e i nostri alunni. Ma è un male? In un certo modo l’intelligenza artificiale ci richiede di utilizzare la nostra intelligenza emotiva al meglio. E no, questo non è scontato. Per niente. È difficile? A me pare impossibile non provarci.