Ci sono due date che commuovono intimamente chi l’ha amato e chi lo scopre oggi e non può far a meno di amarlo. La sua poesia diventata parola e musica è struggente e malinconica. Tocca l’anima, accarezza l’esistenza, scandaglia il turbinio dell’animo umano. È saggezza che a Napoli è la filosofia della sopravvivenza. È l’affidarsi, il darsi la mano, il sussurrare per lenire il dolore di dentro.

Il 19 marzo, giorno della sua nascita, del suo onomastico e della festa del papà, Pino Daniele avrebbe compiuto 68 anni. Ci ha lasciato quella maledetta notte del 4 gennaio di otto anni fa. Ci manca tanto. Sembra tutto così irreale. Pino è vivo lo stesso come lo è Massimo Troisi. Dovrebbe essere studiato a scuola, alle Università. Pino Daniele è stato ed è unico, non c’è nessuno come lui. La sua poesia fatta canzone è nutrimento. Sonda l’insondabile. Sostiene, accompagna, aiuta a districarsi in quel mare agitato del dare un senso alla vita. Accade e basta. Non c’è da meravigliarsi se don Pasquale Di Giglio, un sacerdote napoletano della parrocchia del Buon Pastore, in tempo di lockdown inventò ogni domenica un cartone animato per i bambini. Nel corso della terza domenica di Quaresima, dopo aver letto e prima di spiegare il passo del Vangelo secondo Giovanni estrae dalla tasca il suo smartphone. Il brano è il più spirituale di tutti i vangeli, riguarda la donna samaritana che è stata abbandonata da 5 mariti e convive con un uomo però non da sposata e quindi è additata ed emarginata dal popolo. Don Pasquale rivolto alla platea di fedeli annuncia a sorpresa: “Oggi mi sono detto, trovo una colonna sonora per la messa di stamattina e allora ho scelto una canzone di Pino Daniele: Je sto vicino a te, pecchè ‘o munno è spuorco e nun cercà ‘e sape’ meglio che duorme”.

E poi racconta: “Questa canzone, poesia, è il riassunto di questa pagina del Vangelo. ‘Je sto vicino a te, pecchè ‘o munno è spuorco’ è sussurrata alla samaritana perché sta distrutta dentro. I mariti l’hanno abbandonata, la gente la giudica. Lei si sente tutta la sporcizia del mondo addosso. Non vive più. Arriva a questo pozzo e spera di non trovare nessuno perché non vuole incontrare persone, né parlare con nessuno. È chiusa nella sua solitudine, nel suo dolore, nella sua vergogna, invece a quel pozzo c’è Gesù che la guarda e le chiede di dargli da bere. Lei sbalordita si rivolge a lui e dice: Che vuoi da me, tu che sei giudeo e parli con me che sono una donna e peccatrice”.

“Gesù con la simbologia dell’acqua viva è come le dicesse: ‘Je sto vicino a te, pecchè ‘o munno è spuorco’. Questa donna ha assaggiato il peggio del mondo e quando è arrivata da Gesù aveva paura di essere giudicata ancora e invece è stata accolta”. Mi è sembrato un gesto bellissimo, spontaneo, emozionante che meglio di qualsiasi omaggio fa sentire Pino Daniele vivo e contemporaneo. È vero, il tempo resterà, anche di fronte ad atrocità e l’indifferenza di Stato, ci sarà sempre Pino Daniele che con la sua poesia diventata parola e musica ci sussurrerà che dobbiamo restare umani. Alla fine Pino Daniele non è mai andato via dalle nostre vite e dalla sua Napoli.

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