Il caso a Roma. Il giudice ha ritenuto che non possa più essere contestato il delitto di false attestazioni per l'ottenimento del sussidio e che invece dovrebbe essere contestata un'altra fattispecie non indicata. Il sostituto ha sottolineato che la futura abrogazione della norma non comporta alcuna "abolitio criminis"
Rinviato a giudizio per aver preso il sussidio senza averne diritto, anzi no. Si vedrà, forse soltanto dopo il 2024, alla faccia della “ragionevole durata del processo”. Nuovo caos giudiziario dopo l’abrogazione della normativa sul reddito di cittadinanza da parte del governo Meloni. Il Messaggero di oggi riporta un’altra situazione a dir poco “confusa” che si è verificata a Roma qualche giorno fa, quando un pubblico ministero ha visto i suoi atti rimandati indietro dal giudice per aver contestato l’articolo 7 della legge del 2019.
Il giudice ha annullato la richiesta di rinvio a giudizio e ha invitato il sostituto a ipotizzare una fattispecie di reato “meno specifica”. Tuttavia, il sostituto si è rivolto alla Corte di Cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza, in quanto la legge è ancora in vigore. Il sostituto ha evidenziato come rispettare l’ordinanza del giudice lo costringerebbe a violare la legge e la Costituzione.
Il ricorso presentato dal sostituto procuratore Carlo Villani definisce l’ordinanza come “un atto abnorme che determina un’ingiustificata stasi del procedimento”. Il giudice ha ritenuto che non possa più essere contestato il delitto di false attestazioni per l’ottenimento del reddito di cittadinanza e che invece dovrebbe essere contestata un’altra fattispecie di reato non indicata. Il sostituto ha sottolineato che la futura abrogazione della norma non comporta alcuna abolitio criminis.
Il ricorso di Villani presenta tre alternative: violare l’articolo 15 del codice penale, qualificare il fatto come indebita percezione di erogazioni pubbliche, violare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo oppure riproponendo la richiesta di rinvio a giudizio contestando l’unico delitto contestabile alla data odierna.
Il pm ha sottolineato che l’ordinanza determina “la stasi ingiustificata e ingiustificabile” del provvedimento, e ha chiesto alla Corte di Cassazione l’annullamento del provvedimento. Il sostituto ha anche evidenziato che l’ordinanza impugnata ha introdotto nel codice di procedura penale una nuova causa di nullità che potrebbe definirsi nullità anticipata per abrogazione posticipata.