Trivulzio, classe 1940, conosciuto da tutti come "Pat", era un grande appassionato di auto e aveva un passato da pilota: aveva collaborato in passato con L'Espresso, La Notte, Il Giorno e l'Ansa, occupandosi soprattutto di motori. Non aveva figli o parenti prossimi e si era trasferito a Novara solo dopo la pensione. A dare l'allarme è stato un collega brianzolo, che non avendo sue notizie da tempo ha interessato le forze dell'ordine
Il corpo di Pier Attilio Trivulzio, giornalista milanese in pensione di 83 anni, è stato trovato senza vita in un appartamento del quartiere di Sant’Agabio, a Novara. Lo riferisce il Corriere della Sera. Il corpo, ormai mummificato, era sul pavimento da almeno sette mesi. Il decesso, avvenuto per cause naturali, secondo una prima ricostruzione risalirebbe infatti addirittura al mese di agosto. Per mesi nessuno si era accorto della sparizione di Trivulzio, che non aveva figli o parenti prossimi e si era trasferito a Novara solo dopo la pensione.
A dare l’allarme è stato un collega brianzolo, Marco Pirola, che non avendo sue notizie da tempo ha interessato le forze dell’ordine e pubblicato un messaggio sui social per chiedere sue notizie, a cui nessuno, però era stato in grado di rispondere. Trivulzio, classe 1940, conosciuto da tutti come “Pat”, era un grande appassionato di auto e aveva un passato da pilota: aveva collaborato in passato con L’Espresso, La Notte, Il Giorno e l’Ansa, occupandosi soprattutto di motori.
“Se ne è andato come aveva sempre vissuto. Un fantasma. Solo. Come del resto lo era stata la sua esistenza che per anni ha incrociato la mia. Me lo aspettavo. Ce lo aspettavamo. Però fa male”, scrive Pirola su Facebook. E racconta che l’ex collega era “sempre alla ricerca disperata di soldi. A volte dormiva sulle panchine di un parco pubblico o alla stazione. “Per essere sulla notizia” sussurrava arrossendo un poco perché noi e lui sapevamo quale fosse la verità che non voleva dire. Lui molto piu anziano di tutti era stato adottato dalla redazione, dall’editore e pure dal sottoscritto. Un giorno, già vecchio, si era presentato nel mio ufficio con un sacchetto di plastica. “C’è dentro tutto quello che mi è rimasto della vita”. Non scherzava. Era disperato ma manteneva una dignità assoluta”.