Dopo la decisione del presidente Emmanuel Macron di forzare e far passare il provvedimento senza il voto della camera bassa, fallito il tentativo delle opposizioni di far cadere l'esecutivo
In Francia, per soli nove voti, non è passata la mozione di sfiducia “transpartisan” che chiedeva la caduta del governo di Elisabeth Borne dopo il blitz sulla riforma delle pensioni. Il testo, presentato dal partito indipendente Liot e sostenuto da tutte le opposizioni (da destra a sinistra) non ha raccolto i 287 voti necessari. Bocciata anche una seconda mozione, presentata invece dal Rassemblement National di Marine Le Pen. Il leader de la France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, subito dopo il voto ha incitato le persone a protestare: “Quello che non è stato possibile raggiungere con un normale voto parlamentare, lo dobbiamo ottenere con le proteste, gli scioperi, le manifestazioni”, ha detto ai microfoni di Bfm tv. “Adesso è ora di passare a una sfiducia popolare”. I manifestanti hanno iniziato a radunarsi nella zona di Palais Bourbon e di place de la Concorde: sono stati segnalati scontri dopo che alcuni hanno tirato oggetti contro la polizia che aveva dato ordine di disperdere la manifestazione non autorizzata. In risposta, ci sono state diverse cariche e lancio di lacrimogeni. La situazione nella capitale francese si presenta molto tesa.
La mossa delle opposizioni è arrivata dopo la decisione del presidente Emmanuel Macron di far andare avanti la contestatissima riforma delle pensioni senza passare dal voto del Parlamento e quindi attivando il meccanismo previsto dall’articolo 49.3 della Costituzione. Una scelta che ha ulteriormente infiammato le tensioni sociali del Paese, in sciopero da settimane contro l’aumento dell’età pensionabile. Determinanti sono stati i Républicains che hanno deciso di stare con il governo, nonostante anche nell’ala moderata ci siano state defezioni. La premier, prendendo la parola in Aula, ha difeso il provvedimento e accusato i detrattori di “antiparlamentarismo”. Mentre leggeva il suo discorso i deputati della sinistra radicale (La France Insoumise) sono usciti dall’Aula. “Canti, urla, invettive, colpi sui banchi: ecco lo spettacolo al quale si sono abbandonati giovedì scorso certi deputati”, ha detto Borne in riferimento al dibattito in Aula di pochi giorni fa, quando l’opposizione ha intonato la Marsigliese impedendole di parlare. “Non è stato un fatto isolato, ma il parossismo di intere settimane in cui abbiamo visto l’antiparlamentarismo in tutte le sue manifestazioni”, ha detto. Poi, dopo il fallimento delle mozioni di sfiducia, ha detto di essere “determinata a continuare a portare avanti le trasformazioni necessarie”. “Sono determinata a continuare a portare avanti le trasformazioni necessarie al nostro Paese con i miei ministri e a consacrare tutta la mia energia a rispondere alle attese dei nostri concittadini”, ha dichiarato poco prima di recarsi all’Eliseo dal presidente Emmanuel Macron.
Il dibattito in Aula – A far pensare che in Aula potesse esserci un colpo di scena era stato il clima degli ultimi giorni e in particolare i sondaggi secondo cui i due terzi dei francesi si dicono contrariati dal governo. Il primo a prendere la parola in Aula è stato Charles de Courson, capolista di Liot, il piccolo partito centrista indipendente che ha presentato la mozione “transpartisan”. De Courson, nobile e alto funzionario dello stato poi diventato parlamentare, è uno dei primi e più accaniti contestatori della riforma delle pensioni. “Contrariamente a quanto affermato dal presidente della Repubblica – ha detto De Courson fra gli applausi – i francesi non lo hanno eletto per aumentare a 64 o 65 anni l’età legale per andare in pensione, molti di noi hanno votato per lui ‘per default'”. De Courson è di famiglia nobile, lontano erede di Louis-Michel Lepeletier de Saint-Fargeau, che nel 1793 votò per condannare a morte il re, Luigi XVI.
Contro le mozioni di censura è intervenuta invece la presidente del gruppo di maggioranza macroniano Renaissance, Aurore Bergé, e la sua voce è stata coperta a lungo da fischi e grida delle opposizioni. Molti i posti vuoti nell’aula parlamentare proprio al centro, sui banchi della maggioranza. I deputati di Renaissance, infatti, erano in gran parte assenti in quanto il loro voto non è necessario. Bergé si è scagliata, fra le grida, contro una “mozione di censura che vuole fermare il paese e punta a bloccarlo nelle piazze”. Ha poi ironizzato sulle mire di un presunto “governo comune” di chi oggi vota insieme contro il governo: “Dovrebbero spiegare che governo preparano – ha detto – con Charles de Courson, Marine Le Pen, Mathilde Panot e Aurélien Pradé”. I deputati del Rassemblement National hanno poi denunciato “il marasma” dell’esecutivo a trazione macronista, “impantanato” sulla contestata riforma delle pensioni. In aula, la deputata lepenista, Laure Lavalette, ha inoltre invocato una “dissoluzione” dell’Assemblea Nazionale.
Subito dopo ha preso la parola la deputata de la France Insoumise Mathilde Panot: “Anche l’imperatore Caligola è stato sconfitto. Dopo essersi guardato allo specchio. Che Emmanuel Macron contempli il suo riflesso. Potrà presto scorgervi la sua caduta”, ha dichiarato. In aula a Parigi, la parlamentare della gauche ha inoltre dichiarato che “il desiderio di battere Macron e la sua riforma è divenuto contagioso”. Poi, rivolgendosi alla premier, Elisabeth Borne, ha detto “poco importa l’esito di questa mozione di censura. Avete già perso. Per molti, il vostro governo è già morto”.
Poco prima del voto, la premier Borne aveva invitato diversi ministri per un pranzo di lavoro a Palazzo Matignon, equivalente parigino di Palazzo Chigi. Il pranzo, precisa un consigliere dell’esecutivo, aveva l’obiettivo di mostrare che i ministri “sostengono” la capa del governo in questa prova. Intervistato questa mattina da France Info, il ministro dei Trasporti, Clément Beaune, aveva detto che nonostante la protesta sociale che infuria nel Paese, Borne “può e deve restare al suo posto. E’ una donna, una responsabile politica, di cui abbiamo bisogno nei prossimi mesi alla guida del governo della Francia”. Ieri sera Emmanuel Macron, che in caso di sfiducia e caduta del governo avrebbe dovuto sciogliere le camere, aveva scritto una lettera in cui auspicava che la riforma potesse arrivare “in fondo al suo percorso democratico”. Le opposizioni erano pronte a tutto: Marine Le Pen aveva promesso a tutti i Républicains che, se avessero votato la sfiducia, in caso di scioglimento delle camere e nuove elezioni non avrebbe presentato candidati concorrenti nelle loro circoscrizioni. All’estrema sinistra, i sindacati e Jean-Luc Mélenchon hanno continuato a ribadire che la mobilitazione sarebbe continuata in ogni caso, anche se il governo non cadrà questo pomeriggio.
Gli scioperi – Le proteste vanno avanti da settimane. Oggi è stato segnalato anche che numerose stazioni di servizio del sud-est della Francia sono colpite dalla penuria del carburante. Secondo dati consultati dalla France Presse, la situazione nel resto del Paese sembra invece globalmente stabile. Oggi, alle 10:30 del mattino, circa l’8% delle stazioni di servizio del Paese erano a corto di benzina o gasolio. Numerosi dipartimenti vivono una situazione più preoccupante dovuta, secondo un sindacato di categoria, ad una sorta di effetto “panico” legato all’appello di diversi leader sindacali a fare il pieno di benzina.