È un asteroide di circa 60 metri ed è destinato a passarci molto vicino già nei prossimi giorni. Il suo nome è 2023 DZ2 e sebbene non porti con sé rischi per la Terra in questa sua prossima visita, non altrettanto sembrava per il 2026, quando una – seppur assai limitata – possibilità sembrava esserci di un impatto con il nostro pianeta. Fortunatamente pericolo scampato: un aggiornamento di analisi da parte della Nasa ha portato a ridurre praticamente a zero i rischi di un evento catastrofico. Allo stato per la precisione, il Sentry: Earth Impact Monitoring del Center for Near Earth Object Studies (CNEOS) del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, riporta i seguenti dati per un rischio di impatto con 2023 DZ2 per il 27 marzo 2026, la data in relazione alla quale si supponeva sussistesse qualche rischio: 0,0000026 per cento di possibilità di impatto con la Terra; 1 su 38.000.000 di probabilità di impatto; 99,9999974 per cento di probabilità che l’asteroide manchi la Terra.
2023 DZ2 è molto più grande di quasi tutte le altre rocce mai trovate a “passeggiare” all’interno dell’orbita della Luna. È comune vedere asteroidi che misurano pochi metri di diametro avvicinarsi alla Terra e persino colpire la nostra atmosfera una o due volte l’anno, ma questo è davvero uno rilevante. È abbastanza largo che quando arriverà entro 173.000 chilometri dalla Terra il prossimo 25 marzo, potrebbe essere sufficientemente grande e luminoso nel cielo notturno per essere visto con un binocolo. Da qui l’allarme, ora cessato, circa la sua potenziale collisione con la Terra tra tre anni. Se 2023 DZ2 sembra non destare più preoccupazione, non altrettanto si può dire per gli asteroidi in generale, come dimostrano i risultati di un recente studio, secondo il quale le probabilità che la Terra venga colpita da un grande asteroide sono più alte di quanto si pensasse in precedenza.
James Garvin, capo scienziato del Goddard Space Flight Center della Nasa, e primo autore dello studio ha presentato il lavoro la scorsa settimana alla Lunar and Planetary Science Conference . Utilizzando un nuovo catalogo di immagini satellitari ad alta risoluzione, Garvin e i suoi colleghi hanno identificato grandi anelli attorno a tre crateri da impatto. Per Garvin, gli anelli implicano che i crateri sono più larghi di decine di chilometri e registrano eventi molto più violenti di quanto i ricercatori avessero pensato in passato. Se Garvin avesse ragione ogni impatto avrebbe provocato un’esplosione circa 10 volte più violenta della più grande bomba nucleare della storia, sufficientemente potente da far saltare parte dell’atmosfera del pianeta nello spazio. Garvin sottolinea però che mancano prove concludenti a pieno sostegno delle loro tesi. E alcuni studiosi come Bill Bottke, un esperto di Dinamica planetaria presso il Southwest Research Institute di Boulder, in Colorado, sentito da “Science” si sono detti molto scettici. “Voglio vedere molto di più prima di crederci.” Ha dichiarato Bottke. Poiché l’acqua e il vento cancellano rapidamente la maggior parte dei crateri da impatto sulla Terra, i ricercatori stimano usualmente i tassi di frequenza di impatto degli asteroidi calcolando le dimensioni e l’età dei crateri sulla Luna. Studiano anche le dimensioni degli asteroidi in orbita vicino alla Terra, che potrebbero portare a potenziali impatti futuri. Sulla base di questi due metodi, i ricercatori stimano che un asteroide o una cometa larga un chilometro o più colpisca il pianeta ogni 600.000-700.000 anni. Il nuovo studio, tuttavia, suggerisce che solo nell’ultimo milione di anni, quattro oggetti chilometrici hanno colpito i nostri continenti e, dato che i due terzi del pianeta sono coperti dall’acqua, ciò potrebbe significare che fino a una dozzina di asteroidi di quelle dimensioni ha colpito la Terra in totale nel periodo considerato.
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