Diritti

Figli di coppie omogenitoriali, in Europa 13 Stati li registrano già: ecco quali sono

La prima è stata l'Olanda nel 2001. Poi sono seguiti altri dodici Paesi. Intanto, per armonizzare il quadro legislativo il Parlamento europeo sta discutendo una proposta di regolamento sul riconoscimento della genitorialità tra Stati membri

La prima è stata l’Olanda, che da 22 anni registra già i figli di coppie gay. E in Europa, secondo una ricerca del centro studi del Parlamento europeo, sono già 13 gli Stati che in Europa hanno dato il via libera all’adozione congiunta completa da parte di coppie dello stesso sesso. Oltre ai Paesi Bassi, la Svezia ha dato il via libera dal 2003, la Spagna dal 2005, il Belgio dal 2006, la Danimarca dal 2010, la Francia dal 2013, Malta dal 2014, Lussemburgo dal 2015, l’Austria dal 2016, l’Irlanda dal 2016, il Portogallo dal 2016, la Finlandia dal 2017 e pure la Germania dal 2017. La Slovenia dal 2011 e l’Estonia dal 2016, pur non consentendo l’adozione completa prevedono la cosiddetta ‘step child adoption’, ovvero la pratica per cui un partner in un’unione omosessuale registrata può adottare il figlio biologico del compagno/a.

In alcuni casi, previa analisi del tribunale, si può estendere anche l’adozione di un figlio adottato. Caso particolare invece la Croazia che consente dal 2014 ai conviventi registrati e non registrati di diventare ‘tutori legali’ del figlio del proprio partner. In Grecia invece, le coppie dello stesso sesso in un’unione civile possono avere in affido, ma non adottare, un bambino.

Per armonizzare il quadro legislativo il Parlamento europeo sta discutendo una proposta di regolamento sul riconoscimento della genitorialità tra Stati membri. Nel testo, che al momento è all’esame della commissione giustizia dell’Eurocamera, si osserva che “il rifiuto di riconoscere la registrazione di genitorialità aumenta il rischio di rendere un bambino apolide, o può comportate il rifiuto ad un genitore di ottenere il permesso per una visita in caso il figlio sia ospedalizzato. Ed aumentano anche i rischi legati all’accesso all’istruzione”. Inoltre, secondo il documento, “il rifiuto da parte di uno Stato di riconoscere la genitorialità stabilita all’estero può avere gravi conseguenze per i bambini e le loro famiglie“.