Il giudice per l'udienza preliminare, Fabrizio Filice, ha accolto la richiesta del pm Giovanni Tarzia. A giudizio anche altre cinque persone, tra cui l’ex pilota di rally Leo Isolani. Il dibattimento si aprirà il prossimo 13 giugno davanti alla quarta sezione penale del tribunale. L'ex leghista: "Un romanzo d’avventure che finalmente in dibattimento smonteremo riga per riga. Ho tanto tempo davanti, non ho fretta. Ho diritto alla verità e alla mia reputazione"
L’ex presidente della Camera Irene Pivetti è stata rinviata a giudizio a Milano con l’accusa di evasione fiscale e autoriciclaggio per una serie di operazioni commerciali, in particolare la compravendita di tre Ferrari Granturismo che, secondo l’ipotesi, sarebbero servite per riciclare proventi frutto di illeciti fiscali. Il giudice per l’udienza preliminare, Fabrizio Filicee, ha accolto la richiesta del pm Giovanni Tarzia. A giudizio anche altre cinque persone, tra cui l’ex pilota di rally Leo Isolani. Il dibattimento si aprirà il prossimo 13 giugno davanti alla quarta sezione penale del tribunale.
Dopo la chiusura indagine, la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio l’11 maggio del 2022. A febbraio del 2022 il Riesame, accogliendo il ricorso del pm Giovanni Tarzia dopo la bocciatura da parte del gip, aveva disposto il sequestro di circa 3,5 milioni di euro a carico dell’ex deputata e di quasi mezzo milione a un suo consulente. Nell’inchiesta – condotta dagli uomini della Guardia di finanza – veviva ipotizzato un ruolo di intermediazione di Only Italia, società riconducibile a Pivetti, in operazioni del 2016 del Team Racing di Isolani, che voleva nascondere, secondo l’ipotesi dell’accusa, al Fisco (aveva un debito di 5 milioni) alcuni beni, tra cui le tre Ferrari. Attorno alle tre auto, secondo l’accusa, venne organizzata una finta vendita verso una società cinese. Quelle macchine, però, non sono mai arrivate, si leggeva negli atti, “nella disponibilità” dell’acquirente ‘sulla carta’, il gruppo cinese Daohe, ma sarebbero state trasferite da Isolani in Spagna, “dove tentò di venderle”. L’unico “bene effettivamente ceduto, ovvero passato” ai cinesi era stato, secondo gli inquirenti, “il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari”. Se lo scopo di “Isolani e Mascoli” era quello “di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli” all’Erario, “l’obiettivo perseguito da Irene Pivetti” sarebbe stato quello “di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona”. Attraverso la “complessa contrattazione” Isolani e la moglie, “simulando la vendita dell’intera scuderia, hanno di fatto ceduto soltanto il logo”, mentre Pivetti, per la Procura, ha comprato quel logo a 1,2 milioni di euro e lo ha rivenduto al gruppo cinese a “10 milioni”. Gli investigatori, tra l’altro, hanno seguito le tracce di un vorticoso giro di denaro, per oltre 7,5 milioni di euro, con rogatorie anche a Hong Kong. L’ex esponente leghista aveva chiesto di essere interrogata e aveva risposto alle domande del pm per 7 ore “ha spiegato e ricostruito correttamente i fatti che le contestano” e “ovviamente dopo una vicenda del genere ci si aspettava la richiesta della Procura, che discuteremo finalmente davanti al gup” aveva detto il legale.
Le accuse di evasione fiscale e autoriciclaggio sono “un romanzo d’avventure che finalmente in dibattimento smonteremo riga per riga. Ho tanto tempo davanti, non ho fretta. Ho diritto alla verità e alla mia reputazione – ha detto a LaPresse Irene Pivetti -. La ricostruzione del pm è smentita dai fatti e dai documenti, nel processo finalmente potrò riaffermare il mio buon diritto”.