A otto anni dall’inasprimento dei controlli alle frontiere francesi, mirati sistematicamente alle persone non comunitarie, sulla frontiera tra Claviere e Montgenèvre continuano ad arrivare centinaia di persone intenzionate a raggiungere o attraversare la Francia per cercare un futuro migliore di quello trovato in Italia.
“Ogni anno in migliaia riescono a passare, tra questi moltissime famiglie e minori non accompagnati provenienti prevalentemente dalla rotta balcanica – spiega Piero Gorza, ricercatore e antropologo del progetto “On borders” di Oulx – se non fosse che tante di queste persone, per attraversare la frontiera, mettono a repentaglio la propria vita, quello a cui assistiamo sembrerebbe un teatrino”.
La militarizzazione muscolare che non si può fare a meno di notare passando il confine, infatti, alla prova dei fatti risulta attraversabile, sebbene attraverso rotte sempre più rischiose. Chi viene intercettato dai militari francesi, che si appostano lungo i sentieri e per individuare i migranti usano anche droni e visori notturni, è respinto nuovamente in Italia senza poter avanzare richiesta di asilo. Da Claviere la polizia italiana consegna le persone alla Croce Rossa che le riaccompagna al rifugio Massi di Oulx, dal quale in genere, dopo pochi giorni ritentano il passaggio.
Chi, camminando di notte sui sentieri innevati di montagna, riesce a superare i primi dieci chilometri dal Colle del Monginevro senza essere fermato, arriva a Briançon dove l’attivissima rete solidale lo protegge e gli consente di ricevere sostegno e tutela legale.
“La chiusura della frontiera e la presenza di militari e polizia di frontiera lungo i sentieri rende pericolosissimi i tentativi di passaggio di queste persone che quasi sempre arrivano prive della minima conoscenza e attrezzatura necessaria ad affrontare un percorso simile – spiega Anne Gautier dell’associazione francese Tous Migrants – per questo da ormai sei anni, tra novembre e maggio, organizziamo ogni notte dei turni di ‘Maraude’, missioni di salvataggio e soccorso sui monti”.
I volontari, che spesso sono abitanti di questi paesi di montagna che si sono attivati dopo aver visto decine di ragazzini assiderati raggiungere il fondo valle feriti, assiderati o in condizioni disperate, non fanno altro che “andare incontro” a persone che sono già arrivate, autonomamente, sul territorio francese. “Eppure per la nostra attività di ‘riduzione del danno’ abbiamo preso decine di denunce e continue intimidazioni da parte delle forze dell’ordine, quando per assurdo siamo noi a rispettare la legge e prestare soccorso, mentre in questi anni abbiamo documentato centinaia di violazioni dei diritti compiuti dalla polizia di frontiera”.
Fino ad oggi tutte le denunce per “favoreggiamento all’immigrazione irregolare” sono finite con assoluzioni per i solidali, eppure in molti attendono ancora la sentenza e i processi vanno avanti ormai da cinque anni.
“In fondo quello che facciamo è chiedere che vengano rispettate le leggi europee e francesi che regolano l’immigrazione, che per quanto ingiuste prevedono delle tutele che, da queste parti, la polizia francese su ordine del Governo non applica minimamente”, spiega Florence Rigal, presidente di Médecins du monde, associazione di medici che prendono parte alle missioni di soccorso notturne.
Per contestare questa gestione della frontiera e l’ulteriore inasprimento delle politiche migratorie in Francia, oltre cinquecento persone si sono date appuntamento lo scorso sabato 17 marzo al Colle del Monginevro per percorrere collettivamente, divisi in tanti piccoli gruppi, i sentieri che scendono verso Briançon: “Gli stessi percorsi che ogni sera fanno i solidali francesi – spiega Silvia Massara, insegnante e volontaria del rifugio Massi di Oulx – esteso a tutti per una notte per consentire di comprendere quali siano i pericoli ai quali la chiusura della frontiera espone le persone in viaggio”.
Prima della “Grande maraude solidaire”, come avvenuto nelle scorse edizioni dell’iniziativa, si è snodato un corteo verso il commissariato della Police aux frontières, dove, per due ore, gli attivisti hanno alternato cori e musica alla lettura al microfono dei casi di violazioni dei diritti documentati negli ultimi anni sulla rotta alpina: “Non cediamo ai riflessi della paura, né ai discorsi divisivi volti a contrapporre una pseudo categoria di persone a un’altra. Non ripetiamo i tragici errori del passato – si legge nei volantini distribuiti dagli attivisti di Tous Migrants – Agiamo tutti insieme per un mondo di pace e di aiuto reciproco”.