Rifiuti incendiati, colpi di manganello e cariche della polizia: sono proseguite così il 20 marzo sera, fino a tardi, le manifestazioni spontanee nate a Parigi e in altre città francesi come Strasburgo o Rennes, dopo la bocciatura delle mozioni di sfiducia per rovesciare il governo Borne e quindi l’adozione delle riforma delle pensioni all’Assemblea Nazionale. La prima mozione trasversale, presentata dal gruppo parlamentare Liot (Libertà, Indipendenti, Oltremare e Territori), votata sia dall’unione di sinistra Nupes che dal Rassemblement National di Marine Le Pen, non è passata per soli nove voti. Nella serata di ieri, 234 persone sono state fermate nella capitale, dove 2000 poliziotti sono stati dispiegati, secondo i dati ottenuti da BFMTV. Intanto i sindacati hanno annunciato un nuovo sciopero generale per il 23 marzo e l’obiettivo è quello di bloccare il Paese.

Inasprimento delle proteste – Da quando l’esecutivo ha annunciato, la settimana scorsa, il ricorso all’articolo 49-3 della Costituzione per l’adozione della riforma, scelta che è stata spesso percepita come un’ “imposizione forzata” da parte del governo, proteste come queste, definite manifestazioni “selvagge”, in cui gli scontri e le reazioni da parte delle forze dell’ordine si fanno sempre più violenti, sono all’ordine del giorno.

Con il fallimento delle mozioni di sfiducia e l’adozione della riforma delle pensioni, infatti, le rimostranze dei manifestanti, così come le tensioni sociali, non sembrano spegnersi. Anzi, alcuni temono un inasprimento delle reazioni e del malcontento generale, ma anche della repressione poliziesca. Come ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Marie, impiegata di una filiale di EDF, primo produttore e fornitore di elettricità in Francia, e militante presso il sindacato CGT Mine-Energia: “Se il governo si ostina a mantenere la riforma non so cosa succederà. Ho molta paura, siamo davvero preoccupati. Fino a giovedì non so cosa potrà succedere. Ogni volta che il governo calpesta il popolo, la gente è molto arrabbiata e c’è da preoccuparsi. Vediamo che i più giovani hanno bisogno di esprimere la loro rabbia ed è normale. Noi sappiamo controllare le manifestazioni, ma non sappiamo necessariamente gestire dei movimenti spontanei che nascono così, ovunque. In questi ultimi giorni abbiamo visto inasprirsi anche la polizia, e non è mai buon segno. E questa è la responsabilità del governo, noi non ci possiamo fare niente”.

Anche molti dei giovani, tra i protagonisti fin dagli inizi della contestazione, sono in prima linea nelle manifestazioni, nei licei e facoltà occupati, ma anche sui diversi siti bloccati, a sostegno dei lavoratori scioperanti. E’ la testimonianza di Julen, giovane studentessa di diciotto anni, militante presso il sindacato Solidaires: “La mia università è proprio accanto all’inceneritore di Ivry (sito bloccato dal 6 marzo dai netturbini, ndr)”, ha raccontato a ilfattoquotidiano.it, “e moltissimi studenti sono andati a supportare i lavoratori e le lavoratrici, perché sappiamo quanto è difficile scioperare per mesi. La gioventù è con loro e li sosterremo qualsiasi cosa succeda, perché siamo sulla stessa barca”, afferma. Quanto alla forma che stanno prendendo le proteste e al futuro della mobilitazione ha aggiunto: “Penso che il fatto che la mozione di sfiducia non sia passata avrà l’effetto opposto, cioè non spegnerà il movimento, lo infiammerà ancora di più e più persone si mobilizzeranno. In questo momento il rapporto di forza è a nostro favore”. Per lei, l’unione delle proteste spontanee, delle manifestazioni sindacali e delle occupazioni studentesche, insieme al coinvolgimento nello sciopero di tutti i settori non può che “far arretrare” il governo di fronte a una protesta che ormai non combatte più solo la singola riforma, ma convoglia tutte le frustrazioni provocate da un governo che, agli occhi di alcuni, ha portato ad un aumento della precarietà tra giovani e lavoratori.

Estendere il movimentoRiuscire ad aggregare il più alto numero di settori, ma anche le diverse modalità di protesta, sembra essere la sfida di fronte a cui si trovano manifestanti e scioperanti in questa nuova fase di contestazione. “Oggi siamo ad uno stadio in cui speriamo che si sollevi una collera generale tra i francesi, che il numero di scioperanti cresca un po’ ovunque e che si avvii uno sciopero generale in tutto il paese. Speriamo che tutti escano, si mobilitino, blocchino come possono, che gli studenti entrino in un movimento ancora più forte. Oggi si sta sputando sulle regole della democrazia, allora anche noi non applichiamo più regole. Lanciamo un appello per intensificare ed estendere il movimento”, ha detto sempre a ilfattoquotidiano.it Farid Boukhenfer, macchinista presso la RATP (ente pubblico che gestisce i trasporti di Parigi) e anche lui militante presso Solidaires. Dal 7 marzo, giornata di sciopero storica che ha visto 3,5 milioni di manifestanti nelle piazze secondo la CGT, lui e altri suoi colleghi sono entrati in uno sciopero continuativo. Ma il servizio rimane ad oggi nel complesso garantito: “Speriamo di ripartire con cifre più alte (di scioperanti, ndr), anche in altri settori. La giornata di giovedì sarà molto importante, ma speriamo che non sia l’ultima e che bloccheremo ovunque. Oltre allo sciopero, anche la strada deve entrare nella battaglia”, ha detto. Che le proteste si radicalizzino e sfocino sempre più nella violenza è inevitabile: “La gente ha utilizzato tutti i mezzi convenzionali, legali, e Macron non vuole comunque ascoltarci. È normale che ci siano manifestazioni selvagge e che la contestazione sia più dura. Sono Macron ed il governo ad averlo voluto”, ha chiuso.

Se è difficile sapere quanto gli scioperi e le azioni intraprese per “bloccare l’economia” possano durare, la scelta del governo di ricorrere al 49-3 sta incitando alcuni a continuare: “Sono in sciopero dal 7 marzo, senza essere pagato”, ha commentato Christophe, anche lui macchinista, “ammetto che stavo per riprendere a lavorare, ma dopo il 49-3 continuo, almeno fino a giovedì”. Mentre giovedì 23 si prospetta una grande giornata di sciopero, ieri 20 marzo una proposta di legge per un “referendum d’iniziativa condivisa” contro la riforma è stata trasmessa al Consiglio costituzionale. Se questo dovesse approvarla, 4,7 milioni di firme dovranno essere raccolte per giungere ad un referendum. Intanto oggi blocchi e scioperi continuano in tutta la Francia sulle strade, nei trasporti, nelle raffinerie e anche nelle università, e circa 9 mila tonnellate di rifiuti si accumulano nella capitale.

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