Oggi ricorrono esattamente cento anni dalla nascita di Shri Mataji Nirmala Devi.
Considerata da milioni di seguaci non solo un maestro spirituale senza precedenti ma l’avatar dei nostri tempi, la figura di Shri Mataji si distingue da quelle dei diversi guru (o sedicenti tali) che hanno invaso il mercato della spiritualità occidentale nel secolo scorso, soprattutto, dalla fine degli anni 60 in poi.

A uno sguardo non superficiale, e scevro da pregiudizi culturali, la peculiarità dell’esperienza di Sahaja Yoga, la forma di meditazione diffusa da Shri Mataji dal 1970, appare evidente: gli insegnamenti sono assolutamente gratuiti, l’adesione è fondata su un metodo di verifica empirica, non sulla fede cieca. Tutto il contrario di quell’approccio fideistico, dai tratti settari, che spesso induce i ricercatori occidentali ad accostarsi con, comprensibile, sospetto e sacrosanto scetticismo alle figure di maestri orientali.

Cresciuta nell’ashram del Mahatma Gandhi, Shri Mataji ha sostenuto fin dall’inizio in prima linea la lotta non violenta per l’indipendenza dell’India. Dal 1970, ha condotto la lotta per la liberazione da un piano sociale e politico a quello spirituale: l’ipotesi di Sahaja Yoga, da verificare senza “crederci”, è che sia possibile diffondere la Realizzazione del Sé a livello di massa.

Voglio spiegare il duplice significato del nome della forma di meditazione, a partire dal termine più noto (e frainteso); contrariamente a ciò che si crede, la parola “yoga” non si riferisce a una dottrina, a una serie di esercizi o a una semplice filosofia di vita; il termine “yoga”, secondo lo studioso Mircea Eliade, ha un’etimologia connessa al concetto di “unione, giogo”. Indica, dunque, non solo l’atto di aggiogare i propri sensi con rigore, ma in senso più ampio uno stato dell’essere di armonia, verrebbe da dire con un’accezione moderna, di “connessione”.

Secondo l’insegnamento di Shri Mataji, diffuso gratuitamente per oltre quarant’anni in tutto il mondo, il raggiungimento di questo stato di “illuminazione” è un “diritto di nascita”. “Sahaj”, infatti, spesso tradotto con “spontaneo”, significa proprio “nato con noi”, a significare come il raggiungimento di questo stato di consapevolezza superiore sia potenzialmente innato in ogni essere umano. Bisogna soltanto risvegliarlo.

Lo stato di meditazione in Sahaja Yoga viene descritto come “consapevolezza senza
pensieri”: uno stato di profonda quiete mentale, pervaso da una sottile gioia interiore,
in cui siamo completamente immersi nel presente ma allo stesso tempo perfettamente
consapevoli. Per questo, non si tratta di un’adesione formale a una dottrina, ma di
un vero e proprio evento di trasformazione interiore.

Secondo alcuni studiosi, tutte le tradizioni spirituali, e tutti i grandi racconti simbolici dell’umanità (dai poemi omerici a La Divina Commedia, dalla storia di Pinocchio alle fiabe più note, per tacere dei poemi indiani come il Ramayana o il Mahabharata), indicano il senso dell’esistenza nel ritorno a una condizione di unità primordiale. Ognuno di noi vive, in sé, per usare la felice espressione di Joseph Campbell, il proprio Viaggio dell’Eroe: da un punto di vista interiore, la conoscenza iniziatica ha delineato questo viaggio attraverso diverse mappe del corpo sottile che presentano, nonostante le differenze formali, notevoli somiglianze.

Non bisogna fare un minestrone confuso, ma si può osservare con mente aperta un comune percorso di ricerca. “Mi inchino a tutti i ricercatori della verità”: non a caso, così Shri Mataji iniziava le sue conferenze in giro per il mondo.

Per ricordare il centenario della nascita di Shri Mataji (scomparsa fisicamente nel 2011 a Genova) è prevista una lunga serie di celebrazioni internazionali: cento eventi in cento città in cento paesi di tutto il mondo. In Italia (paese in cui Shri Mataji ha risieduto periodicamente negli ultimi anni) ha già previsto un lungo calendario di eventi: a Bologna nella giornata odierna e il prossimo 21 maggio, a Roma il 26 marzo e il 1 Aprile, a Venezia il 14 maggio e via via in tutte le principali città.

In conclusione, voglio ricordare le parole di Shri Mataji (di cui Rizzoli ha pubblicato Sahaja Yoga. La via spontanea alla Realizzazione del Sé) che riassumono perfettamente l’esperienza della meditazione: “Non è una sorta di rituale, bensì si tratta di una realtà evolutiva. E compie meraviglie”.

[Foto in evidenza: Di Michael Markl – Sahaja Yoga e.V., http://www.sahajayoga.at, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18082565]

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