Con la visita a Mosca, spiega il professor Francesco Strazzari, Pechino dà una spinta alla sua strategia dell'equilibrio nell'ambito del conflitto ucraino: "Perseguire l'obiettivo di una riorganizzazione mondiale di stampo multipolare, ma allo stesso tempo non abbastanza forte da permetterle di portare avanti in autonomia le proprie ambizioni egemoniche". Sul no americano alla tregua: "Oggi è irricevibile per tutti, anche per Kiev. Non farebbe che dare respiro a Mosca"
Una Russia non troppo debole, un partner secondario ma allo stesso tempo abbastanza solido da permetterle di puntare a una riorganizzazione del sistema mondiale in versione multipolare. È un gioco di equilibri quello intrapreso dalla Cina da quando ha deciso di intervenire in maniera più attiva nel conflitto esploso il 24 febbraio 2022 per volere di Vladimir Putin. Prima la presentazione dei 12 principi per una pace duratura, oggi il primo viaggio del presidente Xi Jinping in Russia dall’inizio dell’invasione. Ma questa trasferta è ancora lontana dall’essere risolutiva per le sorti del conflitto: “Dopo la decisione di Mosca di avviare una nuova campagna militare a inizio anno – spiega a Ilfattoquotidiano.it Francesco Strazzari, professore di Relazioni Internazionali alla Scuola Sant’Anna di Pisa -, sarà difficile convincere Stati Uniti e Ucraina ad accettare un semplice cessate il fuoco. Il lavoro della Repubblica Popolare dovrà essere di ampio raggio“. Per diventare il grande mediatore, a Pechino non basterà mantenere in vita la Russia di Vladimir Putin: dovrà offrire una exit strategy accettabile a tutti gli attori coinvolti.
Gli incontri di queste ore tra il presidente cinese e quello russo rimangono comunque una tappa cruciale del processo di normalizzazione auspicato in primis dal Dragone. Si tratta del primo confronto faccia a faccia tra i due leader dall’inizio dell’invasione russa, più di un anno dopo quello tenutosi alla vigilia delle Olimpiadi Invernali, quando il capo del Cremlino volò in Cina per raccogliere la promessa di una “amicizia senza limiti”. Limiti a quell’amicizia, però, ne esistono eccome. “La Cina – spiega Strazzari – non ha deciso di intervenire diplomaticamente nel conflitto per convinzione propria. Vi è stata trascinata da una mossa avventata, improvvisa e forse anche mal calcolata del Cremlino. Ma i due Paesi hanno obiettivi ben diversi. Mentre la Russia, potenza in declino, vuole tentare di rigiocare la partita persa della Guerra Fredda riaffermandosi come entità di primo piano nel panorama internazionale, il gigante asiatico vuole arrivare a una riorganizzazione del sistema mondiale che rompa lo schema unipolare imposto da Washington. Un obiettivo da raggiungere con gradualità, che la guerra ostacola invece di avvantaggiare. Ma Xi Jinping sa anche che non può raggiungerlo senza un sistema di equilibri che presuppone una partnership con Mosca”.
Pechino arriva a questo vertice presentando il proprio piano di pace a Mosca, ma secondo Strazzari sono altre le preoccupazioni nel breve termine che assillano la Repubblica Popolare: “C’è preoccupazione per la declinante efficienza militare di Mosca e i conseguenti problemi politici ed economici legati al protrarsi del conflitto. La Cina sa che sta intervenendo a fianco di un partner che bluffa dicendo che sta vincendo, ma non può farne a meno per i propri obiettivi cercando di limitare quelli egemonici del Cremlino”. Allo stesso modo, però, Xi Jinping sa che la Russia ha bisogno di Pechino per due motivi: “Il primo è che la Federazione sogna di creare un’alleanza con la Cina, che Pechino si è ben guardata dal siglare, per ribilanciare l’egemonia americana. Dall’altra ha bisogno di allargare la propria base commerciale ricevendo tecnologie avanzate, che scarseggiano sempre di più dopo un anno di pesanti sanzioni, in cambio di materie prime a buon mercato”.
La Repubblica Popolare, però, si guarda bene dal lasciarsi coinvolgere eccessivamente nel conflitto: il suo obiettivo è e rimane quello di mostrarsi come un’entità super partes in grado di fare da punto di collegamento tra le varie anime del conflitto. Un obiettivo, però, ostacolato dalla volontà americana. “Gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a mostrare un ruolo della Cina che sia contenuto – continua Strazzari -, proprio per frenare quel processo di riorganizzazione in senso multipolare auspicato da Mosca e Pechino”. Ed è anche per questo che il Dragone deve mettere in campo un piano di pace ben più ampio, accettabile da tutti gli attori coinvolti: “Un semplice cessate il fuoco non è ricevibile nemmeno per Kiev – continua il professore -, non farebbe altro che dare alla Russia la pausa di cui ha bisogno per riorganizzarsi dopo un’offensiva che non sta portando i risultati sperati”. Per questo la Cina tenterà presto un riposizionamento: “Deve trovare credibilità agli occhi di Zelensky, innanzitutto prendendo contatti con il suo esecutivo che nelle settimane scorse ha dimostrato apertura verso la potenza asiatica”. Detto questo, rimane il grande ostacolo americano: “Gli Usa, a differenza della Cina, hanno già investito molto, così come l’Europa, in questa guerra. La prima per il sostegno militare, la seconda per gli elevati costi energetici. Anche per questo un cessate il fuoco adesso non è considerato accettabile”. È proprio questo lo sforzo a cui è chiamata la Cina: “Una strategia di pace più articolata, che offra buoni motivi per cessare le ostilità anche all’altra parte, di per sé restia a lasciarle il ruolo di mediatore. Intanto, potrebbe iniziare col prendere ufficialmente contatto con il governo ucraino”.
Un gioco di equilibri, insomma, che accontenti tutti e serva alla leadership cinese per perseguire quello che è il suo unico obiettivo: “Impedire una destabilizzazione della Russia, pur mantenendola un partner secondario in grado di aiutarla nella riorganizzazione dell’ordine mondiale verso una struttura multipolare – conclude Strazzari – Le serve un partner minore, ma che mantenga un certo peso internazionale”.