È un rapporto strano quello che gli italiani hanno con l’acqua. Primi in Europa per prelievi di quella potabile (per irrigare campi, usi civili e industriali), consumano in modo diretto, per esempio per cucinare e lavarsi, tra i 215 e i 220 litri di acqua potabile a testa, contro una media europea di 165 litri. Poco si conosce della vera impronta idrica di ciascun cittadino, ossia di quanto consumo di acqua ci sia dietro le singole abitudini alimentari, in primis quello della carne. E c’è un altro aspetto sottolineato in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, nell’anno che promette di essere quello più siccitoso di sempre. Quasi il 30 per cento delle famiglie dichiara di non fidarsi dell’acqua del rubinetto (d’altronde nel consumo di acqua in bottiglia l’Italia è seconda solo al Messico), ma questo dimostra poca consapevolezza rispetto a quanto sia preziosa, tanto da arrivare a spendere 2mila euro invece di 2,08. È quanto emerge da dati e indagini i cui risultati sono riportati nel Libro Bianco 2023 “Valore Acqua per l’Italia” realizzato dall’Osservatorio della Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti e presentati insieme al Blue Book 2023 di Utilitalia. Si mette in risalto un altro aspetto: il 30% degli italiani fa fatica a leggere la bolletta, mentre il 60% ritiene che sia troppo onerosa. In realtà quella italiana non è tra le tariffe più care d’Europa. E poi si possono evitare gli sprechi, come suggerisce Enea in un decalogo anti-spreco con consigli che vanno dal lavaggio dei denti all’utilizzo degli elettrodomestici. Basti pensare che installare sciacquoni a doppio tasto può far risparmiare anche 100 litri d’acqua al giorno.
I consumi degli italiani e la vera impronta idrica – Tra il 2015 e il 2019 in Italia è stata consumata una media di oltre 30 miliardi di metri cubi all’anno di acqua, il 56% per il settore agricolo, il 31% per uso civile e il 13% per il settore industriale. Ma l’Italia è da 20 anni al primo posto tra i Paesi Ue per la quantità, in valore assoluto, di acqua dolce prelevata per uso potabile. In termini pro capite, con circa 155 metri cubi all’anno per abitante (il doppio della media europea) è in seconda posizione, preceduta solo dalla Grecia (158) e seguita a netta distanza da Bulgaria (118) e Croazia (113). Come spiega il Wwf, però, gli italiani “mangiano“ più acqua di quanta ne bevano: circa 6.300 litri a persona al giorno. Al consumo diretto (per lavarsi, cucinare, pulire o innaffiare le nostre piante), che in Italia è di 215 litri al giorno, però, va aggiunto quello indiretto, legato all’‘acqua nascosta’ necessaria per produrre i beni e i servizi che utilizziamo e il cibo che mangiamo. “Se compriamo una t-shirt in cotone, mangiamo una bistecca o beviamo una birra stiamo consumando acqua. Ogni fase produttiva per realizzare un prodotto finito può consumare acqua e la somma di tutti questi consumi rappresenta l’impronta idrica quotidiana” sottolinea il Wwf, ricordando che in Italia si consumano in media circa 130 miliardi di metri cubi all’anno di acqua, una delle impronte idriche più alte d’Europa.
Dalla carne ai tessuti – La carne è l’alimento maggiormente ‘idrovoro’: “La sua impronta idrica è legata principalmente all’acqua necessaria per l’alimentazione del bestiame ed è influenzata da diversi fattori, che vanno dal sistema di produzione impiegato alla composizione e origine del mangime utilizzato”. Anche i vestiti che indossiamo, i tessili che abbiamo e utilizziamo in casa hanno una lunga filiera alle spalle che inizia dai campi dove si coltiva il cotone e dalle piattaforme dove si estrae il petrolio per le fibre sintetiche. “Ogni passaggio del processo di produzione dei tessili comporta un enorme utilizzo di acqua – spiega il Wwf – dalla tinteggiatura al trattamento delle fibre”. Questo fa sì che l’industria tessile sia la seconda industria ad alta intensità di consumo idrico al mondo, con circa 93 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, pari al 4% di tutta l’acqua dolce estratta a livello globale. Per produrre tutti i tessili acquistati dalle famiglie europee sono necessari ogni anno circa 24mila milioni di metri cubi di acqua.
Poca fiducia nell’acqua del rubinetto, uno spreco – Ma se l’Italia è prima in Europa per i prelievi di acqua potabile, le famiglie che dichiarano di non fidarsi di quella di rubinetto nel 2022 sono il 29,4%. Un’abitudine dura a morire: la percentuale era del 40,1% nel 2022, certifica l’Istat. Ci sono, però, notevoli differenze sul piano territoriale: si passa dal 17,3% nel Nord-est al 58,3% nelle Isole. A livello regionale, le percentuali più alte si riscontrano in Sicilia (61,7%), in Calabria (51,1%) e in Sardegna (48,6%). Eppure l’Italia, nonostante tutti i difetti della rete idrica in termini di perdite, è il primo tra i grandi Paesi europei per la qualità dell’acqua. Questo perché l’85% viene prelevata da fonti sotterranee, protette e di qualità (contro il 69% della Germania, il 67% della Francia, il 32% di Spagna e Regno Unito. Da qui si spiega il forte consumo di bottiglie di plastica che vede gli italiani secondi nella classifica mondiale, dopo i messicani. Secondo i dati Censis, ogni italiano beve in media 208 litri di acqua in bottiglia l’anno (spendendo in media 240 euro l’anno), il dato più alto registrato in Europa. Una scelta cara: “Supponendo un costo di 1 euro a bottiglia da mezzo litro – spiega Ambrosetti – si sceglie di spendere circa 2mila euro, piuttosto che 2,08 euro, ossia il costo di un metro cubo di acqua di rete”. Un’abitudine in controtendenza al Centro Nord, dove aumenta l’utilizzo dell’acqua pubblica. In generale, però, sui costi c’è un paradosso: perché il 30% dei cittadini fa fatica a leggere la bolletta, mentre il 60% ritiene che sia troppo onerosa. In realtà solo l’11% degli italiani è a conoscenza della spesa media annua per cittadino con riferimento alla bolletta dell’acqua (87 euro), mentre il resto della popolazione la sovrastima. Stesso discorso per la tariffa idrica: l’88% dei cittadini non ha idea di quanto valga in Italia. In realtà quella italiana è tra le tariffe più basse d’Europa. In Francia si parla in media di 4,08 euro per metro cubo, il doppio di quella italiana.
Le buone pratiche (anche poco conosciute) suggerite da Enea – Da tutto ciò si evince quanto sia importante evitare gli sprechi, in primis tra le mura domestiche. Per questo, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, Enea presenta un decalogo contro gli sprechi. E inizia proprio dalle case degli italiani e dai rubinetti. Sono da preferire quelli con sensori o con rompigetto aerato che riducono il flusso dell’acqua e hanno maggiore efficacia di lavaggio, avendo cura di mantenerli in efficienza (ad esempio utilizzando la chiavetta raschiatrice). Si calcola, infatti, che con un rubinetto che gocciola si perdano fino a 5 litri al giorno. Enea suggerisce di chiudere il rubinetto per evitare che l’acqua scorra inutilmente: per lavarsi i denti sarebbero necessari solo 1,5 litri se si chiudesse l’acqua tra le varie operazioni, evitando di sprecare fino a 30 litri, mentre lavando le mani si potrebbe evitare lo spreco di almeno 6 litri e durante la rasatura fino a 20 litri. Si passa, poi, alla cucina: “Riutilizzare l’acqua di cottura della pasta o del lavaggio delle verdure per sciacquare i piatti prima di metterli in lavastoviglie o per annaffiare (quando non è salata)”. Capitolo importante quello dedicato a lavastoviglie e lavatrici. L’indicazione è di utilizzarle sempre a pieno carico: per un carico di lavastoviglie (classe A) senza prelavaggio vengono utilizzati fino a 15 litri (7 litri in classe A+++), mentre per un carico di lavatrice (classe A) si impiegano 45 litri. E ancora: scegliere la doccia invece che la vasca da bagno per risparmiare fino a 1.200 litri all’anno, dato che per fare un bagno in vasca si consumano mediamente fra i 100 e i 160 litri di acqua, mentre per fare una doccia di 5 minuti se ne consumano al massimo 40. Ancora meno se si chiude il rubinetto quando ci si insapona.