Il dibattito in corso – innescato dopo la sospensione delle registrazioni dei figli di coppie omogenitoriali - non solo non aiuta a far chiarezza sulla la GPA (gestazione per altri), ma oscura altri temi assai importanti che riguardano il tema genitori-figli, in Italia poco approfonditi, come l'affido e le adozioni. Abbiamo incontrato l'autore, cantautore e speaker radiofonico, Niccolò Agliardi e il figlio Samuele
Sono tempi difficili in Italia per le famiglie non “tradizionali”. Si è scatenato un terremoto mediatico dopo l’interruzione delle registrazioni dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia da parte di alcuni Comuni, come quelli di Milano e Torino, in seguito alla circolare del ministero dell’Interno. A stretto giro si è aggiunta la bocciatura da parte del Senato della proposta della Commissione Europea che mirava a equiparare i diritti dei figli delle coppie etero a quelli nati all’interno di famiglie con due madri o due padri. Il vento è cambiato. “La maternità surrogata è un reato più grave della pedofilia. Siamo di fronte a persone che vogliono scegliere un figlio come la tinta di casa”, ha tuonato il presidente della commissione Cultura della Camera ed esponente di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone. Per non parlare del vicepresidente della Camera Rampelli: “Le coppie omosessuali non possono spacciare bambini per propri figli”.
Parole forti che non aiutano a far chiarezza non solo sulla GPA (gestazione per altri), ma oscurano altri temi assai importanti che riguardano il tema genitori-figli (e in Italia poco approfonditi) come l’affido e le adozioni. Abbiamo incontrato l’autore (ha scritto per tantissimi artisti da Laura Pausini a Elisa), cantautore e speaker radiofonico, Niccolò Agliardi e il figlio Samuele. La loro storia è narrata nel libro di Agliardi “Per un po’. Storia di un amore possibile” del 2019.
Le polemiche sui figli delle coppie omogenitoriali e sulla GPA sono un passo indietro sul versante sociale e politico?
Niccolò: Credo stiamo assistendo, da quello che ho potuto vedere anche in tv e sui giornali, ad uno puro scontro di militanza politica. Non c’è nemmeno il giusto approfondimento nelle ‘arene’ dei talk televisivi, se metti assieme Alba Parietti con un esponente di Destra e uno di Sinistra che balbettano posizioni deboli e sgrammaticate. Io, da cittadino, posso esprimere questo parere dal momento che esercito la mia paternità, amandola, attraverso un altro canale, l’affido, che mi ha reso sereno. Penso solo che le grandi litigate a cui stiamo assistendo siano un abbassamento culturale oltre che vergognose.
Samuele: Sono abbastanza sconvolto da questo dibattito. Penso che il tema del riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali così come la GPA siano e debbano essere normalità. Sia a me che ai miei amici non frega assolutamente nulla se – a scuola o nella nostra compagnia – c’è qualcuno che proviene da una famiglia ‘differente’ e non tradizionale. Abbiamo molto riflettuto a scuola sulla tendenza da parte di alcune istituzioni, soprattutto religiose, a mantenere il conservatorismo e le tradizioni. Facendo così, nel consacrare valori e vecchie tradizioni, non c’è evoluzione né come esseri umani né come società. La realtà sta cambiando.
Si parla poco anche dell’affido, così come delle adozioni. Come nasce la vostra storia?
Niccolò: Sono rimasto incuriosito – dopo aver visto una mamma affidataria con suo figlio sul set di ‘Braccialetti Rossi‘, dove lavoravo- dal fatto che esistesse una costellazione di famiglie affidatarie. Non ne ero a conoscenza, eppure mi informo e sono laureato. Mi aveva colpito molto il fatto che un ragazzo sfortunato fosse ‘resuscitato’ e avesse conosciuto una nuova vita, grazie all’affido ed entrando in una famiglia, dove tra l’altro c’erano già altri figli, ma biologici. Questa storia mi ha entusiasmato. Sono andato in visita in una casa famiglia, dove si trovano bimbi e adolescenti (fino ai 17 anni). I numeri di bimbe e bimbi che aspettano una famiglia sono enormi: se ne contano circa 40mila oggi.
Samuele: Quando si sta in una casa famiglia – la prima volta ci sono entrato a nove anni – la sensazione è quella che non vorresti andare in un’altra famiglia. Si rimane attaccati alla famiglia biologica, nonostante si riconosca il male che è stato causato. Il pensiero di lasciare tutto e andare in casa di altre due persone faceva ancora più paura. Io avevo 14 anni e volevo stare con mia madre, nonostante le difficoltà e la mia situazione difficilissima. Non ho avuto un padre, se n’è andato via a 4 anni e ha avuto qualche problema serio. Gli assistenti sociali, sollecitati dalla mia scuola, a causa delle prolungate assenze, hanno deciso di mettermi in una casa famiglia. Poi è arrivato Niccolò ed è stato del tutto inaspettato quello che è accaduto dopo.
Come sono i protocolli per il sistema affidatario?
Niccolò: Sono precisissimi come è giusto sia. Le persone che richiedono un affido vengono letteralmente scannerizzate. Ci sono operatori professionisti, psicologici ed educatori competenti che analizzano bene dati e risorse. L’intenzione è quella di non far vivere al ragazzo un secondo fallimento, dopo quello vissuto con la famiglia di origine. Inoltre quello che si vuole evitare è che si ricorra all’affido perché si soffre la solitudine. È per questo che oggi la normativa degli affidi è super oliata. Io una volta che Samu è entrato a casa, ho fatto ogni due anni colloqui per il rinnovo dell’affido, fino a quando – nel mio caso – non è diventato ‘sine die’, quindi permanente. Samu ha chiesto di diventare mio figlio e, raggiunta la maggiore età, avrà il mio cognome. Frequento corsi di formazione per affidatari. Insomma è un motore che funziona e in aggiornamento, però non c’è la giusta cassa di risonanza e di informazione su questo sistema.
Un single o una coppia omogenitoriale fa più fatica ad avere l’ok per l’affido rispetto a una coppia etero?
Niccolò: Assolutamente no. Ti faccio un esempio pratico. Nel nostro gruppo di richiedenti affidatari eravamo in 36 tra famiglie, coppie e single. Siamo stati “promossi” solo in due: io e una coppia di genitori uomini.
Perché in Italia si fa fatica ad accettare l’idea dell’affido?
Niccolò: Il nostro è un Paese di mammoni. Ci sono figli che stanno a casa fino a 30 anni, nei Paesi nordici vanno via dal nucleo familiare a 17-18 anni. La tradizione vuole che si facciano tavolate coi figli alle feste e alla domenica. Ci sono lati positivi e negativi nel rimanere a casa. Il mio compito, come quello di un qualsiasi genitore, è quello di accompagnare Sam nel mondo e poi lasciarlo andare.
Samuele: Quando mi presento a persone che non conosco non è la prima cosa che dico, cioè che sono in affido. Quando capita che viene fuori l’argomento non c’è mai stata alcuna reazione contraria o contrariata da parte di chi ha ascoltato la mia storia. I miei amici più stretti lo sanno tutti. La mia generazione è molto più aperta.
L’affido può essere una alternativa alla GPA?
Niccolò: Non è una alternativa perché presupporrebbe il concetto che il ricorso all’affido sia un piano B, dopo un fallimento. È un’altra cosa. Mi sono sempre chiesto: c’è bisogno che una coppia etero o omosessuale, mossi da grande amore, mettano alla luce un figlio, esponendolo al pericolo del mondo, quando ne abbiamo già tanti di potenziali figli da salvare? Prima di darmi una risposta sono andato a visitare una casa famiglia e ne sono uscito con una consapevolezza nitida, lucida e trasparente: tutto il bene che avevo ricevuto, volevo rimetterlo al mondo. Dopo i 30 anni non sentivo il bisogno di accudire nessuno, forse facevo fatica ad accudire me stesso. Quando ho incontrato Sam è stato il giorno in cui sono diventato adulto.
Samuele: L’affido è un percorso lungo. Ho imparato mille cose da Niccolò. Ogni giorno è una scoperta enorme. Ho faticato molto per seguire le sue indicazioni e i suoi insegnamenti. Oggi sono molto contento di averli appresi e di aver avuto la possibilità che una persona mi insegnasse le basi e mi desse gli strumenti per vivere una vita serena e bella. Mi sento come se fossi nato una seconda volta.