Il ragazzo 21 enne colpì il padre 34 volte con sei coltelli differenti: in primo grado era stato assolto per legittima difesa
Per Alex Pompa, il ragazzo che il 30 aprile del 2020 a Collegno uccise a coltellate il padre 52enne Giuseppe Pompa, nel corso dell’ennesima lite in famiglia, il pubblico ministero ha chiesto una condanna a 14 anni di carcere. Il processo si sta celebrando in corte di Assise di appello a Torino. In primo grado il 21enne, difeso dagli avvocati Claudio Strata e Giancarla Bissattini, era stato assolto per legittima difesa: la Corte d’Assise aveva stabilito che Alex si stava difendendo da un padre violento e aggressivo, che quella sera avrebbe potuto sterminare la famiglia. La procura aveva fatto ricorso contro quel verdetto e oggi il sostituto procuratore generale Alessandro Aghemo (che in primo grado aveva sostenuto l’accusa) ha formulato la proposta di condanna. “È chiaramente un caso che scuote le coscienze. Ma questo è un omicidio e ci vuole coraggio. Il coraggio di condannare”. Il giovane colpì il padre 34 volte con sei coltelli differenti.
L’accusa, di fronte alla Corte d’assise d’appello — presieduta da Maria Cristina Domaneschi — sostiene che esistono numerose contraddizioni che emergono dalle dichiarazioni dell’imputato e dei due unici testimoni presenti la sera del 30 aprile 2020 nell’alloggio di Collegno: la mamma e il fratello del ragazzo. In merito alla possibilità del padre Giuseppe Pompa di colpire l’intera famiglia, per il magistrato il “pericolo non era attuale”. Prosegue l’accusa: “Alex ha giocato d’anticipo. È lui che per primo afferra il coltello e si scaglia contro il padre, che in quel momento era disarmato”. Da qui i 14 anni di condanna richiesti, un calcolo di pena che tiene conto anche dell’attenuante della seminfermità mentale. Il pm ha proposto alla Corte, così come aveva fatto in primo grado, di valutare la possibilità di sollevare la questione di legittimità costituzionale sulle norme che impediscono il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti: nel caso di Alex Pompa, l’aggravante è di aver ucciso un congiunto e questo impedirebbe di applicare le attenuanti generiche legate al fatto che ha confessato (fu infatti lui stesso a chiamare i carabinieri, dicendo di aver ucciso il padre) e al clima di violenza che si respirava in casa.