La new entry è rappresentata dai grilli domestici (Acheta domesticus), dopo che era stato dato il via al consumo di tarme della farina essiccate - luglio 2021 - e della locusta migratoria – novembre 2021
Il futuro della nostra nutrizione è in mano agli insetti? O si dovrebbe dire che è già il nostro presente? Da non molto tempo sono stati infatti autorizzati dalla Commissione europea la commercializzazione di insetti per l’alimentazione umana. La new entry è rappresentata dai grilli domestici (Acheta domesticus), dopo che era stato dato il via al consumo di tarme della farina essiccate – luglio 2021 – e della locusta migratoria – novembre 2021. Come nel caso delle locuste, anche i grilli domestici saranno disponibili per essere congelati, poi essiccati e ridotti in polvere per ottenerne una farina.
C’era davvero bisogno di introdurre nuovi tipi di alimenti di origine animale? E con quali vantaggi per la nostra salute? “Sono domande più che legittime, dal momento che questo ‘nuovo alimento’, perché così è stato autorizzato, viene introdotto non in un Paese del terzo mondo, dove si muore di fame, ma in Europa, un continente ricco dove ci si ammala e si muore anche a causa del troppo cibo”, risponde la dottoressa Luciana Baroni, neurologa, geriatra, nutrizionista ed esperta in alimentazione vegetale. “Quindi la risposta alla prima domanda è no, non avevamo certo bisogno di inserire questa polvere derivante da grilli a cui è stato tolta l’acqua e parte dei grassi, ottenendo una farina con un contenuto di proteine di circa il 75%, che nelle intenzioni dei produttori dovrebbe servire ad ‘arricchire’ soprattutto cibi vegetali di comune consumo. Le criticità sono più d’una: al momento si fa riferimento a dati relativi a vari aspetti del prodotto, tra cui quelli nutrizionali, forniti dal produttore ma non pubblicati; non è oltretutto noto l’effetto sulla salute di questo genere di proteine animali provenienti da insetti, ma sappiamo che l’effetto sinora studiato delle proteine animali non si è dimostrato vantaggioso in termini di salute”.
Circolano varie notizie su questo tema, tra queste quella che potremmo mangiare insetti senza saperlo perché contenuti in altri prodotti che consumiamo abitualmente, come biscotti o pasta. In realtà, i prodotti che conterrebbero questi nuovi ingredienti saranno etichettati per segnalare eventuali potenziali reazioni allergiche. Conferma che abbiamo la possibilità di scegliere di scartare questi prodotti?
“Sì, certamente: c’è il rischio di sensibilizzazione alle proteine di Acheta domesticus, di reazioni allergiche nelle persone allergiche ai crostacei, ai molluschi e agli acari della polvere, e della presenza di allergeni nel substrato con cui vengono alimentati gli insetti. Sarà quindi obbligatoria un’etichettatura che segnali la presenza di grillo nei cibi in cui è stato inserito come ingrediente, che suppongo avranno un claim che ne esalta l’elevato contenuto proteico”.
Sicuramente per ragioni culturali storciamo il naso di fronte a questa iniziativa. Anche se, bisogna ricordare, questi insetti fanno parte della dieta quotidiana di centinaia di milioni di persone nel mondo da secoli… L’interesse nato in Europa è legato alla ricerca di fonti di proteine di qualità a basso costo e dall’impatto ambientale contenuto. E gli insetti risponderebbero a queste due esigenze.
“Secondo la FAO (2010) le diete sostenibili devono essere anche culturalmente accettabili, e su questo in Europa c’è una chiara lontananza abissale. Penso che, come sempre, dietro a tutto ciò ci sia solo una motivazione legata al profitto (di chi produce, naturalmente). Non abbiamo bisogno di proteine animali, perché le proteine vegetali sono assolutamente adeguate a soddisfare i fabbisogni nutrizionali della popolazione di una parte del mondo ricca, dove non ci sono problemi di accesso al cibo. I dati di impatto ambientale potrebbero essere l’unico aspetto vantaggioso, ma ricordo che al momento questi dati sono stati forniti dal produttore, e andranno quindi verificati. Sempre di un allevamento intensivo comunque si tratta, con rischi legati banalmente all’inquinamento acustico, ma anche a una crescita incontrollata degli insetti. È già stato ampiamente dimostrato come i cibi vegetali abbiano un impatto ambientale molto più basso di quelli animali e che sono più sani, mentre qui siamo di fronte a un cibo ultraprocessato secondo la NOVA Food Classification. Negli ultimi anni sono stati pubblicati più lavori che hanno dimostrato come i cibi ultraprocessati non siano vantaggiosi per la salute”.
Vista la maggiore salubrità che offre una dieta naturale a base di cibo vegetale, si potrebbe investire meglio su questo fronte?
“Assolutamente sì! Tra l’altro gli alimenti vegetali dovrebbero rappresentare la parte maggioritaria anche di una dieta onnivora, parliamo dell’80-90%, quindi il loro consumo andrebbe incentivato nella popolazione generale a vantaggio della salute pubblica. Bisognerebbe riservare i sussidi a chi coltiva cibo vegetale per consumo umano, togliendoli agli agricoltori che producono cibo vegetale a uso mangime, con uno spreco di risorse e immissione di inquinanti enorme, oltre a perdita della biodiversità e rischio di zoonosi. Andrebbero valorizzate le buone pratiche agricole e addebitati ai responsabili i costi ambientali della produzione di cibi animali, che sono attualmente esternalizzati e pagati da tutti noi”.