Dopo le richieste di cancellazione della procura di Milano dell’indicazione di tre mamme e di un papà sugli atti di nascita dei figli registrati nel capoluogo lombardo, ora arrivano anche i dinieghi alle iscrizioni stesse da parte del Comune. Lo squasso provocato dalla sentenza a sezioni Unite del 30 dicembre scorso, che aveva rigettato il ricorso di due padri basandosi sul divieto della maternità surrogata (gestazione per altri) e che di fatto non dovrebbe coinvolgere le coppie formate da due donne, ha generato uno tsunami su tutte le famiglie omogenitoriali, sia quelle formate da coppie di donne che da coppie di uomini. Giacomo Cardaci, avvocato e componente della Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI, spiega come mai ci sia stata un’accelerazione e un coinvolgimento anche delle famiglie con due madri, che non hanno fatto ricorso alla gestione per altri ma alla fecondazione eterologa. “Non c’è solo la sentenza della Cassazione del 30 dicembre 2022 sul caso di due papà, ma esistono sette sentenze a sezione semplice secondo cui non è possibile formare in Italia un atto di nascita con due madri di un bimbo nato in Italia. L’ultima sentenza della Cassazione è stata quindi l’occasione per riordinare un quadro giurisprudenziale complesso e ambivalente, visto che, invece, molti i tribunali e corti di appello la pensano molto diversamente dalla Cassazione: esiste quindi un grande dibattito. Alcuni genitori ci chiedono se è già stato perso da loro la status di padri o madri. Il nostro, tuttavia, è un sistema garantista ed è stata fissata una udienza: non c’è cancellazione automatica. Ci sarà un processo in cui i genitori possono far valere le proprie ragioni”.
Ragioni che paradossalmente potrebbero essere trovate nella “medioevale e oscurantista” legge 40 del 2004 che disciplina la procreazione medicalmente assistita (pma), che prevede che i bambini nati da procreazione artificiale, anche con tecniche vietate in Italia, abbiano comunque entrambi i genitori, poiché ciò corrisponde al loro interesse. Cardaci è il legale che tutela i diritti di una delle coppie che ha ricevuto l’impugnazione, una notizia che ha annullato la gioia e la festa organizzata proprio per l’ottenuto riconoscimento, poche settimane prima, in Comune. “La richiesta della Procura produrrebbe l’effetto di cancellare la seconda madre dall’atto di nascita e, a cascata, dalla carta di identità, che le signore hanno già fatto e che indica entrambe le madri. Un colpo al cuore e uno shock”. Del resto “si associa la gestazione per altri solo alle coppie omogenitoriali, sfruttando politicamente questo tema. Quando viene presentata la richiesta di trascrizione di un atto straniero con due padri l’ufficiale del Comune per forza ‘presume’ ci sia stata una gestazione per altri, mentre per le coppie eterosessuali che fanno ricorso alla medesima tecnica non vi è modo di saperlo: in questo caso, l’ufficiale registra il loro atto senza porsi dubbi. Dunque, due pesi e due misure, di fatto. C’è stata una giurisprudenza quantitativamente amplissima e qualitativamente di grado elevato nel merito – almeno 30 casi tra cui Pistoia e Taranto – in cui si dice che gli atti di nascita e le iscrizioni di due madri o due padri sono legittimi e nell’interesse dei minori: decine di giudici illuminati e progressisti che tutelano i diritti dei bambini”.
L’avvocato sostiene che ci sono moltissime argomentazioni da utilizzare, ma su una su tutte è proprio una norma della legge 40 – che vieta la maternità surrogata – che potrebbe essere il grimaldello giusto per disinnescare le devastanti conseguenze sulle famiglie che avevano già ottenuto la doppia genitorialità. Questo perché, come spiega Cardaci, l’articolo 8 prevede che “I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime…”, mentre l’articolo 9 disciplina il caso in cui la pma sia avvenuta in violazione dell’articolo che regola i requisiti di accesso alle tecniche: “Secondo questa norma, se c’è stata una violazione dei requisiti oggettivi e soggettivi della procreazione medicalmente assistita il figlio deve avere comunque avere entrambi i genitori” – sottolinea il legale –. Al bambino devono essere garantiti entrambi i genitori, nel suo superiore interesse. Sosteniamo che questa norma si applica anche nei casi con due madri. Inoltre, questi bambini hanno già avuto il riconoscimento dei due genitori: hanno uno status di diritto già consolidato, che non si può ‘depennare’”. In Italia, riferisce Cardaci, per esempio, c’è stato il caso di una coppia uomo-donna che ha avuto accesso alla pma dopo la morte dell’uomo, il quale aveva donato il seme quando aveva scoperto di essere malato di cancro. Sulla pma, eseguita in Spagna dove è prevista anche fecondazione post mortem, vietata in Italia, si è espressa la Cassazione che ha sancito che, nonostante la violazione della legge italiana, il bambino aveva diritto al padre ancorché morto. “Perché, dunque – chiede il legale – lo stesso non dovrebbe valere nel caso delle due donne? Meglio un padre morto che due madri vive?”
C’è poi un ulteriore percorso che si potrebbe seguire, come quello di sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale – come spiegato al fattoquotidiano.it dalla costituzinalista Marilisa D’Amico. Negli ultimi due anni ci sono stati ben due decisioni di inammissibilità della Consulta con le sentenza 32 e 33 del 2021, in cui in sintesi i giudici hanno invitato il legislatore a prevedere al più presto una modalità di riconoscimento del rapporto tra figli nati da pma da coppie dello stesso sesso e a colmare un “vuoto”. “Dobbiamo essere onesti intellettualmente: ce la prendiamo con il governo, con chi ha emanato le circolari – il prefetto e il ministero dell’Interno – ma bisogna riconoscere che la prima a dire no queste famiglie è stata la Cassazione. Il governo ha cavalcato la giurisprudenza ed emesso le circolari, cosa che in passato non hanno fatto altri governi, è vero, ma c’è da dire che il governo prende atto di provvedimenti emessi da un altro potere dello stato, la magistratura“. E il terzo potere è quello del Parlamento, invitato dalla Consulta, a fare una legge. Legge che ancora non c’è che è stata promessa alla manifestazione di sabato scorso dalla segretaria del Pd Elly Schlein. Anche perché come si legge nella stessa sentenza della Cassazione del 30 dicembre, relativa alla gestazione per altri: “Il nato non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro. Non c’è spazio per piegare la tutela del bambino alla finalità dissuasiva di una pratica penalmente sanzionata. Il disvalore della pratica di procreazione seguita all’estero non può ripercuotersi sul destino del nato. Occorre separare la fattispecie illecita (il ricorso alla maternità surrogata) dagli effetti che possono derivarne sul rapporto di filiazione e in particolare su chi ne sia stato in qualche modo vittima”.