Nelle ultime settimane il dibattito sul “rinascimento nucleare” in Italia e Europa è ripreso. La viceministra Gava vorrebbe costruire “15 nuovi reattori da 1.6 GW l’uno”. La Francia (che produce il 70% della sua energia elettrica da nucleare) vorrebbe una “santa alleanza” per costruire nuovi reattori in Europa. Prima però dovrà occuparsi di controllare circa 200 saldature nei tubi dei suoi 56 reattori che iniziano a mostrare i segni dell’età.

Al di là delle posizioni ideologiche degli estremisti, si può essere scettici sul nucleare, specialmente in Italia, ed essere considerati scienziati a tutti gli effetti?

Qualsiasi nostra scelta dovrebbe essere basata su una valutazione di costi e benefici. A volte però i vantaggi tra due opzioni possono essere talmente sproporzionati che un messaggio può essere semplificato illustrandone solo una. I vaccini salvano delle vite. I cosiddetti medicinali omeopatici non hanno alcuna differenza rispetto a un placebo.

Attenzione però a trasferire “sempre e comunque” queste “verità scientifiche” nella società. I vaccini anti-Covid hanno salvato tantissime vite, ma qual è stata la reale utilità del green pass, di fatto un obbligo vaccinale mascherato per tutte le classi di età? Tre dosi di vaccino sono state equiparate a un “liberi tutti”. Questo ha contenuto o addiritttura peggiorato la diffusione del virus? Chi smentisce alcuni allarmismi ingiustificati sul nucleare non dimostra automaticamente che questa tecnologia sia irrinunciabile, come le bufale dei no-vax non rendono tutti i vaccini efficaci o buoni investimenti: si pensi al caso del “vaccino italiano”.

La scienza, poi, deve essere riproducibile e persino falsificabile. Possiamo ogni volta ripetere l’esperimento nel quale l’omeopatia non è diversa dal placebo, ma scegliere di investire sul nucleare non è riproducibile, a meno di tornare indietro nel tempo. Avviare un programma nucleare potrebbe essere una buona idea in un dato tempo e luogo e pessima in un’altra. Come abbiamo visto, oggi in Italia sarebbe improponibile per una questione di costi, tempi e per l’ostacolo del referendum.

Altri paesi in epoche diverse hanno costruito rapidamente molti reattori: la Francia e gli Usa negli anni ‘70, la Cina dal 2000.

Quando si parla di nucleare, spesso si citano gli incidenti di Chernobyl e Fukushima per le vittime dovute a questi eventi e ai costi enormi; ma il colpo più grande all’industria nucleare è arrivato dall’incidente (senza vittime) di Three Mile Island nel 1979, quando da un’operazione di routine si arrivò alla parziale fusione del nocciolo di un reattore. Decine di progetti di nuovi reattori sono stati accantonati e quelli portati a termine negli Usa hanno richiesto tempi dilatati, con il record di 46 anni (con 22 di sospensione lavori) per il reattore di Watts Bar-2, iniziato nel 1973 e terminato nel 2016.

In realtà c’è stato un tentativo di “rinascita nucleare” iniziando la costruzione di quattro nuovi reattori nel 2013. Analogamente a quanto accaduto con quelli recenti in Europa, i due reattori di Vogtle hanno visto i costi raddoppiati (da 14 a 28 miliardi di dollari) e solo uno è stato avviato recentemente. Per i reattori a Virgil Summer (Carolina del Sud) è andata anche peggio. Dopo che il conto è salito da 9.8 a 25 miliardi senza avanzamenti significativi dei lavori, il progetto è stato cancellato e i nove miliardi spesi fino a quel punto messi in conto ai contribuenti dello stato americano.

Per quanto riguarda la Cina, il paese del mondo che avvia più reattori, la produzione di energia elettrica da nucleare è passata da 68 TWh nel 2008 al 417 TWh nel 2022 (il 5% del totale). In questi 14 anni eolico e fotovoltaico sono però passati da produrre 14 TWh nel 2008 a 1200 TWh nel 2022, tre volte più del nucleare. Nell’ultimo anno la produzione del nucleare è aumentata di 10 TWh, con un tasso di crescita del 2.5%, mentre eolico e fotovoltaico sono cresciuti di 200 TWh, venti volte di più.

Chi propone il ritorno al nucleare oggi lo fa non perché sia intrinsecamente utile ma per motivi secondari. Ad esempio, per avere basse emissioni di gas climalteranti o per garantire una fronte di energia elettrica costante, il cosiddetto “baseload” o carico base. Mentre è vero che eolico e fotovoltaico hanno una produzione discontinua, ci sono altre soluzioni, come ad esempio la cattura dell’anidride carbonica da fonti fossili, e fonti rinnovabili come il biodiesel o l’idroelettrico. È però il concetto di “carico base” che potrebbe essere rivisto.

Una rete diffusa basata sulle rinnovabili può essere robusta e flessibile. Infine, il fotovoltaico se non fornisce energia di notte ha però un picco di produzione proprio quando in Italia serve di più: di giorno e d’estate, quando tutti i condizionatori sono accesi.

La dimensione degli investimenti i tempi di realizzazione sono un ostacolo enorme per il nucleare, in particolare in Italia dove si dovrebbe ripartire da zero. In tutti i casi ove ci sono stati risultati un minimo apprezzabili si è trattato di luoghi molto diversi dal mondo europeo (Cina) oppure sono stati ottenuti in tempi lontani (Usa e Francia negli anni ‘70). I fan del nucleare continuino nelle loro convinzioni ideologiche, ma per piacere la smettano di strumentalizzare “la scienza”.

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