“Da destra e sinistra, sembravano tutti un solo partito, unito dalla volontà di mettere la giustizia al primo posto di una società civile”: così Pietro Orlandi commenta con Ilfattoquotidiano.it il via libera della Camera che ha espresso un voto unanime – con 245 voti favorevoli e nessun contrario – per l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta che dovrà far luce sulle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, avvenute entrambe nel 1983. “La giustizia – prosegue il fratello della cittadina vaticana scomparsa nel giugno dell’83 – non può avere colore politico, lo stanno dimostrando. Ci hanno abituato ad accettare passivamente le cose ma oggi, ho percepito un cambiamento. Lo Stato non vuole più subire questo sopruso a capo chino, la vicenda di Emanuela riguarda tutti. Tutti hanno percepito che c’è qualcosa dietro alla scomparsa di mia sorella. Fino a qualche tempo fa erano tutti meno liberi.
Da cosa lo ha capito?
Nella discussione in Aula hanno fatto tutti riferimento alla famosa trattativa con il Vaticano intrapresa dal magistrato Giancarlo Capaldo, a capo dell’inchiesta su Emanuela prima che gli fosse tolta (Capaldo avrebbe dovuto rimuovere la salma del boss De Pedis dalla Basilica di Sant’Apollinare in cambio di un dossier su Emanuela, ndr). In molti tra i deputati hanno pubblicamente notato che a Capaldo fu tolta l’inchiesta da Giuseppe Pignatone che archiviò tutto, e che lo stesso adesso è a capo del Tribunale Vaticano. Forse questa commissione potrà fare anche qualcosa in più della stessa Procura. Spero arrivi presto l’okay anche dal Senato per procedere in tempi brevi”.
Perché lo crede?
Le sedute della commissione saranno pubbliche. Ad esempio, se Capaldo verrà interrogato, non potrà più essere ignorato dal Vaticano, non potranno più stare in silenzio. La cosa grave è stata che quando hanno ascoltato Capaldo in Procura, due anni fa, lui fece i nomi delle persone presenti alla trattativa. Oltre ai nomi di Domenico Giani e Costanzo Alessandrini (a capo all’epoca della gendarmeria Vaticana, ndr) disse che c’era anche il magistrato Simona Maisto. Il mio avvocato Laura Sgrò ha chiesto di incontrare magistrati per convocare la Maisto ma fu ignorata, nessuna risposta. La Maisto è morta quattro mesi fa e non potrà più testimoniare.
Anche il Vaticano due mesi fa ha aperto un’inchiesta, ha fiducia in loro?
Purtroppo sta sfumando. A due mesi dall’apertura della prima inchiesta su Emanuela, non ci hanno ancora convocato e questo colpisce perché se si parte con un’inchiesta per cercare la verità, la prima cosa da fare sarebbe sentire i familiari. Insieme al nostro avvocato Laura Sgrò, da due anni chiediamo di essere ascoltati dal tribunale Vaticano perché abbiamo degli elementi importanti. Avevo pensato a un rigurgito di coscienza ma forse mi sbagliavo. Mi aspettavo avrebbero convocato Padre Georg, braccio destro di Ratzinger che nel 2011 mi disse che c’era un dossier contenente la verità su mia sorella. E invece è di ieri la notizia che Papa Francesco l’ha mandato in Costa Rica. Spero lo ascolteranno prima che parta. Che senso ha aprire un’inchiesta e inviare i testimoni dall’altra parte del Mondo? Mi ricorda quando, nel ’97, Papa Giovanni Paolo II mandò Marcinkus in Arizona non appena venne fuori la pista interna al Vaticano su Emanuela. Sono movimenti strani, no?
Cosa rappresenta, al di là di come andranno le cose, il voto di oggi per la sua famiglia?
Da quando è stata chiusa l’inchiesta su Emanuela e Mirella, nel 2015, noi familiari siamo sempre andati avanti ma adesso non mi sento più solo, c’è una commissione che ci darà una mano. Alla fine della seduta tutti i deputati si sono alzati in piedi, si sono voltati verso di noi e ci hanno rivolto un lungo applauso. Le istituzioni ci hanno dimostrato affetto, è bello sentirsi appoggiati dallo stato italiano, mi sono commosso.
“Sono contenta e spero stavolta si possa fare luce su Mirella, aspetto fiduciosa il voto al Senato”, dichiara a Ilfattoquotidiano.it Maria Antonietta Gregori la cui sorella è scomparsa nel maggio del 1983, pochi giorni prima di Emanuela. Le due sparizioni sono sempre state accostate perché ci sono elementi comuni. Dallo sviluppo delle indagini sono emersi intrecci profondi con personaggi che sembrano protagonisti di entrambe le vicende, tutti legati allo Stato Pontificio. “Spero la mia fiducia sia meritata – conclude Maria Antonietta –, 40 sono anni tanti ma se vogliono davvero, con i mezzi di oggi possono arrivare alla verità”.