“È a rischio la coesione sociale del paese. Serve urgentemente un’autorità nazionale per dirimere gli inevitabili contrasti sull’uso della risorsa”. L’allarme è lanciato dal presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) che ogni settimana monitora l’andamento della situazione idrica del paese. Una situazione che potrebbe generare conflitti tra i diversi utilizzatori della risorsa irrigua. Anzi, i primi segnali di tensione si sono già manifestati. Nel “Triangolo del Riso”, al confine tra il Piemonte e la Lombardia, mercoledì mattina una cinquantina di risicoltori novaresi ha manifestato la preoccupazione sulla distribuzione di acqua da parte del Consorzio Irriguo Est Sesia che li vedrebbe svantaggiati a favore di quelli lombardi. Parlano di una “triste sensazione di un trattamento iniquo tra gli associati dei territori della provincia di Novara e di Pavia” e hanno espresso al presidente del consorzio “l’enorme preoccupazione per le loro attività”.

Tra qualche settimana arriverà il momento di seminare il riso e queste tensioni rischiano di estendersi anche in altre zone d’Italia. “Stiamo già vivendo delle guerre per l’acqua – racconta al fattoquotidiano.it Roberto Francese, il sindaco di Robbio, un piccolo comune della Lomellina. L’anno scorso da queste parti “si sono registrate tensioni tra agricoltori” spiega il sindaco ricordando che più di una volta “i flussi dell’acqua sono stati deviati di notte per avere l’acqua il giorno dopo e i lucchetti ai chiusini sono stati rotti. Da queste parti tutti temono il ripetersi di quello che è accaduto nella stagione scorsa quando la produzione italiana di riso è calata del 30 per cento. E per il 2023 Coldiretti stima che mancheranno all’appello 8mila ettari di riso.

La situazione è peggiore rispetto al 2022. Sulle Alpi, l’inverno che si è appena concluso ha registrato il 30 per cento di neve in meno rispetto al 2022 quando il deficit sulla media storica era già del 67 per cento (dati Joint Research Centre della Commissione Europea). Ma se lo scorso anno la carenza di neve era concentrata soprattutto nel Nord Ovest, oggi riguarda tutto l’arco alpino. A febbraio, secondo le stime dell’osservatorio Anbi, sono caduti 2,9 miliardi di metri cubi di neve, un terzo rispetto alla media storica (8,7 miliardi di metri cubi) e un miliardo in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Una situazione particolarmente critica è quella Lombarda dove il deficit delle riserve idriche è ormai “cronico”. In montagna rimangono meno di 790 milioni di metri cubi (-69,1 per cento rispetto alla media, nonché il 18,2 per cento in meno rispetto al minimo storico). Se si allarga lo sguardo, la quantità di risorsa idrica stoccata è inferiore del 60,2 per cento rispetto alla media, ma addirittura del 6,2 per cento rispetto all’anno scorso. L’appello al governo da parte di tutti è quello di “fare in fretta”. Il primo cittadino di Robbio chiede che il nuovo commissario alla siccità “non sia un politico ma un tecnico. La situazione sarà molto peggiore rispetto allo scorso: è una questione di vita o di morte per queste aziende”.

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