La notizia emerge dell’udienza preliminare dell'ultimo procedimento aperto a 49 anni dalla bomba che uccise 8 persone e ne ferì 102. I familiari delle vittime: "Il governo chiarisca". Il Pd, Azione e Alleanza Verdi Sinistra: "Episodio grave".. Poi le rassicurazioni del sottosegretario: "L’Avvocatura dello Stato chiederà al Gup di Brescia la rimessione in termini ai fini della costituzione"
Un’altra mancata costituzione di parte civile da parte della presidenza del consiglio rischia di diventare un vero e proprio caso politico. Dopo i precedenti dei processi a Silvio Berlusconi, infatti, il governo di Giorgia Meloni non si è presentato tra le parti lese dell’ultimo processo sulla strage di piazza della Loggia a Brescia, che il 28 maggio del 1974 fece 8 morti e 102 feriti. Una notizia che ha provocato la reazione dei familiari delle vittime, oltre a numerose dichiarazioni politiche molto critiche nei confronti del governo. Alla fine è arrivato Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ad assicurare che l’esecutivo si costituirà tra le parti civili: “La Presidenza del Consiglio non ha ricevuto nessun avviso riguardante la fissazione dell’udienza preliminare del processo a carico di Roberto Zorzi e Marco Toffaloni, imputati per la strage di piazza della Loggia Brescia – ha sostenuto Mantovano – Per questo, l’Avvocatura dello Stato, su mandato della stessa Presidenza del Consiglio, chiederà al Gup di Brescia la rimessione in termini ai fini della costituzione di parte civile, che seguirà non appena la rimessione sarà concessa”. Oltre alle famiglie delle vittime, si sono già costituiti come parti civili il Comune di Brescia e le sigle sindacali che avevano indetto la manifestazione il 28 maggio 1974.
Il processo – Quarantanove anni dopo la bomba che i neofascisti nascosero in un cestino della spazzatura, infatti, si è aperto un nuovo procedimento su una delle stragi nere della strategia della tensione. La Procura di Brescia chiesto il rinvio a giudizio per Roberto Zorzi, che, come era ampiamente previsto, non è presente in aula. Nato a Merano, ma cresciuto nel Veronese, il giorno dell’esplosione della bomba non aveva ancora compiuto 21 anni: oggi vive negli Stati Uniti con passaporto americano e gestisce un allevamento di dobermann che ha chiamato Il Littorio. È accusato di concorso in strage con altri tra cui Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, per “aver partecipato alle riunioni in cui l’attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità all’esecuzione dell’attentato e comunque rafforzando il proposito dei correi”, come recita il capo di imputazione. Militante di Ordine nuovo di Verona, è accusato di aver portato in piazza l’ordigno della strage insieme a Marco Toffaloni, che all’epoca aveva 17 anni e sarà processato dal tribunale dei Minori.
Le reazioni – Prima della dichiarazione di Mantovano, la mancata costituzione di parte civile della presidenza del consiglio ha ovviamente provocato reazioni. A cominciare dai familiari delle vittime. “Non so se la presidenza del Consiglio sia stata avvertita in merito a questa udienza o se sia stata una scelta di non costituirsi parte civile. Mi auguro che nel giro di pochi giorni venga chiarita questa situazione“, ha detto Manlio Milani, presidente dell’Associazione familiari vittime della strage di piazza della Loggia. Reazioni arrivano anche a livello politico. “Oggi, per la prima volta, all’avvio di uno dei tanti processi sulla strage di Piazza della Loggia, uno dei più gravi delitti contro la democrazia italiana, non era presente come parte civile la presidenza del Consiglio dei ministri. Non sappiamo se si tratti di una scelta deliberata o di una dimenticanza. In entrambi i casi, un episodio grave, sul quale chiediamo che il governo dica una parola chiara. Lo meritano il paese, la città di Brescia offesa dalla strage, i familiari delle vittime”, scrivono in una nota il senatore Alfredo Bazoli e il deputato Gianni Girelli, parlamentari bresciani del Partito democratico che annunciano la presentazione di una interrogazione. Tra le vittime della strage di piazza della Loggia, tra l’altro, c’era anche Giulietta Banzi Bazoli, madre del senatore dem. “È un brutto segnale, incomprensibile. La verità sulle stragi è un interesse dello Stato, un dovere nei confronti delle vittime”, dice Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. “Faccio appello alla sensibilità del sottosegretario Mantovano – aggiunge – affinché sia rivista questa scelta “. “Che vergogna Palazzo Chigi, che vergogna”, scrive su Facebook l’ex deputato Pd Emanuele Fiano. “Palazzo Chigi non si costituisce parte civile nel processo sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia. Non sappiamo se si tratta di una dimenticanza o di una scelta consapevole, ad ogni modo il governo deve fare chiarezza subito. Lo faccia per Brescia, per le famiglie delle vittime e per tutti i bresciani”, protesta Mariastella Gelmini, vicesegretario e portavoce di Azione.
La ricostruzione – Il 1974 è l’anno nero della strategia della tensione: è l’anno della strage di Brescia ma pure di quella sul treno Italicus (12 morti). E’ l’anno delle tentate stragi a Vaiano e Silvi Marino. Il nero Umberto Zamboni ha raccontato agli inquirenti che “una volta sciolto Ordine nuovo, si presentò la necessità di scegliere una risposta da dare allo Stato. Questa risposta, necessariamente, prevedeva solo due tipi diversi di approccio. Uno violento e uno politico”. Come ha ricordato Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano, Zamboni aggiunge: “Avvennero delle riunioni in cui si parlò di creare una struttura paramilitare che avrebbe dovuto realizzare attentati con vittime, cioè stragi indiscriminate per indurre un desiderio di sicurezza, la gente doveva non poterne più per chiedere un governo forte”. Dopo che il governo scioglie Ordine nuovo (novembre 1973), alcuni suoi militanti fondanno Ordine nero. Il 28 febbraio del 1974 si riuniscono in un hotel di Cattolica, con la presenza di uomini del Sid, il servizio segreto militare. È lì che si comincia a ideare la strage di Brescia. Si decide di piazzare la bomba durante la manifestazione dei sindacati, in un angolo di piazza della Loggia dove di solito stazionavano le forze dell’Ordine: in quel modo si sarebbe addebbitata la responsabilità ai “rossi”. Ma il 28 di maggio piove: polizia e carabinieri si spostano per lasciare ai manifestanti riparto sotto il porticato. La bomba esplode alle ore 10 e 12 minuti: ammazza otto persone e ne ferisce 102. Quarantanove anni dopo si torna in un aula di tribunale per illuminare gli angoli bui di una storia mai completamente chiarita.