Cultura

Giornate Fai di Primavera 2023, tutte le novità di questa edizione. Il presidente Magnifico: “Quando c’è l’interesse del pubblico, le istituzioni trovano i soldi”

di Marco Ferri

Il prossimo weekend tornano le “Giornate Fai di Primavera” con l’apertura straordinaria di oltre 750 luoghi, in 400 città di tutte e 20 le regioni d’Italia. A Marco Magnifico, presidente del Fondo Ambiente Italiano, abbiamo chiesto di anticiparci qualche tema portante della 31a edizione delle “Giornate Fai”. “Sarà un’edizione totalmente diversa – dice Magnifico – per ciò che riguarda l’elenco dei luoghi da visitare, ma identica nello spirito e per l’entusiasmo”.

Come vengono scelti i luoghi da mostrare ai visitatori?
La scelta è totalmente nelle mani dei nostri volontari che dal cilindro di questo paese pazzesco estraggono delle testimonianze della nostra cultura e identità che normalmente non appartengono classicamente alla categoria dei monumenti di questo Paese. Negli anni abbiamo allargato la conoscenza della storia italiana all’apertura di ministeri, manifatture, fabbriche, porti, aeroporti, tribunali etc.. Quest’anno sarà aperto il Tribunale di Venezia e si potrà vedere un’aula spettacolare costruita da Carlo Scarpa tra il 1954 e il 1956. Quel che mi preme far capire è che la costruzione degli edifici dove opera la macchina del funzionamento dello Stato molto spesso è stata affidata a grandissime firme. La qualità italiana non è stata riservata esclusivamente alla costruzione dei monumenti universalmente riconosciuti, ma si è infilata nelle pieghe di tutta l’amministrazione. Quindi ministeri, tribunali…quegli edifici che tradizionalmente non fanno parte dei monumenti. In fin dei conti le ‘Giornate Fai’ in questi 31 anni hanno scritto una specie di enciclopedia spontanea della storia dell’identità italiana, realizzata da cittadini che hanno deciso liberamente che cosa aprire, che cosa raccontare. Io credo che queste giornate abbiano ampliato molto il concetto di luoghi identitari della cultura in cui ci si può riconoscere. Basta entrare in un tribunale per rendersene conto, tanto per fare un esempio.

Ma conservare un patrimonio così vasto ha dei costi elevatissimi e trovare i soldi necessari al suo mantenimento è sempre più difficile. Qual è la posizione del Fai in tal senso?
Non sono d’accordo. Secondo la nostra esperienza i soldi saltano fuori se la gente lo pretende. E mi riferisco non solo alle ‘Giornate Fai’ ma anche a ‘I luoghi del cuore’. Se per un luogo sconosciuto, dimenticato, tanta gente firma e chiede che questo non cada in oblìo ma sia salvato, alla fine le istituzioni locali ascoltano e i soldi saltano fuori. Non sempre, naturalmente, ma è molto importante il restauro e la valorizzazione di un luogo venga chiesta a gran voce dalla gente che vi vive intorno. Se ciò accade, nasce una sensazione di bisogno sociale, collettivo e a quel punto le istituzioni rispondono. Basta una firma o un’apertura straordinaria. In tal senso sono moltissimi i luoghi riscoperti dalle delegazioni del Fai.

Può fare un esempio tangibile?
Certo. La Chiesa di San Francesco del Prato di Parma, un grande edificio del XIII secolo, in stile gotico, con la facciata a mattoni. Nel XIX secolo, con le soppressioni, fu sconsacrata e divenne carcere. Poi la prigione cambiò sede e l’ex-chiesa fu adibita ad autofficina. Finita anche quell’esperienza, la delegazione Fai di Parma riesce ad aprirla al pubblico nel 2018 e sono migliaia le persone che la visitano per la prima volta; subito dopo parte un meticoloso restauro e nel 2021 è stata nuovamente consacrata. Ciò dimostra che la ‘Giornata Fai di primavera’ ha mosso l’interesse della gente e considerato l’interesse suscitato, immediatamente son saltati fuori i soldi per il restauro e così la curia l’ha riconsacrata. Se la collettività dimostra interesse, le istituzioni rispondono. Il ruolo del Fai è quello di smuovere le coscienze stimolando l’interesse del pubblico. E a quel punto i soldi si trovano”.

E con i luoghi di culto che vengono dismessi e diventano alberghi, come la mettiamo?
Partiamo da un esempio. Villa d’Este, sul Lago di Como, si è salvata proprio perché è diventata albergo. Perché altrimenti sarebbe stato difficile mantenere un edificio di quelle dimensioni. Io non sono contrario ai cambi di destinazione d’uso, esclusi i monumenti più rappresentativi della nostra cultura ovviamente. A patto che un eventuale restauro non sciupi il monumento, io non sono contrario. E poi ne abbiamo talmente tanti che è inevitabile.

Ma le chiese?
Per gli edifici di culto sono un po’ più preoccupato
. D’altronde c’è un terribile problema: le chiese si svuotano. Mancano i fedeli, cala il numero dei sacerdoti. Purtroppo la Chiesa non ha saputo adeguarsi ai tempi. Solo pochi giorni fa il Pontefice ha detto che il celibato dei preti non è una regola. Sarebbe ora che cambiassero: o la Chiesa si adegua ai tempi e la struttura ecclesiale cambia e allora può riprendere un po’ di vita, oppure così come muore la chiesa muore il suo colossale patrimonio. Da fedele, mi ripugna il fatto di entrare in una chiesa trasformata in un’officina per auto. A me non interessa quale Dio si preghi in un luogo di culto, purché questo spazio conservi la sua destinazione. Per l’Italia è un problema gigantesco e non mi scandalizzo se una chiesa cambia confessione. Basta che resti un tempio dedicato allo spirito. L’importante è che non diventi un mercato. E non mi scandalizzo assolutamente se per entrare in una chiesa si paga il biglietto. Nella Chiesa dei Frari di Venezia, che è grandissima, si paga il biglietto d’ingresso da anni. Ed è giusto. Altrimenti come si fa a mantenere i monumenti di quelle dimensioni e complessità? Il biglietto non è una tassa, ma il contributo che il visitatore dà per il suo mantenimento. È giusto che i visitatori collaborino, sia firmando per ‘I luoghi del cuore’, sia andando a visitare, sia pagando una quota per entrare a visitare un monumento della cultura italiana. Perché tutti sono chiamati al mantenimento del patrimonio collettivo. Io non sono assolutamente d’accordo con chi vuole la gratuità dei musei.

Quindi aboliamo le domeniche a ingresso gratuito?
Assolutamente no. Come nelle ‘Giornate Fai di primavera’ i luoghi si visitano gratuitamente. Le domeniche a ingresso gratuito sono giuste, ma siccome spesso si parla dell’abolizione dei biglietti dei musei: ebbene a quello io sono contrario. E poi in Italia son tante già le categorie per così dire ‘protette’, cioè che non pagano il biglietto. Ciò nonostante le domeniche a ingresso gratuito sono sacrosante, ma abolire totalmente i biglietti d’ingresso nei musei è impossibile.

E i rapporti col nuovo governo di centrodestra?
Noi si lavora con chi governa, indipendentemente dalle proprie idee. Ho incontrato due volte il Ministro Sangiuliano, mi son trovato molto bene con lui, ci siamo scambiati punti di vista trovandoci allineati. Naturalmente è una storia che è appena iniziata per cui, vediamo come evolve. Però ho trovato un Ministero attento alle esigenze di una fondazione come la nostra, che ci preoccupiamo delle esigenze del patrimonio.

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