Ci sono eventi di cronaca che a poco a poco si trasformano in storia senza che neanche ce ne rendiamo conto. Alcune delle pagine più nere della storia italiana hanno avuto un protagonista ricorrente, inquietante e onnipresente. E’ il “Gran Maestro”, l’uomo che partendo da umili origini ha scalato prima la massoneria e poi la stessa società italiana diventandone, per un lungo periodo, il presunto burattinaio. Tutti avrete capito di chi sto parlando. Un personaggio ormai uscito dalle schiere dei viventi eppure la cui figura ancora permea ampie fasce della politica, dell’impresa e degli affari italiani.
Gianluca Barbera, scrittore eclettico e inarrestabile, dopo le mille imprese di Magellano, Pigafetta e Marco Polo ha voluto dedicare un libro proprio a G., il Gran Maestro di cui promette di rivelare il segreto. Inutile dire che la lettura è immersiva, avvincente e propria di un bel romanzo storico, che però ha per protagonista un personaggio che è apparso in centinaia di telegiornali; del quale si sono scritti migliaia di pagine sui giornali e sui libri.
Qualcuno che l’opinione pubblica considera un contemporaneo e del quale si conoscono presunte o reali nefandezze – grazie alle torbide vicende che mettono insieme la morte misteriosa di Papa Luciani, di Roberto Calvi, di Michele Sindona e di Aldo Moro – diventa, nel libro di Barbera, una figura epica (nel male) dalla medesima negativa grandezza di un Fouché o di un Catilina. Oltretutto leggendo Il segreto del Gran Maestro chi pensava di conoscere tutto del fantomatico G. grazie alla propria frequentazione della cronaca scopre un personaggio per molti versi inedito, dato che l’autore ripercorre rigorosamente la storia di G. prima che diventasse “quel” G., consentendoci chiavi di lettura inesplorate sia investigando la psicologia dell’intrigante massone, sia illuminando alcuni specifici episodi della storia del fascismo nel quale G. ebbe origine e pastura. Venne davvero ricevuto dal Duce avendone beneplacito e sostegno? Davvero fu così infame da tradire tutti i suoi compagni di ideologia?
Una cosa evidente nella narrazione è che questo “Gran Maestro” è davvero un pessimo maestro che degli ideali non sa che farsene, ma dei lingotti d’oro rubati all’Albania probabilmente sì.
G. è un uomo che si prende gioco di ogni morale e di ogni istituzione, perfino del fascismo e della massoneria stessa della quale Barbera ci restituisce, forse, la più accurata, normale ed elementare procedura di affiliazione: molti rituali zeppi di simboli, ma spesso ridicoli, più che altro moltissimo affarismo e una smisurata sete di potere.
Gli stessi giochi con le banche e con i soldi degli altri hanno origini lontane che risalgono alla prima giovinezza di G. e che impronteranno poi tutta la sua attività manipolatoria. Un dubbio, infine, tracima dal libro: sarà veramente G. a tirare i fili o piuttosto anche lui non era che un burattino in mano ad altri poteri veramente forti? Questo Barbera non lo rivela, ma una citazione di Giulio Andreotti all’inizio del libro potrebbe essere illuminante: “Ora c’è tutta questa ipotesi che G. governasse più che nella stanza dei bottoni. Io non me ne sono mai accorto. Se lo ha fatto vuol dire che aveva una straordinaria capacità, visto che nella stanza dei bottoni c’ero io.”