Ti stimo, tanto che quasi ti licenzio. Ha provocato un’onda di indignazione la storia di Giovanni Urga, docente di econometria presso la prestigiosa Bayes Business School richiamato a insegnare all’Università di Bergamo per “chiara fama” e cacciato 13 anni dopo con accuse infamanti perché false, al punto che il Tar ne ha disposto il reintegro immediato mentre ha condannato l’ateneo per un “uso distorto del potere pubblico” e “norme illegittime verosimilmente introdotte ad personam” per estrometterlo dall’insegnamento. Una storia rivelata dal fattoquotidiano.it così surreale da aver indotto diversi professori delle più prestigiose università economiche al mondo a scrivere un lettera di solidarietà al collega, cui si aggiunge ora quella degli studenti che manifestano vicinanza e gratitudine al loro “prof”. A unirle, è la scoperta che gli attuali vertici dell’ateneo orobico hanno impugnato quella sentenza al Consiglio di Stato, reiterando così una vicenda che già appariva kafkiana.

Per fortuna però, “la reputazione scientifica del prof. Urga non è mai stata in discussione”. E chi lo dice? Proprio il rettore dell’ateneo di Bergamo, Sergio Cavalieri che due mesi fa ha dato mandato ai legali di UniBg per costituirsi in appello e tentare ancora di cacciarlo. Prima di pubblicare l’articolo gli avevamo chiesto un commento ma Cavalieri non volle parlare e l’ateneo si limitò a confermare che il docente era stato reintegrato, tanto che si andava cercando un accordo sulla quantificazione del danno biologico e professionale che il Tar ha chiesto da quantificare. Sarà il clamore suscitato dalla notizia, sarà una mezza ammissione ma ecco il messaggio: “Non è in alcun modo messa in discussione la reputazione scientifica del Prof. Giovanni Urga, stimato professore dell’Ateneo. Recependo pienamente la sentenza del TAR lombardo pubblicata il 24 giugno 2022, l’università ha disposto l’immediata reintegrazione nei ruoli dell’Ateneo con conseguente ricostruzione della carriera del medesimo. In merito alla vicenda in oggetto, essendo ancora in corso un procedimento, nel rispetto della magistratura e, al fine di addivenire ad una risoluzione della vertenza, per il bene dell’Istituzione e nell’interesse di entrambe le parti coinvolte, si ritiene opportuno non rilasciare commenti”. E forse è meglio non farne, perché il primo e sicuro effetto della decisione di proseguire lo scontro è stato di gettare ulteriormente nello sconforto il professor Urga, che ha chiesto di essere messo in aspettativa senza stipendio.

Il tentativo di licenziarlo per via amministrativa faceva leva su una presunta scorrettezza dovuta alla sua mancata dichiarazione della docenza all’estero. La contestazione sulla “doppia affiliazione” si è poi infranta davanti al giudice quando è emerso che Urga l’aveva comunicata già nel 2006, quando rispose alla chiamata di UniBg, e che nel 2007 aveva chiesto (e ottenuto!) l’autorizzazione a mantenere la residenza a Londra proprio a motivo degli incarichi per i quali l’ateneo orobico promuoveva la sua assunzione. Per altro, la legge 240/2010 è chiarissima sul punto e non solo per i professori di “chiara fama”: possono lavorare all’estero (previa autorizzazione) anche con contratti di lavoro subordinato. Così Urga ha provato in giudizio di aver svolto i suoi compiti in modo anche superiore rispetto agli obblighi di legge. Ma non basta.

Si scopre ora che insieme al tentativo d’impallinarlo per via amministrativa ce n’è stato uno per via giudiziaria. L’Università aveva depositato nei confronti del professore una denuncia penale ed i legali di Urga avevano a loro volta presentato un esposto per abuso d’ufficio nei confronti dell’allora rettore Remo Morzenti Pellegrini, vale dire colui che nel 2020 avviò le contestazioni. Entrambi gli esposti sono stati archiviati, con la motivazione, quanto all’allora rettore, che egli avrebbe agito in regime di “discrezionalità”, e che non sarebbe ipotizzabile che il CDA della Università possa aver commesso reati per mera “succubanza” verso l’ex rettore. Morzenti Pellegrini appare oggi defilato e lontanissimo , anche dalle possibili conseguenze che potrebbe subire l’ateneo in caso di ulteriore sconfitta nelle aule giudiziarie. Pur mantenendo una docenza in diritto amministrativo a UniBg e proseguendo brillantemente la sua carriera. Da tempo è accreditato come potenziale candidato sindaco a Bergamo.

Restano cocci di un caso in cui l’università punisce il merito, e con modalità a tratti persecutorie e schizofreniche: l’università che portava il prof in palmo di mano è la stessa che poi lo stritolava con ogni mezzo, il rettore che si profonde oggi in attestati di stima verso di lui è lo stesso che autorizzava l’ultimo tentativo di cacciarlo per sempre. La differenza è che da una parte c’è la tetragona resilienza dell’istituzione, dall’altra la capacità di sopportazione di un mite docente che si è messo di traverso. “E’ successo. – si limita a ripetere . – Ma non deve intaccare la fiducia nei nostri atenei e dei nostri studenti”. E se può dirlo lui, con quel che sta passando, possiamo ancora sperarci tutti.

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