La Corte dei Conti denuncia come nel programma per piantare 6,6 milioni di alberi in 14 città italiane entro il 2024, finanziato con un prestito di 330 milioni di euro, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica equipari la messa a dimora di arbusti con l’interramento di ghiande e altri semi. “Attraverso il Pnrr pianterreno un milione di alberi a partire dalle aree urbane”, diceva a gennaio il sindaco di Roma Roberto Gualtieri annunciando il piano di riforestazione della Capitale. Ora si scopre che questi alberi da piantare – a un prezzo di 50 euro l’uno – saranno solo pinoli, ghiande o altri semi, interrati in vivaio, che solo in parte diventeranno piante. Lo ha svelato la magistratura contabile che ha messo sotto la lente l’intervento di riforestazione, finanziato con 330 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) – denuncia la Corte – ha insistito nell’affermare la sostanziale equivalenza tra la semina in vivaio in luogo della messa a dimora di piante e arbusti nei siti di destinazione finale”.
“La semina in vivaio non è una piantumazione”
Sulla base dell’interpretazione del Mase è stato considerato raggiunto l’obiettivo di piantare i primi 1,63 milioni di alberi entro il mese di dicembre del 2022 in 14 Città metropolitane (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Palermo, Firenze, Genova, Milano, Messina, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia). “Se non tutte, un numero considerevole di Città metropolitane ha optato – attraverso appositi bandi o per il tramite della convenzione con la società Umbraflor – per la semina in vivaio delle specie arboree in luogo della messa a dimora delle piante in situ”, scrive la Corte. Tra le città che hanno scelto la soluzione dei semi al posto delle piante c’è Roma. I magistrati contabili obiettano che “la semina in vivaio non può essere assimilata alla forestazione urbana e, pertanto, neanche essere oggetto di collaudo ai fini del raggiungimento degli obiettivi del Pnrr”, che quindi potrà non finanziare l’intervento. “Se l’equiparazione, proposta dal Ministero, non dovesse essere condivisa dalla Commissione Europea – si sottolinea nella delibera – il target Q4-2022 non potrà ritenersi raggiunto”.
Nessuna “messa a dimora” a Genova
La Corte ha anche mandato i carabinieri forestali a controllare lo stato di attuazione degli interventi di riforestazione già avviati constatando “significativi ritardi di esecuzione e, soprattutto, l’inefficacia della messa a dimora delle piante rinvenute già secche”. La delibera porta esempi concreti: “La città metropolitana di Genova, ha aggiudicato la gara per l’esecuzione dei lavori e, tuttavia, non è stata riscontrata la messa a dimora delle 868 piante che l’impresa aggiudicataria ha dichiarato di aver piantato”. Sempre a Genova, i forestali hanno riscontrato che si intendono riforestare aree già boscate e addirittura si pianifica di piantare specie “non compatibili” con il clima locale. Mentre per i progetti di futura aggiudicazione, “da un primo controllo delle ditte che hanno partecipato al bando sono emerse alcune anomalie di offerta che porterebbero a pensare ad un accordo tra le stesse partecipanti, tra le quali sono stati riscontrati già casi di denunce per turbativa d’asta o truffe nella percezione di pubbliche erogazioni”. A Milano la gara è andata deserta perché risulta impossibile aderire in quanto ” l’area metropolitana – annotano i forestali – ha un’altissima densità abitativa e risulta quasi impossibile procedere ad un’opera di rimboschimento di 3 ettari”, come previsto dal ministero. Per questo sono state avanzate richieste di una modifica del bando per renderlo effettivamente fruibile. Sui progetti eseguiti dalla Città metropolitana di Torino, le ispezioni hanno evidenziato “un elevato numero di piante morte, in alcuni casi in percentuale anche del 100 per cento”.
In Calabria l’area “in stato di abbandono”
A Reggio Calabria, i forestali hanno annotato che l’area scelta per la piantumazione “versa in stato di abbandono con gli alberi soffocati da piante infestanti”. A Palermo e a Catania, “non è stata messa a dimora alcuna essenza forestale”. Più positiva la situazione a Bari, dove “sono già stati individuati i vivaisti della provincia che dispongono del materiale forestale per quantità e per assortimento delle specie relativamente al materiale certificato che è richiesto dall’intervento”. Bene anche Bologna: “Le operazioni di messa a dimora sono state effettuate per complessive 1.100 piante circa”. Anche se, secondo quanto riferito dal Mase, il target europeo del 31 dicembre 2022 “è stato conseguito esclusivamente mediante il bando annuale per la piantumazione di 2.083.600 specie arboree a valere sui progetti nuovi”, anche per questi “la messa a dimora di piante nei siti di destinazione finale risulta appena avviata”, spiega la Corte.
Non tutti i semi piantati diventano alberi
“La semina ha caratteristiche diverse: un conto è un seme di melo, un conto un pinolo, un conto una ghianda – commenta la magistrata contabile Laura d’Ambrosio sulla rivista “Diritto e Conti” – Gli esperti la chiamano “forza seme” e indica il tempo che trascorre tra la semina e l’ottenimento di una pianta da considerarsi sviluppata, per il pino, ad esempio, la forza seme è 3 anni. Fino al compimento del tempo la pianta va considerata da supportare con innaffiature e cure e potrebbe non raggiungere lo stato di adulto”. “Piantare un seme non significa piantare una pianta, esiste un indice di germinazione che varia da specie a specie, può andare dall’80% a solo il 10% anche se in vivaio forestale – commenta Roberto Salustri, coordinatore nazionale della campagna RiforestiAmo e direttore tecnico scientifico di Reseda onlus, che opera nel settore della riforestazione – Inoltre dipende anche dall’indice di sopravvivenza a uno o due anni cioè quando la piantina esce dal vivaio forestale per essere messa a dimora”.
Necessità di “saldo tra alberi abbattuti e aggiuntivi”
D’Ambrosio sottolinea inoltre che nelle grandi città negli anni recenti si procede a numerosi abbattimenti di alberi ad alto fusto. “È la classica espressione di ‘burocrazia difensiva’. Poiché nessun tecnico può garantire che l’albero non crollerà qualunque sia la forza del vento (e le tempeste di vento, come abbiamo visto, sono sempre più forti e frequenti) meglio abbattere. Anche il nuovo codice della strada (con le previsioni sulla sicurezza) favorisce, nei fatti, l’abbattimento senza sostituzione. Ovviamente, sarebbe utile in sede di valutazione dell’attuazione della misura nelle città metropolitane, aver il ‘saldo’ tra abbattimenti e piantumazioni, poichè gli alberi finanziati dalle risorse Pnrr dovrebbero essere ‘aggiuntivi’ non sostitutivi”.