In Francia un popolo che, a differenza di altri (non faccio nomi) si ricorda di essere tale, sta letteralmente insorgendo contro la decisione del presidente Macron di imporre una riforma delle pensioni che va a esclusivo beneficio del padronato e della finanza. Allungare la vita lavorativa a 65 anni significa infatti prolungare lo sfruttamento di persone che, raggiunta una certa venerabile età, avrebbero finalmente il diritto al riposo e a occupazioni più piacevoli dopo un’esistenza spesa, il più delle volte, in attività faticose, alienanti e ripetitive. E significa anche, bloccando il turnover, ritardare l’accesso al lavoro delle giovani generazioni condannate al precariato a vita e con la prospettiva di non ottenere mai una pensione degna di questo nome.

Macron, eletto per la seconda volta a presidente per un complesso di circostanze fortuite, quali la paura di chi riteneva, a torto o a ragione, che Marine Le Pen sarebbe stata ancora peggio o la deprecabile imbecillità dei settori della sinistra che non hanno fatto convergere i loro voti su Mélenchon, ha voluto imporre la sua riforma filopadronale a un Parlamento dove dispone, come si è visto, di una maggioranza assai risicata e, soprattutto, a un Paese dove secondo i sondaggi, almeno il 75% è fortemente contrario ai suoi disegni.

Ma ha fatto male i suoi conti, in un Paese che conta ancora tassi elevati di consapevolezza, politicizzazione e sindacalizzazione e dove, soprattutto, la gente tiene ancora alla sua dignità e non si è fatta completamente rincretinire dal lavaggio del cervello di massa. Non faccio nomi, ma secondo me è molto significativo che tra gli slogan del popolo francese in rivolta contro Macron e le sue politiche antipopolari c’è n’è uno che ci riguarda molto da vicino: “Non vogliamo fare la fine degli italiani”.

È noto infatti che da noi l’età pensionabile è da tempo a 67 anni, anche se poi salari e pensioni da fame costringono a lavorare anche oltre tale età. E, come troppo spesso è accaduto nella storia, non facciamo certo bella figura. Mentre in Francia la gente si ribella, sciopera e scende in piazza grazie a sindacati ancora degni di questo nome, da noi leader un tempo prestigiosi come Maurizio Landini cincischiano e non sanno fare nulla di meglio che invitare al Congresso la leader del governo più di destra e più ferocemente anti operaio e anti popolare, oltre che servo perinde ac cadaver di Nato e Stati Uniti, della storia repubblicana, che si appresta a condannare alla miseria milioni di persone con l’abolizione del reddito di cittadinanza, mentre sta trasformando l’evasione fiscale e contributiva in una pratica socialmente riconosciuta ed accettata.

Il fronte delle pensioni è strategico perché su di esso si gioca lo scontro sulla distribuzione del reddito, che nelle società dell’Occidente capitalistico è sempre più iniqua. È l’altra faccia della perdita del potere d’acquisto dei salari e della liquidazione dell’intervento pubblico, ormai prevalentemente finalizzato alla spesa militare e alla preparazione della guerra secondo loro necessaria per salvaguardare l’ingiusto e sempre più obsoleto predominio dell’Occidente sul pianeta.

La selvaggia repressione scatenata in questi giorni da Macron contro i manifestanti ci dimostra del resto come la democrazia, invocata ormai esclusivamente a sproposito per giustificare la presunta superiorità dell’Europa e dell’Occidente, sia una balla propagandistica che fa acqua da tutte le parti. Un sistema politico esausto e decotto non consente al vero sentimento popolare di emergere e la cittadinanza è chiamata a esprimere sempre più stancamente il proprio voto ogni tanto in rituali che vedono una costante decrescita della partecipazione.

La gente è contraria all’allungamento della vita lavorativa così come all’invio delle armi in Ucraina, ma lorsignori se ne impipano perché i loro referenti non sono le persone, ma gli interessi oligarchici che li dominano. Ciò avviene sulle pensioni, come sulla guerra, come su altri argomenti ancora. Governi e partiti sempre più corrotti e autoreferenziali continuano a massacrare economicamente il popolo e a fomentare la guerra dilapidando nell’insensato conflitto ucraino spese enormi sottratte ai servizi sociali mentre sdruccioliamo sempre più verso il baratro del conflitto atomico. Si chiama capitalismo che “porta con sé la guerra come le nuvole portano la pioggia”. Lo disse, poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale, un leader socialista francese, Jean Jaurès, che fu assassinato per il suo impegno pacifista.

Oggi il popolo francese ci ricorda che contro questo sistema occorre mobilitarsi ovunque se si vuole salvaguardare la dignità e la stessa vita degli esseri umani. Occorre sperare che alla poderosa primavera francese se ne unisca una anche da noi, per rovesciare i governi servi e affermare la vera democrazia possibilmente prima che il nefasto profilo dei funghi atomici si delinei all’orizzonte.

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